Un romanzo di un medico cardiologo: "Gli ulivi di Trequanda" e sullo sfondo la pandemia
Come nel primo thriller, dal titolo “Come germogli di talea”, Corrado Ajolfi, medico specialista in cardiologia, si distingue per l’originalità del tratto, anche nella sua quarta fatica: “Gli ulivi di Trequanda”, sottotitolo “Non è un virus per vecchi” (Intrecci Edizioni, 280 pag. 15 €).
Dalla pandemia ai Dpcm, dai più avanzati laboratori di ricerca medico-scientifica al repertorio dei “Nomadi”, dall’annus horribilis 2020 a un futuribile 2036 ancora dominato dalla paura del virus. Questo quarto thriller di Ajolfi si gioca su molteplici piani temporali e spaziali e su continui flashback, fra un racconto in prima persona e le vicende ritratte quasi fossero cronache giornalistiche dallo scrittore, con la consueta maestria. Va da sé che da sfondo alla vicenda e a tutte le complessità medico-scientifiche del caso, fa questa pandemia, con alcuni tratti, specialmente temporali, in comune con il Covid-19, ma ben più devastante: dopo sei anni sulla terra si contano due miliardi e mezzo di morti, provocati dall’improvviso decesso di moltissimi ultrasessantenni, accompagnato da una percentuale enorme di aborti spontanei in Africa. All’origine di tutto questo, un incidente occorso al laboratorio sottomarino dove lavorano i genitori della protagonista, Costanza Vannucci, all’epoca bambina, ma futura scienziata di fama internazionale. La piccola cresce nella tenuta “Le Crete” a Trequanda in Toscana, tenuta popolata di ulivi ripiantati dopo la devastazione della Xylella. La bambina viene allevata da nonno Victor e zio Kevin, dopo la morte dei genitori, uccisi dal terribile virus Nocrev. Fra intrecci amorosi, relazioni professionali e addirittura incarichi come spia, Connie (così la chiamano il nonno e lo zio) arriva proprio a Wuhan, in Cina, dove sembra che tutto abbia avuto origine. Qui le sue ricerche clandestine la portano a scoprire che non solo il virus è frutto della ricomparsa sotto forma letale di un antenato, l’antico Erwei1, parte del codice genetico dei mammiferi da milioni di anni, ma soprattutto che dietro la pandemia si nascondono interessi economici enormi, legati alle scoperte farmacologiche.
Ma non basta, nella trama, arricchita da Ajolfi di suspence e di continui cambi di scena che tengono il lettore col fiato sospeso, si scopre che chi doveva essere un agente segreto, non lo era e nemmeno lo zio appassionato dei Nomadi e dei romanzi spionistici di Ian Fleming è ciò che la protagonista credeva fosse. Sino al finale, come sempre a sorpresa, in compagnia di una realtà che dalle nostre parti è molto ben conosciuta: Lumen.
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