Antonio Bonetti (Bistek di Trescore): il segreto dei tortelli cremaschi? "Vince il modello sagra"
Si mormora, mi raccomando diciamolo e scriviamolo sottovoce (altrimenti la concorrenza si incacchia), che … i suoi Tortelli Cremaschi, ecco siano tra i migliori sulla piazza. Ah, restando in tema per così dire “Tortellesco”, tempo fa, praticamente inserendo il pieno (del Tortello Cremasco ovviamente) dentro morbidi, grandi gnocchi di patate, tra le altre cose… si è inventato, da attento cuoco ricercatore qual è, le ricercatissime Gnocche Cremasche. Ebbene, Antonio Bonetti (colui il quale da buon ricercatore appassionato, lottò anni fa per far diventare Dop il Salva Cremasco) da Trescore Cremasco e il suo Bistek (sopra e sotto) beh ormai sono leggenda, o meglio, rappresentano la ristorazione padana e cremasca nel resto mondo. Mentre la sottostante birreria gestita dal fratello ha fatto la storia del mondo “birraio” nostrano. E per capire che aria tira dalle sue parti e se è vero, come si mormora, che andrà in pensione (e il Bistek che fine farà?), con lui abbiamo scambiato quattro chiacchiere.
Gnocca contro Tortello chi vince, come va la kermesse?
-Pari e patta che entrambi i piatti vanno alla grande. Prima della pandemia arrivava tanta gente da fuori incuriosita e desiderosa di assaggiare proprio il piatto nostrano per eccellenza
E’ l’effetto Luca Guadagnino che li ha piazzati, i tortelli, nel suo film da Oscar “Chiamami col tuo nome”?
-Non so poi io essendo di Trescore non rientro nel grande giro di Crema. Mah…
Sai che pare che i tuoi Tortelli Cremaschi rientrano nel ristretto club dei più gettonati e graditi?
-Io li faccio seguendo il cosiddetto per così dire “modello da sagra”. Una volta infatti, in concomitanza delle feste paesane se ne facevano tantissimi e più che alla forma si badava alla sostanza. Mi concentro proprio sul pieno, tutto macinato e la ricetta è segreta e vecchia, risale alla mia povera nonna che mi diceva: i tortelli da trattoria devono essere più buoni di quelli fatti in casa, altrimenti la gente al ristorante non li mangia. In ogni paese c’è una versione e una ricetta, l’importante è che si utilizzi l’Amaretto Gallina e che nel ripieno non ci sia la carne. Per quanto mi riguarda poi, fatti saldi questi principi, ognuno può sbizzarrirsi come vuole. A Crema per esempio va la formula a cinque pizzichi. A Vaiano Cremasco è addirittura quadrato. Queste diversità arricchiscono il piatto che rappresenta il nostro territorio.
-Che vino abbinare ai Tortelli dolci cremaschi?
Piatto ricco e denso di gusto, burro e Grana Padano, io li adoro accompagnati ad un Barbera vivace dell’Oltrepò Pavese. Ora tuttavia è di gran moda il Lambrusco, in tutte le sue tipologie, ben freddo, servito in grandi, ampi calici.
In giro per Crema e Hinterland si fa sempre più fatica a trovare del buon salame nostrano.
Le istituzioni cremasche dovrebbero attivarsi per istituire una Dop ad Hoc, sulla falsa riga di quanto è stato fatto a Cremona, poiché produrre quello che io chiamo Nobile Salame Cremasco costa e richiede tanta, ma tanta burocrazia.
-Come mai nobile?
Nel fare il Salame Cremasco rientrano le cosiddette parti posteriori e ricche di gusto del suino.
-Da quanti anni col ristorante Bistek di Trescore Cremasco illumini la ristorazione lombarda?
Dal 1968.
-E’ vero che l’avete messo in vendita?
La pensione si avvicina, i figli hanno preso altre strade, io e mia moglie Ornella saremmo contenti se arrivasse qualcuno disposto ad affiancarci nella complessa attività che ci prende da una vita, ma vedo difficile si realizzi tale scenario, soprattutto in questi momentacci cupi, tempi di crisi economica ed emergenza sanitaria. Così sì dinanzi a un’offerta giusta, seguendo il nostro nuovo motto: pochi, maledetti e … subito dal notaio, potremmo prendere in considerazione l’ipotesi di cedere il testimone.
-Davide Caleffi, unico viticoltore cremonese sostiene che l’agricoltura nostrana debba riprendere in considerazione, per diversificare, l’opportunità di fare vino dalle nostre parti…
Mah storicamente il vino si faceva addirittura a Crema, in città, presumibilmente nel quartiere denominato e conosciuto del Pergoletto. Ora l’Istituto Agrario coltiva la vite appena fuori Madignano, ma secondo me, la zona più vocata potrebbe essere quella che da Romanengo va verso Casaletto di Sopra passando per la Melotta e i suoi piani alti naturali spettacolari.
-Sei diventato un informato e denso Food Blogger, complimenti …
Grazie mi è sempre piaciuto scrivere e ho parecchie cose da raccontare.
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