Tre cose che (forse) so solo io su Mario Lodi
Tra i personaggi dei quali nel 2022 ricorreva il centenario della nascita, c’è il nostro grande Mario Lodi, maestro di scuola che ha sperimentato nuovi e creativi metodi educativi che ha illustrato in sapienti saggi pedagogici e scrittore di bellissimi libri di narrativa.
Ma non voglio ora ripetere quanto nello scorso anno è stato scritto e detto su di lui in articoli, libri, programmi televisivi, convegni, manifestazioni di commemorazione (anche con il Presidente della Repubblica). Propongo invece tre miei “ricordi” personali relativi alla sua vita e alla sua figura. Riguardano piccoli episodi che probabilmente solo io ho conosciuto, apparentemente di poco rilievo ma in grado tuttavia di far capire chi era e che cosa ancora oggi rappresenta Mario Lodi.
La prima notizia inedita su Mario Lodi è molto significativa per collocare Mario nel suo tempo e nella sua realtà locale.
Il 23 gennaio del 1989, Mario Lodi ricevette la Laurea honoris causa dall’Università di Bologna, cioè dalla più antica università italiana e in un periodo in cui questo titolo veniva conferito in pochi casi e solo a rarissimi personaggi illustri, di grande notorietà nazionale e internazionale (capi di stato, scienziati, benefattori come madre Teresa di Calcutta, artisti, narratori, poeti…). Quel giorno, con Mario furono premiati Paul Freire, allora il più famoso pedagogista del mondo, e Margherita Zoebeli, notissima pedagogista svizzera.
Nello stesso giorno, questa notizia mi venne data dal noto pedagogista Franco Frabboni che io, in qualità di presidente dell’Arci, avevo fatto venire a Cremona per una conferenza. Ebbene, mi sono recato immediatamente al giornale La Provincia, informando il direttore dell’evento. Ero convinto che la notizia avrebbe avuto un grande rilievo sul giornale (era il primo cremonese ad essere insignito di quel prestigioso titolo!). Il direttore non ci ha creduto, né si è premurato di verificare la veridicità della mia informazione, cosa in sé facilissima (bastava una telefonata). La Provincia, che pure anche allora era ritenuto molto attenta a captare tutte le notizie relative alla realtà cremonese, non ha pubblicato niente. Ne accennò solo, molti giorni dopo, nelle cronache di Piadena con un trafiletto ripreso pari pari dal Resto del Carlino di Bologna. Come mai? Oltre l’ignoranza su ciò che riguardava la scuola e su un personaggio ormai da tempo famoso in tutta Italia, credo che avesse contato il fatto che Mario fosse considerato “di sinistra” e perciò non meritasse gli onori della cronaca: le contrapposizioni politiche e ideologiche allora erano ancora molto forti, in quei tempi e gli organi di stampa le incorporavano in modo evidente.
Ma debbo confessare che anche da parte della sinistra e soprattutto da parte mia, suo amico e allora presidente di un’associazione come l’Arci fortemente “schierata” dal punto di vista politico, non si sentì la necessità di divulgare e festeggiare il prestigioso riconoscimento conferito alla figura e all’opera di Mario Lodi. Oggi me vergogno.
Ed ecco al secondo episodio inedito. Ho potuto vedere Mario mentre iniziava a rifinire Cipì, una libro diventato un classico delle letteratura infantile italiana. Mario Lodi ha scritto questo e altri suoi racconti con i suoi alunni. Sono loro a provocare, suggerire, a inventare, a raccontare le loro esperienze. Al di là della finestra della loro aula, i ragazzi di una piccola scuola di campagna hanno scoperto e annotato via via, nel corso dell'anno, gli aspetti della vita dei passeri sui tetti, nei cortili, negli orti. È nata così l'idea di scrivere insieme a loro la storia di Cipì, un piccolo passerotto, che molti conosceranno Sin dal giorno della sua nascita, Cipì si scopre differente dagli altri fratellini: è curioso e vuole esplorare sin da subito il mondo. Il nido per lui è troppo piccolo e anche i saggi consigli della madre non bastano a tenerne a freno la curiosità: Cipì vuole assolutamente conoscere il mondo, anche se dovrà affrontare molti rischi. Il nome gli fu dato perché ripeteva, malgrado fosse un tenero passerottino, “Cipì, cipì! Voglio uscire di qui”… Nel suo precoce viaggio di iniziazione, scopre quanto sia bella amica e insieme pericolosa la natura, quanto sia importante il valore dell’amicizia, e nello stesso tempo impara a difendersi dagli uomini e anche dai temporali, dalla neve e dal Signore della Notte, un gufo che tutti credono sia un vecchio saggio che si nutre solo di raggi di luna, ma che, come proprio Cipì scoprirà, in realtà mangia gli altri uccelli, specialmente i passerottini appena nati.
Protagonisti del racconto sono, con Cipí e la sua compagna Passerí, un gatto, una margherita-poeta, delle farfalle e tanti altri passeri… E ci sono il sole, le nuvole, la pioggia, tutta la natura, con i suoi elementi contrastanti e i suoi cicli. Alla fine del suo viaggio, Cipì diventa padre e insegnerà ai suoi figli a “essere laboriosi per mantenersi onesti, a essere buoni per poter essere amati, ad aprire bene gli occhi per distinguere il vero dal falso, ad essere coraggiosi per difendere la libertà”.
Il romanzo insegna ai bambini l’importanza di essere curiosi e di voler sempre imparare, senza dimenticarsi mai che la libertà va conquistata e difesa lottando ogni giorno (usando, magari, un briciolo di prudenza). Un insegnamento che ci viene trasmesso da una storia avvincente, bellissima dal punto di vista fantastico e narrativo. E per mezzo di un linguaggio perfetto per il lettore bambino.
A questo proposito, ecco che la prima stesura definitiva, letta ai suoi scolari, apparve al maestro Lodi troppo difficile linguisticamente, per cui, sempre insieme ai suoi piccoli collaboratori, la semplificò e la adeguò al contenuto e alle competenze linguistiche di lettori di al di sotto dei dieci. Era presente il suo amico Francesco Tonucci, già allora ben conosciuto e apprezzato pedagogista, inventore di straordinarie esperienze collettive incentrate sulla figura e le esigenze creative e psicologiche del bambino. Con l’acronimo di FRATO, è stato ed è ancora oggi un originale fumettista; ha disegnato anche per la rivista "Riforma della Scuola" così pure per libri di Franco Rodari. Tonucci ha collaborato ai “Quaderni di lavoro” che Mario creava periodicamente per i maestri italiani.
Ed ecco il mio terzo ricordo. In qualità di segretario del sindacato scuola della CGIL, al momento di andare in pensione, Mario mi passò i documenti necessari agli espletamenti burocratici, affinché fossero controllati dagli esperti in questa materia. Questi mi fecero notare che Mario non aveva tenuto conto della legge 336/70, che attribuiva particolari benefici pensionistici e retributivi agli ex combattenti, cioè alle persone che avevano partecipato in modo diretto allo svolgimento di operazioni di guerra, e alle categorie loro assimilate. Benefici, rilevanti, a cui Mario aveva diritto avendo prestato servizio militare negli ultimi mesi del 1945 (addetto alla rilevazione degli aerei nemici). Ma di questi benefici potevano godere solo i dipendenti statali, pubblici, e questo aveva provocato molto molte polemiche nel Paese. Mario già conosceva questa legge e il suo personale diritto di beneficiare di quei rilevanti benefici, ma non volle ottenere quello che considerava un ingiusto privilegio. Insomma, rinunciò a usufruire di ben sette anni in più sia sulla liquidazione sia sul computo del periodo lavorativo… E lo fece senza rendere pubblica la sua scelta, senza vantarsene.
Anche questo fatto serve a farci capire chi sia stato Mario Lodi: un grande uomo, nelle idee, nelle scelte valoriali, nei comportamenti.
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