22 giugno 2021

Verso Tokio 2021, Malvicini maratoneta sfortunato

Negli anni in cui i maratoneti italiani già si stavano dimostrando tra i più forti del mondo, anche se altrettanto sfortunati (basta pensare a Dorando Petri privato del titolo olimpico a Londra dopo aver dominato la corsa, o al milanese Airoldi cui fu impedito di gareggiare ad Atene con l’accusa di professionismo per aver ricevuto alcuni premi in denaro per le vittorie conseguite in patria, dopo che s’era fatto a piedi, o meglio di corsa, il viaggio da Milano in Grecia). Fu un castelleonese a raccogliere l’eredità dei due colossi italiani della specialità più dura dell’atletica leggera: Angelo Malvicini, nato il 1° maggio 1895 e tesserato a Milano per lo Sport Club Alessandro Volta.

Non era, probabilmente, all’altezza dei due che lo precedettero, ma gareggiò in condizioni altrettanto difficili, anche se meno pionieristiche e per questo meno foriere di gloria. Giovanissimo, nel 1913 vinse la sua prima importante maratona. Aveva 18 anni e tre mesi quando si impose ai campionati italiani assoluti e fu probabilmente questa precocità, questo aver voluto affrontare distanze decisamente proibitive per un ragazzo, a togliergli qualche possibilità di ottenere risultati eclatanti in età più consona per un atleta da lunghe distanze.

Non tragga in inganno il tempo realizzato in quell’occasione (2h 39’25”) perchè allora si gareggiava sulla distanza dei 40 km., anziché sulla classica distanza dei km. 42,165 introdotta più tardi, nel 1921. A complicare le cose intervenne pure la prima guerra mondiale, che lo tenne lontano per un quadriennio almeno dalle competizioni. Le gare non erano poi numerose come accade oggi e poche, quindi, le occasioni per potersi misurare sia con se stessi che con gli avversari. 

I risultati migliori arrivarono per Malvicini negli Anni Venti, quando, non solo riuscì a confermarsi il migliore in Italia rivincendo il titolo nazionale nel 1922,  (3h 10’26’’ il suo tempo, ma stavolta sulla distanza di Km. 42,760) nove anni dopo il primo successo, ma imponendosi per ben due volte in quella che era allora considerata una delle maratone più importanti in Europa, quella di Torino, dominata nel 1921 in 2h 48’151” e poi nel 1925 in 2h 52’21”.

In mezzo, la sfortunata partecipazione alle Olimpiadi di Parigi del 1924 in cui, insieme a tutta la squadra italiana (Alberto Cavallero, Ernesto Alciati, Angelo Malvicini) che era partita con più d’una speranza, fu costretto al ritiro da un malore improvviso dopo pochi chilometri.

Della prima vittoria nella Maratona Internazionale di Torino, che si concluse al Motovelodromo, teatro di tante sfide ciclistiche in quei tempi e aperto per una volta ai più “umili” maratoneti, come annotava il cronista, abbiamo una cronaca precisa e avvincente.

“Folla di spettatori ardenti di curiosità, vibranti di passione, ma sopra tutto accesi di un'ansia vivissima, superante ogni altro sentimento, tutta protesa nell'attesa di un qualche cosa che era al di sopra della semplice prova sportiva d'Italia. Era in gioco domenica l’onore dell’Italia.

A fianco dei maratoneti italiani s'erano allineati campioni stranieri. Lotta internazionale, prova di virtù atletiche assommanti il prestigio di paesi interi, confronto decisivo in una contesa aperta! E’ perciò che il pubblico palpitava, tutto fremente per la risoluzione della lotta da cui doveva uscire consacrato il più forte maratoneta di Europa. Sì. Era sopra tutto una questione di orgoglio nazionale quella che teneva sospesi gli animi e artigliava i cuori della folla, perchè l’italiano, nonostante tutto il suo spregiudicato scetticismo e il suo generoso senso d'umanità, è ancora e sempre un buon patriota!...

Ed ha vinto un italiano! E’ il ‘milanese' Malvicini! è stato seguito dall’astigiano Alciati. Trionfo assoluto, pieno, luminoso per lo sport. Questa è stata la nota più alta della giornata in tutto il pubblico. E per moltissimi anche l'unica. Infatti non sono che gli appassionati e gli intenditori che scendono più a fondo, nell'analisi che del quadro complessivo vogliono mettere in rilievo gli elementi di contorno e i particolari, le sfumature.

E in verità una prova grandiosa e severa, come la Maratona, non può tutta essere riassunta in una risultanza che indubbiamente ha un altissimo valore, ma che non può sbarrare la strada molti altri giudizi...Perchè non ammetterlo? La vittoria nazionale non solo nel suo aspetto sentimentale, ma anche per l'importanza tecnica è il fatto più significativo della Maratona. Era noto il valore dei campioni stranieri scesi a cimentarsi sulle strade piemontesi. Si sapeva che un compito difficilissimo si preparava ai minori nostri maratoneti. E nei pronostici della viglia si era potuta esprimere con un'incrollabile sicurezza, ma nulla più di una fiduciosa speranza!

Incerto si preannunciava il duello. Ma non allettante indecisa — pur nelle sue fasi appassionanti — fu la gara. Malvicini ha vinto superbamente, imponendo una superiorità su cui non possono esistere dubbi, L’andamento della corsa, le fasi in cui essa si è decisa, la condotta adottata da coloro che ne furono i protagonisti dicono chiaramente che il migliore di tutti è stato sempre il poderoso atleta dalla maglia nero-azzurra. Non è compito nostro rievocare qui nella sua cronaca minuta tutta la Maratona. Basterà ricordare che le sorti della gara si sono decise per quanto riguarda il primo posto, tra il quinto e il decimo chilometro, attraverso un duello diretto tra il campione francese e il nostro Malvicini, in cui questi riuscì a cogliere il vantaggio che, aumentato poi con forma e instancabile progressività, gli doveva assicurare la vittoria.

Svolgimento chiaro nitido incontestabile che valorizza anche più la superiorità dimostrata da Malvicini, il quale ha fatto sfoggio di una combattività e di un'audacia veramente mirabili... Era da temere che si fosse prodigato in una lotta a fondo troppo prematura e che uscitone vittorioso ma forse diminuito nelle sue risorse di resistenza, dovesse cedere ad avversari più provati alle fatiche dei lunghi percorsi, come sembravano il francese Robert e l'algerino Diebelya, ma Malvicini è stato tanto brillante di combattività, quanto tenace in continuità. Ha preso la testa risolutamente ad un quarte del percorso e non è più stato minacciato. Bella, grande, meritata vittoria!!

Malvicini avrebbe rivinto la Maratona Internazionale di Torino tre anni più tardi. Era reduce dalle sfortunata prova olimpica di Parigi e si prese la rivincita su qualche avversario, non purtroppo sul finlandese Albin Sternoos, l’oro olimpico che a Torino non s’era presentato.

Fu il suo ultimo successo importante, esattamente dodici anni dopo il primo a chiusura di una carriera che avrebbe potuto essere ben più ricca di soddisfazioni, ma che lo vide comunque, per un decennio, ai vertici dell’atletica italiana.

Cesare Castellani


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