Toni Esposito chiude in bellezza CremonaJazz. E su Kalimba de Luna si scatena l’Auditorium
“Le due parole che mi rappresentano sono “altro” e “oltre”: per cercare altro devi vedere oltre."
Questa è la filosofia di Toni Esposito, pioniere della world music, che ha concluso in bellezza la rassegna Cremona Jazz all’Auditorium del Museo del Violino.
Il percussionista napoletano ha presentato un concerto basato sulle sue origini musicali. Infatti, ad accompagnarlo c’erano Gigi De Rienzo al basso, suo fido collaboratore da sempre, Lino Pariota alle tastiere e voce, Claudio Romano alla batteria e special guest Antonio Faraò al pianoforte.
Proprio quest’ultimo ha dato un’impronta più jazz a tutte le composizioni eseguite, dove alla base c’era l’improvvisazione, ma su questo argomento ci torneremo più avanti. Già nei primi dischi di Toni Esposito la trama improvvisativa era il fulcro delle sue lunghe suite. Nei primi anni settanta, in Italia, imperava il rock progressivo, con la PFM, il Banco, Le Orme e tanti altri. Ma Esposito sviluppò l’unione fra il sound afroamericano e la world music, miscelando i suoni della sua terra con quelli d’oltreoceano.
Durante il concerto il percussionista tiene le fila del gruppo, lasciando ampio spazio ai suoi musicisti. La spina dorsale del basso di Di Rienzo e della batteria di Romano lasciano praterie dove si possono inserire i soli di Faraò e Pariota. E’ solo verso la metà della serata che Toni si prende la scena con le sue percussioni, ingaggiando una battaglia a colpi di rimandi con la batteria. Il concerto si infiamma e al momento giusto arriva il brano che tutti stanno aspettando, “Kalimba de Luna”, un successo che negli ottanta lo ha fatto conoscere in tutto il mondo.
E’ un Toni Esposito loquace, che mette sul piatto della bilancia la musica fatta al computer e l’improvvisazione. “Ora con le macchine digitali puoi fare tutto, costruire una hit dal nulla. Ma non ci sarà mai niente che potrà competere con la forza di un quadro, di una poesia, dei gesti quotidiani." Di origini parlavamo e quindi di tamburi: “Ho girato molto l’Africa, terra di radici del ritmo. Con i tamburi c’erano le prime forme di comunicazione." E ai tamburi ha aggiunto la sua napoletanità.
E parlando di Napoli, il percussionista parla della teatralità delle facce partenopee, della maschere. ”Non c’è mai una faccia rilassata a Napoli”, dice sorridendo, sono tutte intrise della teatralità che pervade le strade e i vicoli della città. Ed è qui che scatta l’omaggio a Pino Daniele, suo amico da oltre trent’anni, con il quale ha condiviso i maggiori successi, a partire dall’album “Vai mò”.
E’ proprio da qui che viene scelta la prima canzone, una delle più struggenti di Pino, “sulo pè parla’”, ben interpretata dalla voce di Pariota. Poi parte una sequenza da brivido, “A me me piace o blues”, poi ripresa nel bis finale, “Napule e’”, “Anna verrà”, “Have you seen my shoes” e “Quando”. Un medley eccezionale che ha fatto capire la grandezza di Pino Daniele, che ci ha lasciati troppo presto. Il pubblico ha gradito molto l’omaggio sottolineando con applausi molto sentiti tutti i brani.
Bilancio positivo quindi per questa edizione di Cremona Jazz e per il suo direttore artistico Roberto Codazzi, che a fine concerto si è prodigato per permettere ai fans di farsi fotografare con Toni Esposito, che ha anche firmato copie dei suoi dischi.
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