Sinodo, Comunione e Liberazione a confronto con il Vescovo a San Pietro
«È un tempo di grande fantasia spirituale quello che siamo chiamati a vivere». Con queste parole il vescovo Antonio Napolioni ha concluso l’assemblea con gli aderenti al Movimento di Comunione e Liberazione di Cremona che, nell’ambito del cammino sinodale che la Chiesa diocesana sta vivendo, si è svolta nel pomeriggio di domenica 9 gennaio presso la chiesa di San Pietro al Po. A tema c’era il Sinodo e tutto è ruotato attorno a due domande che il vescovo ha rivolto ai presenti: «Come siamo in cammino con la Chiesa cremonese? E verso chi è in debito di ascolto la nostra Chiesa particolare?».
A introdurre questo intenso momento di dialogo è stato Paolo Mirri, responsabile diocesano di Cl: «Oggi siamo qui proprio per camminare insieme. La strada è bella, anche se i problemi non mancano. Lo vediamo nel lavoro, in famiglia, con le persone che incontriamo. Ma la strada è bella perché abbiamo incontrato, attraverso don Giussani e nella Chiesa, un luogo dove vivere tutto con speranza. Il Sinodo è per me possibilità di prendere sempre più coscienza di che cosa sia la Chiesa. Per questo ringrazio il vescovo della sua paternità nei nostri confronti».
Monsignor Napolioni ha preso poi brevemente la parola, prima di lasciare spazio a un momento di silenzio, alla preghiera e ai lavori di gruppo. «Questo tempo che ci è dato è difficile eppure fecondo. È un tempo da vivere con delicatezza e onestà intellettuale: non sappiamo dove ci porterà il futuro. Conosciamo la meta ma non il percorso, gli ostacoli e le difficoltà che incontreremo. Ma è un buon motivo per non uscire? Se non si esce si crepa. Ecco perché il Papa insiste per una Chiesa in uscita”.
Per aiutare a entrare nel merito dei lavori sinodali, il vescovo ha letto alcuni estratti del diario di Sandra Sabattini, giovane ragazza di Rimini morta in un incidente stradale nel 1984. Figlia spirituale di don Oreste Benzi, Sandra scriveva infatti che “la Chiesa non dobbiamo inventarla. Bisogna entrare dentro e capirla” perché essa è il regno di Cristo. Per questo, proseguiva la beata, “tutti gli uomini sono chiamati all’unione con Cristo. Lo Spirito Santo guida e illumina il popolo. Siamo tutti fratelli posseduti dal corpo di Cristo. (…) Chi si disgiunge dall’autorità si spegne e muore. Non riduciamo la chiesa a brandello ma facciamone una comunione di vita”.
Nello spiegare il perché del Sinodo voluto da papa Francesco, il pastore della Chiesa cremonese è stato chiaro: «Sono solo gli scandali a spingere per questo Sinodo o invece è lo Spirito Santo che soffia e che domanda un di più di verità e di carità? Anche voi – ha detto all’indirizzo degli aderenti a Comunione e Liberazione – siete costretti a una riorganizzazione, ma non è giudizio o una condanna al pregiudizio quanto piuttosto un discernimento necessario che ha bisogno di ognuno di noi, anche del più piccolo tra noi. Il Papa in questo progredire della coscienza ecclesiale di cui ha da essere portavoce, ci invita così al percorso sinodale: una chiamata a diventare Chiesa sempre più in comunione. Comunione che si incarna nelle parrocchie, nelle associazioni, nei movimenti… il tutto per la missione, per il mondo, perché l’amore di Dio sia accessibile a tutti».
Dopo un’ora di dialogo e confronto in gruppi, i presenti hanno presentato al vescovo alcune prime tracce di lavoro, ben lontano dal voler proporre soluzioni facili. La prima cosa che è emersa è che per tutti vivere il movimento di CL significa vivere la Chiesa, ciascuno nel luogo in cui è chiamato: in famiglia, al lavoro, con i vicini di casa, con le tante realtà nelle quali ci si imbatte quotidianamente.
«Più vivo è il carisma, più forte è il desiderio di vivere in unità con la Chiesa. Chiesa che ci sta facendo riscoprire una responsabilità nel vivere la nostra fede in ogni circostanza». Gli esempi portati sono stati tanti: c’è chi è impegnato nel catechismo nelle parrocchie, chi nell’accoglienza degli stranieri, chi ha vissuto l’esperienza del carcere, chi lavora con gli ammalati, chi insegna. In molti hanno però sottolineato in particolare le difficoltà delle famiglie e dei ragazzi che oggi vivono una solitudine senza pari, senza trovare un luogo dove essere ascoltati e dove poter porre le domande grandi della vita.
«La Chiesa in ascolto è l’io in ascolto. Ci rendiamo conto di essere chiamati a intercettare e ascoltare i bisogni di chiunque incontriamo sul nostro cammino. Da chi è in casa con noi a chi ci sembrerebbe a prima vista estraneo. Siamo in debito di ascolto anche verso Dio, che attraverso i più bisognosi ci parla».
Dopo aver ringraziato e ascoltato tutti, monsignor Napolioni ha chiuso l’assemblea ricordando che non ci sono conclusioni facili, programmi da stilare o azioni da difendere. Ha ricordato il ruolo importante delle donne nella Chiesa, ruolo che va riscoperto e rafforzato e soprattutto che c’è una terza via possibile oltre all’inazione o all’attivismo frenetico: quella di «un cammino che è la pedagogia di Dio, lo stile di Dio». Per questo l’ascolto è la chiave di tutto. «Non una parentesi o una tattica, ma un passo necessario per ritrovare il vero fascino del cristianesimo. Serve un esame di coscienza che possiamo fare solo insieme, insieme a tutte le diverse anime della Chiesa. Ci aspetta dunque un cammino, un lavoro rischioso perché nessuno sa come sarà: potremmo irrigidirci o invece aprirci. Ma sarà un caos benedetto se ci insegnerà a vivere in ascolto della realtà. Questo è il tempo di una grande fantasia spirituale».
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