18 aprile 2025

Un Venerdì Santo con la grande Via Crucis di Casalbuttano di Massimiliano Gallelli. La sua storia, la sua complicata conclusione. Un capolavoro

"Sul Calvario non si ragiona, si contempla. Con Cristo al mondo si è aggiunta una nuova dimensione: quella di coloro che danno la vita per ciò che amano. La Croce è l’unità di misura di questa nuova dimensione umana che sconfina nell’eterno: il Crocifisso è il fermento di questa nuova realtà, senza la quale non si capisce niente e tutto diventa disumano. Il Calvario «trascina» l’umanità".  Così don Mazzolari nella sua Via Crucis commenta la dodicesima stazione, Gesù è morto in Croce. Le stesse sensazioni si hanno davanti al quadro della 12ª stazione della colossale Via Crucis della chiesa parrocchiale di Casalbuttano. Un autentico capolavoro d'arte e di fede realizzato da Massimo Gallelli nel 1951. Un'opera straordinaria, grandiosa, da ammirare anche in questo Venerdì Santo, per la quale preparando la Quaresima del 2011 monsignor Achille Bonazzi aveva addiritturo pensato ad un allestimento in Battistero per il 60° della sua realizzazione. Poi il progetto non trovò compimento ma potrebbe essere ripreso il prossimo anno per i 75 anni di quella che è considerata la più bella via Crucis moderna della nostra diocesi e per i 70 anni dalla morte di Gallelli (14 aprile 1956). Massimiliano Gallelli fu uno straordinario pittore (nato a Cremona nel 1863), amatissimo in Francia sia per i quadri con le sue vedute che per gli straordinari ritratti.  Tra l'altro vinse il concorso per affrescare il Casinò di Montecarlo ("Il Tabacco e l'Oppio" e  "Il Te e il Caffè") mentre per il salone delle Terme dipinse una grande tela: "La Joie de l'eau" e decorò le ammiratissime cupole dello Sporting Club con le allegorie: "La conquista dell'aria" e "Le corse". Al Museo d'Arte Moderna di Milano famoso è il suo quadro "Lo Scialle rosso". Angelo Telli, indimenticato giornalista e  ricercatore di Casalbuttano, descrisse nel 2005 come si arrivò a realizzare e a concludere nel 1951 quella colossale via Crucis che suscitò, tra l'altro,  l'ammirazione del critico d'arte del Corriere della Sera, Borgese. Ecco il racconto di Angelo Telli. (m.s.)

Era domenica quel 9 settembre 1951, giorno di chiusura di un programma di celebrazioni apertosi a metà settimana e che nel pomeriggio sarebbe culminato con il solenne Te Deum di ringraziamento presenziato nella chiesa parrocchiale dall'Arcivescovo Monsignor Giovanni Cazzani.

Il quale arrivava ad inaugurare la splendida Via Crucis di Massimo Gallelli che da quel giorno era ufficialmente consegnata ai casalbuttanesi. L' Arcivescovo si era fatto precedere da una lettera inviata una quindicina di giorni prima all'arciprete don Alessandro Lusignani, a cui trasmetteva la più "viva compiacenza" e in particolare benediceva "di gran cuore quanti hanno contribuito e contribuiranno ad arricchire codesta chiesa parrocchiale di un magnifico monumento di religiosa".

A distinguersi in quell'opera meritoria, un elenco di personaggi di spicco e di assoluto primo piano: a cominciare dal parroco Don Lusignani che da sempre si era proposto di dotare la chiesa di San Giorgio di una Via crucis più dignitosa rispetto a quella che troppo mediocremente e da troppo tempo (da inizio '800) era esposta in parrocchiale. Un proposito che si era concretizzato in un voto formulato mel 1945, con l'implorazione alla "divina Misericordia di scampare Casalbuttano dagli spaventosi pericoli e dagli orrori della guerra". Ecco allora la decisione di commissionare l'opera a Massimiliano Gallelli, artista cremonese non di primo pelo (era nato nel 1863) ma di grande prestigio, che si trovava sfollato a Paderno. 

Lungo e qualificato il suo curriculum, che lo aveva visto allievo di Cesare Maccari a Roma e poi specializzarsi tanto nella tecnica dell'affresco che in quella del ritratto durante il suo trentennale soggiorno parigino. 

Di qualità e di prestigio anche le commissioni che era riuscito a spuntare nel corso della sua carriera, come la realizzazione di affreschi per il Casnò e per le cupole dello Sporting Club di Montecarlo, la serie di ritratti di personaggi di grande notorietà realizzati nella capitale francese, ovvero le sue due grandi tele eseguite per la chiesa di San Marco a Milano. Da cui si era allontanato per raggiungere Paderno, in conseguenza di un bombardamento che gli aveva completamente distrutto l'abitazione.

Nel nuovo domicilio l'aveva raggiunto l'offerta di Don Lusignani, con cui aveva pattuito un compenso di 280mila lire ed intascando consistenti anticipi come ulteriore conferma dell'impegno, salvo poi dimenticarsene e sottrarsi per averne concordato di nuovi. Inizia così una prolungata litania, sarebbe il caso di dire una Via Crucis interminabile e logorante in cui alle disarmanti inadempienze dell'artista si oppongono i ripetuti solleciti del committente.

Una schiarita sembra arrivare nel 1949, quando il Gallelli rinnova le sue promesse di far fede all'impegno. in cambio di un adeguamento del compenso al livelli dell'inflazione (la richiesta è di oltre 5 milioni di lire). Provocando la risentita reazione di Don Lusignani, a cui il pittore risponde con la minaccia di cedere l'opera ad altri acquirenti.

La soluzione arriva dall'intervento di una coppia di illustri mediatori. Il conte Filippo Jacini e il critico d'arte del Corriere della Sera Leonardo Borgese, che concordano la cifra definitiva (poco meno di 2 milioni) accettata dall'autore.

Angelo Telli


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commenti


Nava Angelo

18 aprile 2025 14:51

Grande opera però che non piaceva tanto a un prof di Cbuttano

Guido Montagnini

18 aprile 2025 15:07

Da Casabuttanese sono orgoglioso si dia spazio spazio ed il giusto valore a questa
opera importante del pittore cremonese Gallelli . Andrebbe esposta in un luogo che permetta la visione ad un pubblico più vasto data la grandiosa straordinarietà
della opera.

Mauri🏊‍♂️

18 aprile 2025 17:40

Grazie. Mario, di aver ricordato Angelo.🙏❤️🙏