Sessant'anni fa ci lasciava lo scultore Dante Ruffini. Ancora oggi nella sua casa di via Speranza i ricordi di una vita artistica breve ma intensissima
Una casa che è un museo, dove i figli Marco e Laura, hanno raccolto tutto quanto è stato possibile contenere sull’opera del padre, il grande scultore Dante Ruffini, di cui oggi, 27 ottobre 2023, ricorre il sessantesimo anniversario della scomparsa. Gran parte dei suoi lavori, infatti, sono sparsi tra chiese e luoghi pubblici, basti ricordare la drammatica Crocifissione del monumento ai caduti per la Libertà di via Palestro, le numerose sculture cimiteriali e gli arredi, amboni e fonti battesimali. Nelle stanze dell’abitazione in via Carlo Speranza, che non passa inosservata per la bellezza del paramento in mattoni a vista, e nella graziosa corte interna sono raccolte e condensate le testimonianze di una vita artistica breve, ma ricchissima, dove nel giro di trent’anni Ruffini è passato dalle prime esperienze nel solco della tradizione lombarda scapigliata di Medardo Rosso, all’elaborazione del suo personalissimo stile, maturato alla luce di una profonda sensibilità spirituale ed umana. Ruffini fa parte della schiera dei grandi scultori del Novecento cremonese, accanto a Alceo Dossena, di cui fu allievo, Ercole Priori, Mario Coppetti, Pietro Foglia, Giovanni Solci, per ricordarne solo alcuni.
Una vocazione artistica nata in quella fucina che furono i corsi di decorazione della regia Scuola di arti e mestieri Ala Ponzone, per poi perfezionarsi all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Nato nel 1905 entra ufficialmente nel mondo artistico con la mostra del 1934 a Milano, che gli procura la commissione di un busto bronzeo di Amilcare Ponchielli poi donato dalla città di Cremona al museo della Scala a Milano. Partecipa poi alla XX Biennale d’arte di Venezia nel 1935 ed a varie altre rassegne cremonesi e nazionali. Tra le opere realizzate in chiese, palazzi e cimitero ricordiamo il pulpito della chiesa di Sant’Angelo a Milano, l’ambone della basilica di San Siro a Sanremo, che Ruffini considerò la sua opera più importante; il sarcofago di Alessandro della Seta al Verano di Roma; l’altare di Santa Lucia e il fonte battesimale della cattedrale di Montefiascone; la Madonna Regina Mundi nella chiesa dei Missionari Saveriani e la stele per l’altare del Santuario di S.Antonio a Cremona. Pur fedele ai grandi maestri, la sua sensibilità artistica lo portò ad avvicinarsi all’espressionismo, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo della luce fino ad annullare la volumetria della materia. Spesso oggetto di ispirazione fu la figlia Laura, rappresentata soprattutto nelle opere dei primi anni: “Mano nella mano sono entrata nel ‘mondo’ che lui ha saputo farmi conoscere ed apprezzare ed ora più che mai assaporo le mille sfumature di quei momenti, uniti ai ricordi sempre vivi. Le sue sculture mi parlano e io parlo con loro e quando le guardo mi sembra che tutto sia come allora, come se il tempo si fosse fermato”. “Un giorno - ricorda il figlio Marco - mi propose di copiare in creta una testa di aquila, cosa che feci, mi sembrava ben riuscita ma il papà mi fece osservare che nella scultura è importante assegnare il massimo dell’espressione; l’aquila possiede occhi profondi e becco arcigno ed è in questi particolari che è necessario esprimersi. Ancora oggi quando ammiro le sculture di papà cerco di interpretare la spiritualità ed il segreto che lui intendeva imprimere”.
fotoservizio di Gianpaolo Guarneri-Studio B12
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