14 luglio 2024

Tutto il mondo celebra il centenario della morte di Puccini ma quanto deve il compositore toscano al suo maestro del conservatorio, il cremonese Amilcare Ponchielli?

Se non ci fosse stato il cremonese Amilcare Ponchielli, Giacomo Puccini, di cui quest’anno si ricorda il centenario  della morte (1924), forse non sarebbe diventato , insieme a Verdi,  uno dei musicisti simbolo dell’opera italiana di tutti i tempi.  Ebbene sì. La storia dell’autore di Tosca, deve tanto al valore e all’impegno del maestro di Paderno Fasolaro (nome antico dell’odierno Paderno Ponchielli).

Il ‘nostro’ Amilcare fu infatti, negli anni Ottanta dell’Ottocento, l’insegnante di composizione del giovane musicista toscano al conservatorio di Milano. Puccini da Lucca si era infatti trasferito nella metropoli lombarda  per approfondire le materia  della composizione e dell’orchestrazione. Proprio dal musicista cremonese apprese, e poi trasformò in modo personalissimo, la capacità coloristica orchestrale di cui le opere di Ponchielli sono così ricche.

Ma il musicista cremonese non fu solo un rigido e formale insegnante. Pian piano divenne quasi uno di famiglia. La madre di Giacomo, Albina Magi, intrattenne con lui un vasto epistolario in cui chiedeva allo stesso  Ponchielli come il figlio si applicasse con dovere negli studi. Come tutte le madri dell’Ottocento non fu  tenera con la prole.  Giampiero Della Nina nel suo ‘Giacomo Puccini – Familiari, Amici e Amore (Tralerighe libri p. 22) ricorda come Albina raccomandasse al Maestro “di non farsi scrupolo di rimproveralo anche aspramente qualora si accorgesse di un calo di rendimento”.

Da parte sua,  Amilcare nutriva però una vera e propria predilezione per quel giovane ‘toscanaccio’ di cui, con la sua perspicacia, aveva  già  intuito le grandissime qualità musicali. Il 14 luglio del 1883 (esattamente 141 anni fa oggi)   Puccini si diplomava al Conservatorio di Milano. Ponchielli così si premurò subito di scrivere a casa Puccini. Lo fece direttamente  con una lettera ad Albina la madre di Giacomo. Un testo pieno di cortesia e di bellissime parole per il suo allievo.

“Gentilissima signora sono lietissimo – scrive Amilcare – di annunciarle che il di lei figlio Giacomo ha ottenuto oggi all’Accademia finale un magnifico successo con uno Capriccio per orchestra. Codesto pezzo fece a tutti grandissima impressione e fra i vari saggi di composizione presentati da diversi allievi nelle quattro accademia quello del suo Giacomo risultò per voto unanime uno dei più originali e il più riuscito”. Parole gratificante che si aggiungono a una profezia per il futuro del ragazzo che puntualmente si verificherà. “Nutro il presentimento che un orizzonte lieto stia per schiudersi al suo figliolo. Ho già parlato in casa Ricordi e nulla lascerò intentato onde appena mi si presenti il destro possa giovare a questo bravo giovane”.  (Giampiero Della Nina op. cit. p. 23)

Una promessa che il maestro cremonese mantenne: da grande uomo di parola quale fu  sempre stato.  Il 31 maggio di un anno dopo, correva il 1884, Puccini, proprio grazie ai buoni uffici del suo maestro cremonese, rappresenterò al Teatro Dal Verme di Milano la sua prima opera lirica: ‘Le Willy’. Un esordio nel panorama lirico europeo che fu accolto con un lusinghiero successo di pubblico, nonostante un’inspiegabile bocciatura del testo al concorso indetto dalla Casa Editrice Sonzogno.

Ma di questa bocciatura poco importò a Giacomo. Il suo Maestro e il pubblico milanese già lo adoravano, così come i suoi concittadini lucchesi che gli riservarono un trionfo al suo ritorno in Toscana. Dunque un connubio perfetto  tra Ponchielli e Puccini che oggi, più che mai, meriterebbe un più  serio riconoscimento in questo anno di celebrazioni pucciniane.

Musicologo

Roberto Fiorentini


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commenti


Maria Luisa

16 luglio 2024 07:26

Notizie importanti e interessanti e gradevoli Tml