Villa Verdi, luogo incantato dove tutto parla del Maestro. Purtroppo continua a regnare l'abbandono
Un nuovo appello di Egidio Bandini per salvare dal degrado la Villa di Sant'Agata (qui il precedente) dove si sente ancora il respiro e il genio di Verdi. La Villa è abbandonata dal 30 ottobre 2022 in attesa che l’Istituto vendite giudiziarie la metta all’asta. Finora solo tante parole. Purtroppo non è stata neppure dichiarata "monumento nazionale".
«Sono convinto che la Villa di Sant’Agata andrebbe annoverata tra le opere di Verdi, talmente essa compendia il suo pensiero il suo modo di essere, di costruire ed organizzare, concresciuta com’è alla vita del suo abitatore e intrecciandovisi in modo inestricabile. Che lo applichi ai suoni o meno in fondo poco cambia, si tratta sempre di comporre, mettere assieme ed edificare.» Queste parole scritte da Riccardo Muti, nella presentazione del volume “Viva Villa Verdi”, basterebbero da sole a giustificare un sacrosanto sdegno nel vedere che, alla fin fine, dell’unico vero monumento verdiano esistente si sia parlato in questi giorni, per il rischio di degrado che pare inarrestabile, guardando a quel parco e a quei viali miseramente vuoti, dove gli ultimi giorni di ottobre del 2022 si sono affollati migliaia di curiosi, che hanno voluto visitare la villa prima della fine: un po’ come si fa con un moribondo, per vedere in faccia l’epilogo della vita. Eppure Villa Sant’Agata è un luogo incantato, un posto speciale o, meglio, come direbbe Attilio Bertolucci, semplicemente un posto dove vivere. Ancora Riccardo Muti coglie quell’aspetto concreto, quasi terragno del Maestro, intento a “dirigere” non un’orchestra, ma mastri e muratori impegnati a costruire quelle cinquanta stanze che richiesero giusto mezzo secolo di lavori eppure infine capace, allo stesso tempo, di trarre da queste atmosfere, dalle indimenticate “aure dolci del suolo natal”, le armonie di “Falstaff”, l’ultimo melodramma che, scrive Muti «Verdi aveva concepito come proprio lì ambientato, tra villa e giardino, in una dimensione famigliare-conviviale.»
Un Verdi musicale e prosaico, un Verdi in famiglia e fra ospiti illustri: librettisti, impresari, editori, grandi cantanti. Insomma il Maestro che non ti aspetti, come scrive ancora Muti immaginandolo nella sua Sant’Agata: «Lì respiriamo la stessa aria che lui respirava e siamo circondati dagli stessi oggetti (i mobili, i quadri e le sculture, ma anche la biblioteca che testimonia l’ampia cultura così europea e – soprattutto – un’inesauribile curiosità e vivacità intellettuale, che non si limita alla sfera umanistica ma che travalica nella scienza e nella tecnica, riannodandosi così al Rinascimento: quel motto “Tornate all’antico e sarà un progresso” insospettabilmente si avvera a Sant’Agata) […] E così le partiture di Bach, Haydn, Mozart e Beethoven (ma anche Corelli!) convivono con gli altrettanto ordinati registri contabili dove regna incontrastata la “partita doppia”, che pure Goethe elogiava come una delle più belle invenzioni dello spirito”».
Il Maestro ha chiuso alle sue spalle il grande cancello di Villa Sant’Agata sul finire del 1900, ma è stato un arrivederci e non un addio: bastava, infatti, entrare nella grande casa, per scoprire che Verdi non se n’è mai andato veramente dalla sue stanze: il Mago e la Peppina (il Maestro e Giuseppina Strepponi) sono qui: inevitabilmente, eternamente insieme. Nel modo più originale, quasi melodrammatico: le loro mani si sono ritrovate, dopo 150 anni, proprio a Sant’Agata. «Sono le mani in marmo posate alle estremità dello scrittoio di Verdi: a sinistra quella di lui, a destra quella di lei. […] entrambe le mani furono create in una stessa città – in questo caso Firenze – e da un unico artista, Giovanni Duprè. – scrive Roberto Mottadelli - La mano di Giuseppina ha dovuto pazientare molto più dei suoi baci perché le fosse concesso di sfiorare le dita del Maestro. Di collezione in collezione, ha atteso per oltre 150 anni che la voce di Sant’Agata richiamasse Franco Zeffirelli, l’ultimo dei suoi proprietari. Nel 2001 infatti, mentre era ospite della villa, il grande regista notò la mano del Maestro posata sullo scrittoio e ne avvertì l’insostenibile solitudine. Senza bisogno di pensarci più a lungo, donò agli eredi di Verdi l’unica mano che avrebbe potuto tenerle compagnia.» Anche questa storia fa parte della magia di Villa Verdi e della terra che la circonda. Una magia che Riccardo Muti descrive così: «[…] lo stesso paesaggio compenetra di sé la musica e la parola e viceversa. Un tutto inscindibile che qui ancora, nella Bassa emiliana miracolosamente permane: sta solo a noi farcene partecipi ed entrare a far operosamente parte del quadro o dell’Opera. Qui dove il paesaggio è come una partitura, con i filari degli alberi e le linee incise dall’aratro sulla terra grassa e fertile. Basta mettersi in ascolto e Verdi è ancora qui, è anche qui». E davvero vogliamo perdere tutto questo?
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commenti
Maestro Mauro Ivano Benaglia
27 luglio 2023 08:28
L’Accademia Concertante d’Archi di Milano, che ha già dato prova di saper restaurare, manutenere e gestire il Castello del Seprio di Mozzate - oggi sede di rappresentanza dell’orchestra con due sale da concerto, strumenti musicali storici, archivio parti e sale di prova per musicisti - potrebbe essere la soluzione a tale problema e ridare agli appassionati e al pubblico la possibilità di riaprire un simile gioiello tutto italiano prima che il degrado e l’abbandono la rendano del tutto inagibile.