6 luglio 2025

Quando la musica racconta: Verdi, Schubert e una grande festa per i 25 anni del Quartetto di Cremona

Si è appena concluso uno degli eventi musicali più attesi dell’anno: il concerto celebrativo per il venticinquesimo anniversario del Quartetto di Cremona, impegnato nell’esecuzione del celeberrimo quartetto La morte e la fanciulla di Schubert.

In Auditorium questa sera è stato possibile ascoltare, oltre ai festeggiati, anche i loro allievi: il Quartetto Thumós.
Il programma ha visto questi ultimi cimentarsi con il Quartetto di Giuseppe Verdi, opera matura che spicca nella relativa scarsità di brani cameristici scritti dal Cigno di Busseto.

“Questa sera vuole essere un omaggio alla città in cui ci siamo formati - spiega Cristiano Gualco - siamo nati 25 anni fa tra i corridoi dell’Accademia, spinti anche da un profondo legame di amicizia che nei decenni si è consolidato. Siamo estremamente grati alla fondazione per averci dato la possibilità di trasmettere ciò che a nostra volta è stato impartito dai nostri maestri, Farulli e Bayerle in particolar modo”.

Gualco, a sorpresa, ha avuto modo di esibirsi con lo Stradivari "Circle"del 1701 e un magnifico Pressenda del 1827 durante l'ottetto, per gentile concessione dei proprietari.

Un accostamento interessante, che ha mostrato la capacità di Verdi di muoversi con successo in un ambito a lui meno congeniale, alla ricerca di un’espressività più intimista e meno teatrale.
Al contrario, nel brano di Schubert si avverte una forte tendenza al dramma e alla teatralità, pur senza rinunciare alla raffinatezza della scrittura cameristica.

Entrambi gli autori hanno fatto della musica vocale una parte significativa della loro produzione: questa sera si sono colte affinità e differenze tra due opere scritte per lo stesso organico ma nate da contesti artistici profondamente diversi.

Un sinuoso assolo del secondo violino ha aperto il concerto del Quartetto Thumós: il tema principale del primo movimento, lirico e drammatico, si è sviluppato in un’architettura sonora di grande impatto.

Le voci dei quattro strumenti, sapientemente intrecciate, hanno restituito vita a un brano intenso, concitato e, a tratti, tenero e cantabile.

Comporre per quartetto, dopo l’eredità lasciata da “papà” Haydn, è sempre stato considerato un traguardo ambizioso per ogni compositore che si rispetti. Il fatto che Verdi vi si sia dedicato in tarda età (a sessant’anni) la dice lunga sulle difficoltà e le sfide insite in questo genere.

Il secondo movimento ha messo in risalto le qualità timbriche del Quartetto Thumós: morbidezza, pastosità e una notevole omogeneità nel fraseggio.
Virtuosismo e brillantezza hanno invece caratterizzato il Presto, uno scherzo fulmineo in cui emergono le caratteristiche più drammaturgiche dell’intero quartetto.
La fuga finale è stata affrontata con intelligente padronanza: ogni disegno musicale è emerso con chiarezza. La scrittura, insidiosa tanto dal punto di vista tecnico quanto compositivo (costruire una fuga su un tema così articolato sarà stata un’impresa anche per Verdi), non ha spaventato i quattro giovani interpreti, che hanno riscosso un meritato successo.

La seconda parte della serata, quella del Quaretto di Cremona, è stata dedicata a Schubert, con il più celebre dei suoi quartetti: La morte e la fanciulla.
Nel primo movimento, uno dei più avvincenti della letteratura quartettistica, non sono mancati ampi gesti teatrali.
La densità sonora dell’ensemble ha colpito il pubblico: a distanza di anni, dopo aver calcato i palcoscenici di tutto il mondo e collaborato con musicisti di fama internazionale, la crescita artistica del Quartetto di Cremona è risultata evidente.

L’introspezione del movimento lento e delle sue vorticose variazioni ha messo in luce tanto le individualità dei singoli strumentisti quanto la visione musicale comune, solida e ben allineata.
Lo Scherzo e il Finale, brani esuberanti, ritmici e danzanti, hanno costruito un climax emotivo culminato in una meritatissima ovazione da parte del pubblico.

A sorpresa gli otto musicisti si sono uniti per eseguire il primo movimento dell’Ottetto Op. 20 di Mendelsssohn: “un brano che vuole essere un ringraziamento e un omaggio a chi ci ha sostenuto e a tutti voi” ha sottolineato Simone Gramaglia.

Poche considerazioni si possono aggiungere a un ritorno tanto atteso quanto gradito.
Ci si augura di poter rivivere più spesso emozioni di questo genere: la musica da camera per quartetto, ancora troppo marginale nella programmazione nazionale, meriterebbe uno spazio ben più ampio per poter finalmente emergere e prosperare.

Prossimo appuntamento nei giardini di Palazzo Stauffer l’8 luglio alle 21 con la serata dal titolo “Gran Duo”.

Fotoservizio di Vanessa Maianti

Filippo Generali


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