25 dicembre 2021

Viaggio di Natale nell'arte cremonese antica. Un itinerario tra arte e fede nelle chiese per riscoprire la natività

La Natività di Gesù è sicuramente uno dei soggetti che  più di tutti gli altri hanno ispirato gli artisti di ogni tempo. Nell'approssimarsi della festività del Natale, facciamo un viaggio nelle nostre chiese cittadine per scoprire proprio quei tesori di arte, rappresentati soprattutto da grandi pale d'altare, che i nostri pittori ci hanno voluto lasciare come testimonianza di fede. Alcune di queste opere costituiscono delle autentiche pietre miliari nella storia dell'arte, apprezzate anche fuori dai ristretti ambiti provinciali, ed ormai entrate a far parte del patrimonio artistico nazionale come tappe fondamentali di un percorso storico e culturale che proprio in occasione delle festività meriterebbe di essere conosciuto. In esse gli autori hanno trasfuso la loro sensibilità e le loro conoscenze per cui, osservandole, è possibile ricostruire rapporti, contenuti e sensibilità differenti, mettendo in relazione gli uni con gli altri. 

Iniziamo il nostro viaggio, quasi naturalmente, dalla Cattedrale dove, in quello che è considerato uno dei principali cicli affrescati del Rinascimento, dopo il 1516 Boccaccio Boccaccino ha affrescato, nella serie di otto riquadri dedicati alle Storie di Maria, l'Adorazione dei Pastori posta sopra l'arcone della quarta campata di sinistra. 

Mentre nei primi episodi si nota un gusto prettamente nordico nella rappresentazione di spaccati di vita quotidiana e richiami a impostazioni tipicamente peruginesche, sicuramente in questo momento il Boccaccino risente delle novità pittoriche introdotte nel cantiere da Altobello Melone e Gianfrancesco Bembo con i quali lavora in contemporaneità: il taglio delle figure e delle architetture si fa più monumentale, la visione decentrata; i panneggi si allungano con strascichi che ricadono in pieghe rigide e pesanti, mentre i gesti dei personaggi assumono maggior enfasi ed anche i volti tendono a perdere quella bellezza idealizzata tipica dei primi episodi per assumere una maggior caratterizzazione fisionomica.

Dal Duomo passiamo alla chiesa di San Michele, dove sul secondo altare della navata destra vi è una bella pala d'altare dipinta da Bernardino Campi nel 1568, con al centro la scena della Natività e ai due lati Santa Teodora e San Leonardo. Se i due santi sono rappresentati in forma arcaica ed elementare, nella Natività, invece, il nostro artista, pur non rinunciando alla sua costante ricerca di eleganza derivata dall'interesse per il Parmigianino e ad un estremo preziosismo di linea e di composizione, propone un risultato più intimo con un senso del colore più fresco. 

Poco lontano nella chiesetta della Santissima Trinità all'incrocio tra via Speciano  e corso XX Settembre sull'altare centrale a sinistra, dedicato a San Gregorio  Martire, vi è una bella Adorazione di Magi di Sigismondo Francesco Boccaccino,  dipinta tra il 1760 e il 1765. 

Decisamente suggestivo è un bel quadro conservato nella chiesa dei Cappuccini di via Brescia raffigurante l'Adorazione dei pastori, attribuito ad Antonio Campi in quanto è una variante dell'analogo soggetto dipinto per la chiesa di Santa Maria della Croce a Crema del 1575. Di quest'ultimo ripropone il motivo della scena notturna, rischiarata al centro dal lume soprannaturale irradiato dal Bambino, da una candela in primo piano retta da un pastore e sullo sfondo da un gruppo di persone che esce da un portico sulla destra. In questa versione in aggiunta vi è anche una processione di pastori sul fondo, anch'essi muniti di torce e fiaccole che scendono dal costone di un monte. Il motivo del notturno non è nuovo in Antonio Campi, che lo aveva già adottato nella Visitazione conservata al museo civico Ala Ponzone e in due dipinti di Torre Pallavicina, mutuati dal bresciano Savoldo e dal Cambiaso. Diversa, però, è qui l'umanità dei personaggi che popolano il quadro del Campi, vestiti con panni dalle tinte smaglianti, azzurri, verdi, rossi accesi, e dalle fisionomie caricate, dai corpi robusti e tozzi, con cappelli a larghe tese e un repertorio che trova riscontri solo nella contemporanea pittura fiamminga con scene di mercati e cucine di Pieter Aertsen e Joachim Beuckelear, che serviranno come modelli anche al fratello Vincenzo. 

Torniamo verso il centro e in via 11 Febbraio all'interno della chiesa di Santa Maria Maddalena troviamo lo splendido polittico realizzato in collaborazione tra Tommaso Aleni e Galeazzo Campi. Inserito in una importanza cornice dorata intagliata con motivi a candelabre e grottesche, simile a quelle realizzate per il Duomo  dal Pampurino e dal Ricca e ai fregi di Gaspare Pedone, il polittico rappresenta  il momento in cui Galeazzo e Tommaso trovano la loro più stretta affinità nell'ambito della comune matrice boccaccinesca. La pala centrale con la Natività si deve assegnare a Galeazzo, dove deriva dall'Annuncio a Gioacchino di Boccaccino, affrescato nel 1514 per il Duomo, il tema dell'annuncio ai pastori. Nella Natività del polittico della Maddalena vi sono anche richiami a Giorgione attraverso la cristallizzata calibratura formale del Boccaccino, con un esito che appare non lontano da quelli della pittura ferrarese. 

Attraversato il centro arriviamo a Sant'Agostino dove Gervasio Gatti, detto il Sojaro, nel 1589 dipinge il presepio per l'altare Fiameni, preceduto due anni prima da una Natività dipinta per la cappella della Beata Vergine del monastero di San Sigismondo. Nella tela di Sant'Agostino il Gatti mostra di essere attratto dalle sperimentazioni luministiche e naturalistiche dei fratelli Campi, soprattutto di Antonio che abbiamo già visto all'opera sullo stesso soggetto nella chiesa dei Cappuccini di via Brescia, anche se qui il Sojaro inserisce piacevoli frammenti di vita reale. 

Di certo è l'altro Gatti, Bernardino, ad aver realizzato nel 1555 con la splendida pala della chiesa di San Pietro, l'opera che più di altre per i cremonesi sintetizza il Natale. Sullo sfondo di un paesaggio collinare digradante e disseminato da vegetazione e abitazioni, che si distende verso i meandri di un fiume, sotto un cielo diafano delimitato a sinistra da rovine di un edificio classico, la scena vede raccogliersi attorno alla Vergine che si protrae verso il Bambino un gruppo di pastori invitato da San Giuseppe, con San Pietro in abiti pontificali e l'abate Colombino Ripari inginocchiato. Sui personaggi si librano nel cielo tre angeli musicanti mentre un cherubino emerge a mezzo busto dalla base del quadro, come fosse un proscenio, reggendo un ramo di un sempreverde. Anche gli antichi scrittori d'arte attribuirono fin dall'inizio grandi elogi a questo quadro. Il primo a parlarne in toni entusiastici fu lo stesso Vasari, che lo definì “tavola molto bella” e poi dopo di lui ed in modo ancor più caloroso il Merula, il Bresciani, il Baldinucci, il Panni e lo Zaist e tutti gli autori locali dell'Ottocento. Lo stesso Venturi negli anni Trenta, pur con alcune riserve, trovò che la composizione fosse “chiara, linda, armonica”, la Ferrari arrivò definirlo un “autentico capolavoro di tardo classicismo”. In effetti questa è sicuramente l'opera più riuscita di Bernardino Gatti, commissionata all'artista dall'abate del monastero di San Pietro al Po Colombino Ripari il 14 febbraio 1555 con un accordo che, dietro un compenso di 100 scudi d'oro, lasciava al pittore un anno di tempo per la sua esecuzione. La tela era destinata a costituire la pala dell'altare maggiore della chiesa e di fatto vi rimase fino al 6 giugno 1796 quando fu requisita dai francesi e trasferita a Parigi insieme ad altre opere di pregio provenienti dalla città. Venne restituita solo nel 1815 e ricollocata in chiesa nel 1817, non più come pala d'altare maggiore, dove nel frattempo era stata collocata un'altra tela, ma su un altare laterale. In questo quadro è sembrato evidente fin dall'inizio che il pittore operasse nell'ambito del Correggio ricalcandone modelli precisi, ma di suo il Gatti ne offre una versione del tutto personale, aggiungendo alla raffinatezza della composizione, un tocco naturalistico lombardo. 

E questo non solo nella resa ritrattistica che caratterizza ad esempio la figura dell'abate, ma nello stesso riverberare della luce mattutina che inonda tutta la scena e si depone su ogni personaggio, scolpisce le rovine architettoniche e sfuma in vaporante atmosfera nel paesaggio lontano. 

Per chi volesse proseguire l'itinerario alla scoperta di altre scene della Natività dipinte nei primi secoli dell'arte moderna, suggeriamo una visita alla Pinacoteca del Museo civico Ala Ponzone, dove i soggetti di questo tipo abbondano e non sono di certo inferiori per preziosità ed interesse a quelli che abbiamo rintracciato nelle chiese. Ad iniziare da uno dei precursori dell'arte cremonese, Antonio Cicognara, attivo tra il 1480 ed il 1500, autore di una “Adorazione del Bambino e due santi” proveniente dalle collezioni Ala Ponzone. Il pittore, di esuberante fantasia decorativa e preziosità cromatica, in questa tavola rivela un maggiore avvicinamento alla cultura locale rispetto ai primi modi ferraresi, con una ricerca del dettaglio e le preziosità luministiche che rimandano al Civerchio ed anche ad Antonio Della Corna. Quest'ultimo è anche autore di un'altra bella Natività con San Giovannino, probabilmente un'anconetta di devozione privata, realizzata all'inizio del Cinquecento, dove la scena è ambientata all'aperto su un terreno roccioso e davanti ad una capanna quasi fatiscente. Vi è chi ha osservato in questa piccola opera echi del Mantegna, anche se la rusticità della capanna, con le sue travi marce e i due animali che brucano tranquilli, sembra rimandare piuttosto ad un ambiente tipicamente lombardo. 

Decisamente straordinaria è la Sacra Famiglia dipinta da Pedro Fernandez fra il primo e il secondo decennio del Cinquecento per il polittico di Castelleone, nella nuda monumentalità delle figure quasi risucchiate nello sfondo uniforme di un azzurro metafisico, svuotate del loro peso corporeo nell'avvilupparsi delle spesse vesti, ingigantite per l'effetto della prospettiva dal basso in un ambiente indefinito privo di una precisa caratterizzazione spaziale. Più ipotesi sono state formulate anche riguardo la sua presunta formazione cremonese, e gli è stato attribuito un nucleo di opere a Cremona oggi ricondotte all'attività di Alessandro Pampurino, con il quale il pittore spagnolo sembra avere avuto dei contatti nei primi anni trascorsi in Lombardia. 

Di un allievo di Altobello Melone è invece la piccola tavola raffigurante il presente con San Nicola da Tolentino di un'estrema finezza compositiva, con la puntigliosa descrizione di un paesaggio dove spicca un sterminato gregge di pecore con i pastori che le governano in compagnia di una cane, il tutto sferzato di una luce vivida e a tratti abbagliante. Ricca di riferimenti al suo maestro Bernardino Campi, ma anche all'altro Bernardino, il Gatti, è la pala con l'Adorazione dei pastori con i santi Quirico e Giuditta di Andrea Scutellari, pittore viadanese di cui vi sono notizie tra il 1574 e il 1588, caratterizzata da una ricca gamma cromatica e da influssi toscani che la rendono un elemento originale nel contesto artistico cremonese. 

Alla più giovane delle sorelle Anguissola, Anna Maria, è infine attribuita una Sacra Famiglia con San Francesco che, per la rarità del soggetto, si stacca dal gruppo della Natività che abbiamo considerato. Qui il vero protagonista è il santo presentato nell'atto di offrire un cestino di uva e more al Bambino che da parte sua infila l'indice nell'anello con cui termina il chiodo che trafigge la sua mano. Questa strana iconografia si ricollegherebbe all'influsso esercitato sulla pittrice dalla predicazione di fra Bartolomeo Cambi di Salutio, un mistico francescano giunto a Cremona nel 1602, che predicava il culto delle stimmate sostenendo che nella mano di san Francesco fosse presente, oltre la piaga della ferita, anche il chiodo che l'aveva inferta. Il frate fu accolto a Cremona da una grande folla e scortato a nove nobili, fra cui vi erano il fratello e il marito di Anna Maria, Diacono Sommi. Nonostante ai suoi tempi fosse nota come abile ritrattrice, questa è l'unica opera che possiamo ascriverle con una certa sicurezza. 

nelle foto a scorrimento Boccaccio Boccaccino, adorazione dei pastori, Cattedrale. Bernardino Campi, natività San Michele vecchio. Altobello Melone, Natività. Poi Gervasio Gatti, detto il Sojaro chiesa di Sant'Agostino. Quindi Tommaso Aleni e Galeazzo Campi, natività in Santa Maria Maddalena.

Fabrizio Loffi


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti