Quando nel 1981 il fisico americano William Fry tentò di spiegare i segreti di Stradivari a Nova, la Quark della Tv a stelle e strisce
NOVA esiste da ormai 50 anni e ogni settimana, puntualmente senza mai fermarsi da allora, racconta a decine di milioni di americani storie sempre nuove, sempre diverse, reali o fantastiche ma comunque affascinanti. NOVA, in poche parole, è una trasmissione della televisione pubblica statunitense che incarna la storia della divulgazione scientifica americana, quella stessa divulgazione che le puntate di Quark di Piero Angela hanno saputo portare, con tanti altri racconti, in quasi tutte le case italiane.
Nell'ottobre 1981 Piero Angela era all'inizio del suo, irripetibile, percorso culturale ma oltreoceano i telespettatori già da anni potevano seguire quei passaggi che attraversano il mondo della scienza per renderla godibile anche a persone non preparate sull'argomento. La storia che venne raccontata a milioni di statunitensi l'11 ottobre 1981 è quella di come degli artigiani, attraverso il loro genio, riescano a superare alcuni dei dogmi della scienza dando origine a domande che spesso non trovano risposta.
William F. Fry aveva 35 anni quando, nel 1956, si presentò a Cremona carico di determinazione nel voler risolvere un enigma che lo aveva colpito fin da bambino. William non era un semplice turista statunitense curioso di scoprire parte della storia cremonese, era professore di fisica ed astrofisica alla Università del Wisconsin, un giovane talento della scienza che da decenni si occupava di come funzionasse l'energia nello spazio come nelle più piccole cose terrestri. Detta così sembra materia lontana anni luce dai comuni mortali, ma in realtà non era così complessa; William non rivolgeva il suo sguardo soltanto verso gli astri, era in città per osservare e capire l'energia che si nascondeva nei violini creati dai grandi liutai cremonesi. Capire fino in fondo uno Stradivari o un Guarneri sembra come il cartone animato di Willy il Coyote, più il Coyote si avvicina a catturare Beep Beep e più il volatile si allontana lasciando a Willy l'onere di dover riprovarci ancora. Il Coyote sviluppa idee e tecnologie sempre nuove e diverse ma Beep Beep trova, quasi come Stradivari o Guarneri con il passare dei secoli, una strada per non farsi catturare. Il professor Fry sapeva bene che nei decenni diverse persone si erano alternate, con le tecnologie disponibili a quei tempi, per cercare risposte a quella domanda che fin dal XVI secolo domina il mondo della liuteria: perché i violini cremonesi sono così unici e irripetibili?
William nel 1981 spiega a milioni di statunitensi la città di Cremona e di come le sue analisi durate anni, praticamente tutte sviluppate all'interno dei laboratori di fisica della sua università, fossero rivolte a capire il grande mistero della liuteria cremonese. William suonava il violino, conosceva ogni singolo passaggio del “fare liutaio” e aveva studiato forme, dimensioni, materiali e suono degli archi cremonesi, aveva passato la sua vita diviso tra il centro per la ricerca sulla energia nucleare della Marina Militare degli Stati Uniti e i laboratori di fisica dei materiali e del suono della sua università. Fry aveva dedicato i suoi studi e la sua vita per capire e trovare risposte, per comprendere come degli artigiani cremonesi qualche secolo prima erano riusciti a sviluppare qualcosa di unico ed irripetibile senza l'ausilio di tecnologie avanzatissime. Nell'ottobre del 1981 la puntata “Il mistero del grande violino” poneva lo scienziato e la città di Cremona come punto focale di scelte ed investimenti utilizzati per descrivere l'unicità e la bellezza di qualcosa che, ancora oggi, rimane un affascinante mistero, mistero che però fa nascere negli ascoltatori l'immenso piacere di poter capire il calore che il suono di un violino cremonese è in grado di trasmettere.
William ha fatto di tutto per comprendere fino in fondo come la Cremona di centinaia di anni fa potesse dare origine a prodotti tanto semplici quanto complessi nella loro natura, aveva portato i telespettatori in un viaggio all'interno della storia della fisica, fisica che ognuno di noi, anche se non preparato in materia, poteva scoprire ed apprezzare semplicemente ascoltando un disco o un concerto. Le ricerche di Fry raccontano vari aspetti di un violino ma si arrendono davanti all'evidenza di un suono che, pur analizzato in ogni sua forma, non è possibile riprodurre con esattezza, così come non è possibile capire fino in fondo come possa nascere qualcosa che rasenta la perfezione. Quel suono appartiene al genio degli artigiani che hanno dato vita alla liuteria cremonese, patrimonio di Cremona e valore aggiunto per la storia della musica, quel genio che rimarrà tale nei secoli. Negli anni prima della Seconda guerra Mondiale alcuni gerarchi nazisti posero l'occhio sulla teorie di un liutaio svizzero, W. Bestegen, il quale affermava di essere in grado di poter costruire violini che avessero lo stesso suono di quelli della liuteria cremonese. I nazisti avevano visto un'opportunità in quella ricerca, ovvero quella di creare falsi del valore di pochi marchi da immettere come autentici all'interno del mercato per finanziare lo sviluppo bellico del Terzo Reich. Il progetto non trovò mai una applicazione pratica anche perché l'inimitabile suono raccontato degli archi cremonesi è, e rimane, tutt'ora un mistero.
Tra 50 anni, forse, NOVA proporrà una nuova puntata alla ricerca di quel suono che neanche il professor William F. Fry, in tutta la sua vita dedicata alla scienza, è stato in grado di risolvere.
Guarda il video con la trasmissiome americana sul segreto di Stradivari
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti
giorgio maggi
16 novembre 2022 10:23
Fry confermò la presenza di trementina ed essenza di t. nelle vernici classiche cremonesi
sostenuta nell’800 da Mailand, Maugin, Tingry… e nel ‘900 da Michelmann, Margival, Sacconi,
Fulton, essa è stata utilizzata in formulazioni per liuteria ad alcool, olio o essenza sia al
naturale che saponificata con sali alcalini, alcalino terrosi e metallici. Riferimenti all'uso
della trementina si trovano in G.Armenini (1530 – 1609) nei “Dè vari precetti della pittura”
propone una vernice di trementina sciolta in olio di sasso o petrolio (G.Piva nel suo Manuale di
tecnica pittorica, ne cita l’uso (”vernice d’abezzo” ) nella pittura lombarda ed emiliano
romagnola del Correggio e del Parmigianino
Van Helmont (1577 – 1644 ) con liscivia alcalina preparata dalla cenere, estrae dal cedro del
libano ( arbor vitae) la resina che, secondo l’alchimista, è l’anima del cedro (Ens primum cedri)
e chimicamente si può rappresentare come resinato sodico potassico .
Colulomb e Sacconi consigliano resinati di“ trementina di larice cotta alla calce” (da tempo
conosciute ed altrimenti dette resine indurite)
Michelmann si dilunga in preparazioni a base di resinati ottenuti dalla trementina base e sali di
ferro, alluminio e calcio
George Fry nel 1904 descrive: “the varnishes of the italian violin makers of the sixteenth,
seventeenth and eighteenth centuries”.
Fry, discute le intuizioni di Mailand, evidenziando le proprietà dicroiche delle vernici degli
antichi liutai cremonesi e differenziandole da quelle veneziane e napoletane. Lo stesso Fry non
ritiene si usassero vernici ad alcool all’epoca degli Amati ma non ne esclude l’uso delle stesse
nel settecento facendo riferimento alle ricette di Bonanni a base di lacche, resine e gommalacca.
Fry ritiene che le vernici degli strumenti barocchi fossero altresì “ constituès de rèsines
tendres dans l’essence avec adjonetion de plus ou moins d’huile de lin “G.Fry, The Varnishes of
the Italian Violin makers, Stevens & Sons, London, 1904
L'argomento fu discusso nel 1974 in occasione della presentazione della mia tesi di laurea in
chimica all'Università di Pavia
http://collezionemaggi.altervista.org/vernici_liuteria.pdf