1 novembre 2023

Quelle storie di Ognissanti, frazione di Pieve San Giacomo. Il primo sciopero contadino, il brutale omicidio del prete, la disputa sulla costruzione delle scuole elementari e il malocchio

Cosa unisce il primo sciopero contadino, il brutale omicidio di un prete, una disputa sulla costruzione delle scuole elementari ed il malocchio? 

Il tutto raccolto intorno ad una chiesa, una grande cascina e l’osteria del Cavallo Bianco. Sembra la sceneggiatura di un film, in realtà siamo ad Ognissanti, frazione di Pieve San Giacomo, nella campagna a metà tra la via Postumia e la Giuseppina, ma abbastanza lontano da queste due principali direttrici da essere rimasto uguale a se stesso, senza grossi sussulti di crescita o cambiamento . 

Un’unica strada lo attraversa da un capo all’altro; un platano annoso porta ancora i segni di un fulmine che durante un temporale ne squarciò il possente tronco lasciando una profonda cicatrice ancora oggi annerita dal fuoco. L’albero è vivo e resta di guardia per chi si avvicina al paese da Cella e dalla strada bassa per Derovere.

Il paese non deve il proprio nome alla festività del 1° Novembre, ma con tutta probabilità al fatto che nel 1108 i corpi dei santi Babila e Simpliciano, trasportati alla chiesa di Pieve S. Giacomo, passarono e sostarono proprio qui. Da allora quindi il borgo mantenne quel nome. 

Il cold case del 1850: il brutale omicidio del parroco

E’ il freddo pomeriggio del 19 dicembre ed è già buio quando alla canonica si presenta un gruppo di uomini. Sono in realtà dei briganti, dei malintenzionati che, chissà dove, hanno sentito parlare di un consistente gruzzolo a disposizione del parroco, don Pietro Sarzi. 

Non bussano, ma entrano prepotentemente e subito ne nasce un diverbio acceso. Il parroco cerca di difendersi, riuscendo ad uscire dalla canonica e correre a nascondersi in un fienile lì vicino per cercare la salvezza. Arriva al caseggiato dove viveva il fittavolo della parrocchia, ormai sembra fatta, ma i malviventi lo trovano e non sono intenzionati a desistere, vogliono farsi dire a tutti i costi dove si trovano i soldi e per convincere il prete a parlare, lo picchiano selvaggiamente, senza alcuna pietà. Quando se ne vanno, lasciano il parroco ferito ed in fin di vita: riesce a raggiungere la casa del sacrestano, viene soccorso e curato ma la violenza delle botte prese è stata tale che morirà senza mai riprendersi, dopo giorni e giorni di agonia. Nessuno saprà mai (o forse vorrà mai riferire) se effettivamente quel tesoro di cui i banditi erano a caccia in effetti sia stato trovato e portato via. Quel che è certo è che don Pietro finì tragicamente i suoi giorni dopo una lunga agonia.

I contadini incrociano le braccia e dichiarano lo sciopero generale

Passano alcuni anni e ancora un episodio riporta Ognissanti all’onore delle cronache locali, per quello che può essere definito il primo sciopero contadino della storia. Lo leggiamo dalle pagine del diario di  don Gioacchino Bonvicini, parroco dal 1877 al 1927: siamo al 14 giugno del 1897 e nella cascina di Giacomo Soldi quel giorno quasi 200 lavoratori incrociano le braccia in segno di protesta. Le loro richieste sono chiare, un aumento di salario ed una più equa divisione delle parti di raccolto da consegnare al padrone. Pena l’astensione dal lavoro, che in quel periodo nei campi e nelle cascine è molto impegnativo e pesante, ma evidentemente non pagato abbastanza. Quel giorno giunsero lavoratori in protesta, oltre che da Ognissanti, anche dalle vicine cascine di Silvella, Pieve, Gazzo, Torre Berteri e Ca’ de Varani. Una vera e propria mobilitazione, quello che oggi in parallelo sarebbe una sorta di ‘sciopero generale’.

Le scuole elementari ad Ognissanti 

Il 1800 è certamente un secolo caldo per il piccolo borgo perché va annoverato un altro episodio in grado di scaldare gli animi degli abitanti. In quegli anni il paese è frazione di Silvella, che a sua volta è assoggettata al più popoloso Comune di Pieve San Giacomo.

Nel 1885 Ognissanti conta quasi 400 anime ed il numero degli abitanti è in crescita; i bambini frequentano le scuole nella grande cascina del paese, ma ormai non è più abbastanza per accoglierli tutti. Così il Comune di Pieve decide che è ora di costruire un nuovo edificio scolastico, a disposizione sia di Ognissanti che di Silvella e della vicina località di Ca’ de Varani. 

Scelta apprezzata finché non si definisce che tale edificio verrà costruito in territorio di Ognissanti: la decisione scontenta gli abitanti delle altre due frazioni che non ci stanno e si oppongono con tanto di proteste ed una petizione scritta che ribadisce fermamente la necessità di costruire le nuove scuole più vicine al loro territorio. Niente da fare però: la protesta formale però non bastò per cambiare la decisione, tant’è che il maestoso edificio venne edificato proprio all’ingresso di Ognissanti, certo in direzione di Silvella e Ca’ de Varani, ma non secondo le richieste dei loro campanilisti abitanti. In questo imponente edificio fino a pochi decenni fa erano presenti le classi dalla prima alla quarta: chi voleva proseguire frequentando anche la quinta, doveva scegliere se recarsi a Cella o a Pieve.

La chiesa, la ‘messa prima’ ed il malocchio

Come in tutti i centri abitati, anche ad Ognissanti era presente una chiesa. L’edificio, nelle fattezze attuali, risale al XVII secolo, rivolta come da tradizione versi ovest, affacciandosi su uno spiazzo erboso; se però consideriamo che già nel ‘300 era documentata la presenza di una parrocchia ad Ognissanti e che troviamo traccia anche negli affreschi della Galleria delle carte geografiche dei Musei Vaticani, va da sè che l’odierna chiesa sia stata edificata su una pieve o un precedente luogo di culto, probabilmente molto antico, forse di epoca romanica (viste le antichissime origini di questo borgo che sorgeva all’incrocio tra un cardo ed un decumano ed a poca distanza dalla Via Postumia).

Oggi la chiesa non custodisce più i tratti preziosi che la caratterizzavano in origine, a partire dal pavimento in cotto risalente al ‘500 che fu sostituito  a metà del secolo scorso da uno più moderno e meno pregiato in graniglia. Via anche le balaustre in marmo che incorniciavano l’altare e nemmeno l’organo seicentesco con la sua cantoria lignea riccamente decorata si trovano più all’interno della chiesa. Anche la messa oggi viene celebrata solo in occasioni particolari.

Ma nei secoli passati la chiesa accoglieva ogni domenica i fedeli sia di Ognissanti che delle frazioni e cascine limitrofe. La ‘messa prima’ si celebrava la mattina presto e le donne che arrivavano da Silvella e Ca’ de Varani partivano quando era ancora buio. Per questo indossavano i vestiti al contrario lungo la strada: era cosa nota a tutti, infatti, che uscendo col buio si diventava bersaglio del malocchio e per questo motivo mai e poi mai si sarebbe dovuti entrare in chiesa con gli abiti esposti agli spiriti maligni. Bisognava quindi rivoltare soprabiti e camicie prima di entrare in chiesa per evitare di portarci chissà quale male raccolto lungo la strada al buio. Questa pratica scaramantica fu portata avanti per decenni, fino oltre la metà del secolo scorso. 

Il quotidiano di un paese lontano dalle principali vie di comunicazione

 Come si diceva poco sopra, la vita di Ognissanti, al di fuori dei più significativi fatti di cronaca appena raccontati, scorreva tutto sommato tranquilla tra casa e lavoro, seguendo l’avvicendarsi delle stagioni e scandita dalle tradizioni che nascevano dal  sacro per poi inglobare connotazioni di credenze terrene ed a tratti anche scaramantiche.

La chiesa e l’osteria erano i due luoghi di socialità per eccellenza (ma non dimentichiamo nemmeno le sedie fuori dalla porta dove nelle sere estive le donne si trovavano a fare ‘filòs’). Ma il Cavallo Bianco era molto di più di una locanda: certo, era l’osteria per gli uomini che dopo il lavoro si intrattenevano tra un bicchiere di rosso e qualche mano a briscola; ma era anche la bottega, dove le donne andavano a comprare o barattare i generi di prima necessità. E poi era anche il forno del paese, dove si preparava il pane e dove per carnevale tutti andavano a far cuocere i bombonini. In quell’occasione le donne del paese e delle cascine vicine arrivavano accompagnate dai loro figli ed il cortile del Cavallo Bianco si riempiva così di piccoli e chiassosi bambini che attendevano la sfornata dei dolcetti preparati dalle loro madri e nonne.

Lontano dalle strade principali e sperduto nella campagna, la sua popolazione è andata calando nel tempo: nella seconda metà dell’800 contava 320 anime, poi ebbe un boom negli anni ’50 arrivando a quasi 800 abitanti ma poi iniziò il declino con il grande esodo dalle campagne. Nel 1973 infatti gli abitanti erano drasticamente scesi a 174, le due cascine svuotate; oggi in paese risiedono poco più di 30 abitanti, la vita civile e religiosa è assoggettata a Pieve san Giacomo e l’osteria del Cavallo Bianco è diventata un’abitazione.

Ognissanti si è lentamente addormentato nella sua campagna.

 

Michela Garatti


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commenti


Lilluccio Bartoli

1 novembre 2023 20:44

Sono uno degli abitanti, anzi uno degli abipochi, dato che sono un trentesimo della popolazione. Anni fa avevo già apprezzato lo scrivere di Michela e questo articolo continua a farmela apprezzare. Dare un valore alle poche cose che si hanno, andarne a scoprirne le origini, parlarne, farle conoscere agli altri, penso sia il mestiere del(la) giornalista, nel tuo caso, Michela, una missione. Riuscitissima. Lilluccio Bartoli fotografo dalla nascita e dal 2006 gioiosamente arenato ad Ognissanti

emidio cambiati

15 gennaio 2024 21:10

sono nato nel 1949 all ospedale vecchio di Cremona per tornare poi a Ognissanti nel marciarel dove vivevo con i miei
mio padre Ernesto (el rissul) era fattore dei Soldi
Mia mamma Ferlenghi Teresa contadina e i suoi fratelli che vivevano a Ognidsanti.Oscar Enea
ho frequentato l asilo con la mitica maestra Celestina e le elementari fino alla terza con Ferruccio figlio del panettiere e l Osvaldo figlio del fabbro e tanti altri
poi a9 anni grande esodo verso la grande città Milano.
leggere il tuo articolo.oggi a 75 anni di un periodo.meraviglioso della mia infanzia
santa Lucia il fieno i campanellini per segnalare che bisogna andare a nanna
il camino
i piedi scalzi
sgura le catene dei camini in bicicletta
chierichetto con Don Carlo
mamma mia mi hai fatto tornare in ricordo meravigliosi
Michela
grazie di avermi fatto ricordare Ognissanti e una piccola parte della mia vita che non dimenticherò.mai

Dante Fazzi

1 novembre 2023 22:22

Babila e Simpliciano non c'entrano con Ognissanti. Gli 800 abitanti degli anni '50 impossibile. Nella storia di questo piccolo borgo va ricordata la civiltà della Terramara, età del bronzo.La terramara è stata una civiltà sviluppatasi nell’età del bronzo a partire dal 2300 a.C. fino al 700 a.C. nell’Europa centro-orientale. In Italia si è sparsa nella parte settentrionale lungo le rive dei fiumi e dei laghi.
In questo libro si parla della terramara di Ognissanti, rimasta in vita per oltre mille anni, e di come vivevano i suoi abitanti. La conferma di tutto questo è da attribuire a don Gioacchino Bonvicini, parroco della frazione di Pieve San Giacomo, che nell’autunno del 1893 ha iniziato gli scavi portando alla luce un tesoro di reperti oggi custoditi in alcuni musei d’Italia. Recentissima la pubblicazione del libro "La terramara di Ognissanti (2000-900 a.C.) edito da apostrofoeditore e scritto dal sottoscritto.