23 aprile 2024

I Cavalieri crociferi

Villa Barni, al Roncadello di Dovera, ha un parco all’inglese creato nei primi anni dell’Ottocento, in sostituzione dei precedenti giardini all’italiana. Presenta tutti gli elementi caratteristici del parco romantico di quell’epoca. Ci andavo tempo fa anche per cercare confronti con altri due parchi all’inglese realizzati a Crema più o meno nello stesso periodo, uno a Ombriano e l’altro a San Bernardino, che però erano stati devastati e distrutti dall’inciviltà novecentesca. Ero anche sulle tracce di Giorgio Barni, un patriota lodigiano che era collegato a un gruppo di patrioti cremaschi che nel 1848 sostenevano le posizioni “albertiste” e “fusioniste” del Governo Provvisorio. L’archivio familiare dei Barni non era stato ancora riordinato e inventariato da Valeria Leoni e si trovava in buona parte altrove. Anche un precedente accesso al Palazzo Barni di Lodi, che non era stato ancora acquisito da Vera De Poli, aveva avuto esito negativo. Per cui le mie ricerche non erano state facili, anche se poi si erano concluse positivamente. Discendenti familiari a cui chiedere informazioni non ce ne erano più. Da tempo i Barni si erano estinti come casato. L’ultimo conte Barni, il generale Antonio, era morto nel 1958. Non aveva eredi diretti e quindi aveva devoluto i suoi beni al costituendo ente morale che è poi diventato l’attuale Fondazione Barni Corrado.

L’anno scorso, il 9 settembre, sono tornato a Villa Barni per la presentazione di un libro riferito a un aspetto particolare della vita degli ultimi Barni: vecchi scontrini, ricevute di acquisto, fatture e documenti riguardanti fornitori e negozi di Lodi, Crema, Milano, Cremona e altre località. Il materiale, soprattutto novecentesco, era stato trovato nella soffitta della villa. Da lì l’idea del libro, presentato dal presidente della Fondazione, Giovanni Galbiati, e da Ferruccio Pallavera, già direttore del Cittadino di Lodi. È stato alla fine di quell’incontro che, parlando con alcuni dei partecipanti, mi sono ricordato che negli anni Novanta, lì a Villa Barni, aveva avuto sede una associazione che si rifaceva ai Templari. La cosa mi era passata di mente, anche perché il cosiddetto “templarismo” è un argomento molto vasto, difficile e complicato da tenere a mente. Però nei mesi scorsi sono andato a rivedermi alcune vecchie carte e diversi libri che avevo trovato su questo tema, uno dei più controversi di certa letteratura storica “borderline”, cioè di quella terra di mezzo tra la storiografia ufficiale e un certo sottobosco culturale di facile presa mediatica. Questo articolo tratta quindi di quei templaristi di Villa Barni e anche di altri elementi che si possono collegare a quel contesto intellettuale.

Partiamo da un libro che avevo acquistato in una serata del novembre 1998, alla fine di un incontro organizzato a Spino d’Adda proprio da questa associazione che aveva sede a Villa Barni. Più avanti dirò qualcosa di più su questo incontro. Il titolo del libro è “Sulle orme dei Templari”, di Mauro Giorgio Ferretti. È stato pubblicato nel marzo 1998 e contiene una raccolta di itinerari templari nel Triveneto, in Lombardia, in Piemonte e in Emilia Romagna. Per la Lombardia, si comincia da Dovera. A pagina 101, l’autore dice: “Come mai ho deciso di iniziare questo itinerario Templare dalla località di Dovera presso Lodi? Perché all’interno della settecentesca Villa Barni c’è la sede ufficiale della Confraternita dei Cavalieri Crociferi, ideali continuatori della Tradizione Templare, e anche perché in questa località e nelle immediate vicinanze c’è una strana concentrazione di antiche pievi e reliquie portentose, come se la zona presentasse sacche fortissime del Male ed energie negative da combattere”. La casa editrice è la New Style, con sede a Milano, in via Pasquale Sottocorno 40. La stampa è di Arti Grafiche Cremasche di Crema.

Prima di iniziare con i vari itinerari basati sulle tracce lasciate dai Templari, dopo le presentazioni iniziali di Fabio Giovanni Giannini e di Don Vasco della Parrocchia di Santo Stefano del Tempio a Reggio Emilia, il testo spiega chi sono i Fratres Cruciferis, a che cosa si ispirano e di quali temi si occupano. Si precisa pure che “Nell’ambito dell’Associazione è istituita una sezione denominata Confraternita dei Cavalieri Crociferi, Ordine Cavalleresco, che pur nel rispetto dell’Associazione si organizza e si riunisce in Capitoli e territorialmente in Aree, Piazze e Commanderie”. Seguono altre notizie sull’organizzazione della Confraternita e sugli obblighi dei suoi Cavalieri, compreso quello di un giuramento iniziale. Per maggiori informazioni, gli interessati sono invitati a contattare l’Associazione Fratres Cruciferis tramite una casella postale di Pandino, la numero 185.

Questo libro di Ferretti contiene anche una breve sintesi storica dell’Ordine del Tempio, con alcuni cenni riguardanti la presenza di quest’Ordine in Italia. I Templari vengono presi come modello e come ideale di riferimento anche per il tempo presente. Non si dice che i Fratres Cruciferis o la loro Confraternita di Cavalieri abbiano una derivazione templare, una discendenza dai Templari storici. Però si lascia intendere un qualche collegamento, una certa continuità non solo ideale. Nella pagina dei ringraziamenti, viene espresso “Un pensiero riverente all’ultimo Maestro del Tempio Italiano, Conte Gastone Ventura, scomparso nel 1981”. Il che indicherebbe due cose non da poco: una qualche prosecuzione dell’Ordine templare dopo il 1314, anno nel quale la storiografia ufficiale considera terminata la vicenda storica di quell’Ordine, e l’esistenza di una maestranza italiana, almeno fino alla morte di Ventura.

Nella terza di copertina ci sono alcune informazioni sull’autore: “Mauro Giorgio Ferretti è nato a Reggio Emilia nel 1954. Ha intrapreso studi classici e si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Parma. Nel mondo del turismo per 25 anni, ha rivestito posizioni di responsabilità come Tour Operator. Ha viaggiato molto per il mondo, nella vecchia Europa e in Italia. Attualmente opera nel settore dell’assistenza privata, al servizio degli anziani e delle persone non autosufficienti. È il Segretario Nazionale dell’Associazione Fratres Cruciferis ed in questa veste promuove e partecipa a conferenze e dibattiti su temi Templari, Cavallereschi e di Tradizione”.

Approfondendo la figura di Ferretti, ho trovato parecchie notizie che lo riguardano. Non è chiaro quando il suo sodalizio con Giannini, con i Fratres Cruciferis e con la loro Confraternita di Cavalieri sia cessato o, per lo meno, si sia affievolito. Comunque, poco più di vent’anni fa, Ferretti ha fondato, insieme ad altri, l’associazione Templari Cattolici d’Italia, che risulta anche come associazione di promozione sociale denominata Templari Oggi. In pratica, si tratta di un Ordine neotemplare di cui Ferretti è il Magister. Nel contesto dell’affollato scenario neotemplare italiano, questa organizzazione ha una struttura e un numero di aderenti piuttosto cospicui. L’Ordine dichiarava, nel 2020, circa 2000 iscritti (tra cui 80 sacerdoti), operativi in 200 diocesi (sette delle quali hanno concesso un riconoscimento ufficiale), con 150 sedi in Italia e all’estero: Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia, Spagna, Germania, Austria, Polonia e Hong-Kong. La sede centrale è presso la chiesa di Santa Maria Maddalena in località Cerro di Toccalmatto, a Fontanellato.

Sono numerose le iniziative di un certo richiamo poste in essere da questa associazione, come ad esempio la sfilata a Piacenza di due anni fa, il ritiro spirituale in Vaticano del 2019, l’incontro tra Ferretti e Benedetto XVI e il dono portato a questo pontefice, le riaperture e le custodie di numerose chiese, i servizi di volontariato, i convegni e le conferenze. Non molto tempo fa, lo scorso 14 aprile, i Templari Cattolici d’Italia hanno pubblicamente partecipato a Cremona a una messa celebrata presso la chiesa di San Luca. Nelle loro scenografiche manifestazioni, i Templari Cattolici d’Italia si presentano cinti da ampi mantelli bianchi con la tipica croce rossa patente templare. Maggiori informazioni su di loro si possono rilevare dal sito web dell’associazione, prodigo di notizie e di immagini, e da varie fonti in rete, a partire dal sempre utile “Le religioni in Italia” a cura di Massimo Introvigne e Pier Luigi Zoccatelli, nella parte dedicata agli Ordini neotemplari, più in particolare nella sezione delle Derivazioni OSMTJ e OSMTH. 

Nel frattempo, Ferretti ha pubblicato diversi libri, in genere di argomento templare: “Essere Templari Oggi”, “I Templari e la Sindone”, “I Templari e i simboli del sacro”, “Templari oggi. Sulle Orme del Tempio” e altri ancora, compresa una ristampa, con testo ampliato, del predetto “Sulle orme dei Templari”. Ha tenuto conferenze su questi temi in varie parti d’Italia e ha promosso convegni, incontri e iniziative sui Templari e sulla Tradizione Cavalleresca, soprattutto su quella occidentale cristiana in generale e anche su quella più specificamente cattolica. Non mi è stato difficile reperire quasi tutti i suoi libri e molti degli articoli che sulla stampa e sul web sono apparsi su di lui.

Torniamo al Roncadello, ai Fratres Cruciferis e a Fabio Giovanni Giannini. Questa realtà ha avuto una buona continuità nel tempo. È difficile dire quale sia stato in realtà il suo raggio d’azione, che sembrerebbe a prima vista abbastanza perimetrato in ambito lombardo, con un maggior addensamento di iniziative nel territorio nord-occidentale della provincia di Cremona, tra Crema, Dovera, Pandino e Spino d’Adda, e con un baricentro operativo tra Dovera e Pandino. Qualche iniziativa è stata realizzata anche a Milano e nel territorio milanese. La sede della casa editrice New Style (a volte indicata come New Style Limited), che ha pubblicato buona parte dei libri di Giannini con i Fratres Cruciferis, come si è detto era a Milano, in via Pasquale Sottocorno 40. L’edificio si trova nella cosiddetta “Zona Risorgimento” di Milano, all’angolo tra via Sottocorno e via Pietro Calvi. In ogni caso, per diverso tempo, il possibile contatto con il pubblico è avvenuto attraverso la già citata casella postale 185 di Pandino. Ricordo che su alcuni cartelli stradali posti un tempo al rondò di Pandino (allora la Paullese era molto diversa da oggi) e anche su altri incroci, che indicavano la direzione di Dovera e del Roncadello, si potevano notare degli adesivi (appiccicati probabilmente dai Fratres Cruciferis, però questa è solo una mia ipotesi) che avevano raffigurata la tipica croix pattée rouge sul bicolore del cosiddetto “beauceant”. Ogni tanto, questi adesivi venivano tolti. Poi ricomparivano, poco tempo dopo. Non so quando i Fratres Criciferis abbiano lasciato la loro sede al Roncadello. Di sicuro l’anno scorso, di loro, a Villa Barni, non c’era più traccia. Credo che da parecchi anni avessero trovato un’altra sede.

I Fratres Cruciferis risultano coinvolti in una certa quantità di pubblicazioni, in genere di argomento templare. In realtà, l’autore è sempre Giannini e i Fratres Cruciferis vengono indicati come una associazione culturale insieme alla quale il libro posto in vendita è stato “promosso in collaborazione” o “distribuito in collaborazione”. Il costo variava di solito, nella seconda metà degli anni Novanta, dalle 23.000 alle 35.000 lire. Questi libri si potevano acquistare anche presso la famosa Libreria Esoterica di Calogero Falcone, che allora si trovava nel mezzanino della metropolitana di San Babila a Milano. Quasi sempre, sulla terza di copertina di questi libri c’è la fotografia di Giannini come unico autore, corredata da brevi note che lo definiscono “giornalista e scrittore” e “corrispondente delle maggiori agenzie europee per i paesi dell’Est”. Ecco alcuni titoli: “La luce del Tempio” (in due diverse edizioni, aventi differenti formati di stampa), “I Templari a Milano e Chiaravalle”, “Templari, la luce e l’ombra del Tempio”, “I frammenti del Graal”, “Templarismo, Fede e Vanità”, “I figli degli Dei, Genesi Capitolo 6°”, “Il Libro delle figure e delle antiche profezie di Gioacchino da Fiore”, “Il settimo sigillo”, “Milites Templi, il Processo”, “Milites Templi, Historia, Regula etc.”, “Milites Templi, i Cavalieri del Silenzio” e altri ancora, in parte editi dalla New Style e in parte stampati da Arti Grafiche Cremasche di Crema. La definizione di questi Crociferi varia a volte riguardo al nominativo plurale utilizzato nella versione in latino. Fratres Cruciferis è la dizione più frequente, nonostante il nominativo plurale con la esse finale per il termine Cruciferis possa lasciare perplessi. Esiste comunque, anche se si riscontra più raramente, pure una dizione Fratres Cruciferi, con il nominativo plurale corretto.

Il periodo di maggior produzione editoriale di Giannini con i Fratres Cruciferis sembra essere stato quello tra il 1995 e il 2005. Anche a proposito di questo autore, non mi è stato difficile reperire quasi tutti i suoi libri e molti degli articoli che sulla stampa e sul web sono apparsi su di lui. Come non è stato difficile ricostruire le sue conferenze, iniziative e collaborazioni svolte su questi temi. Di un certo rilievo è stata la mostra da lui organizzata dal 1° al 17 settembre 2011 presso la Sala Facchinetti della Società Umanitaria, a Milano, intitolata “I Cavalieri Templari tra mito e realtà”, con una conferenza tenutasi il 9 settembre. La mostra era allestita in collaborazione tra i Fratres Cruciferis e l’Associazione Culturale Italia Medievale.

Il titolo di questa mostra all’Umanitaria richiama quello della conferenza che i Fratres Cruciferis hanno tenuto nell’incontro a cui ho fatto riferimento all’inizio di questo articolo, quello a cui avevo partecipato a Spino d’Adda diversi anni prima, nel 1998. La sera del 17 novembre 1998, con inizio alle ore 21, nella Sala Consiliare del Comune di Spino d’Adda, si era infatti svolta una conferenza sul tema “Templari, Mito e Realtà”. Come a volte faccio, una volta iniziata la relazione, avevo preso molti appunti riguardo a quanto veniva detto. All’inizio è stato distribuito un documento che fungeva in parte da comunicato stampa, in parte da sintesi e abstract della conferenza. Ho ancora questo documento, di tre pagine. I presenti erano circa una quarantina o poco meno. I relatori erano tre: Leonardo Tesi, Ferretti e Giannini. Leonardo Tesi ha introdotto l’argomento, riferendosi a precedenti incontri simili in altre località, attuati con risultati positivi. Ha poi descritto le finalità dell’associazione, le attività in corso, i valori tramandati dalla Tradizione, oggi non più presenti nella società civile ma che occorre invece riscoprire e difendere. Sui Templari, dopo alcuni cenni alla loro vicenda storica, ha affermato che l’epilogo del loro Ordine, in realtà, non è stato chiarito veramente. E poi ha completato il suo intervento con una dichiarazione piuttosto netta: si deve ritenere che l’Ordine del Tempio sia giunto quasi intatto fino ai nostri giorni.

Ha preso poi la parola Mauro Giorgio Ferretti, segretario nazionale dell’associazione, che ha presentato il suo volume “Sulle orme dei Templari”, il libro che poi, a fine serata, io e altri abbiamo acquistato per 30.000 lire. La presentazione di Ferretti alternava l’esposizione di molti dei luoghi da lui indicati nel suo testo a varie argomentazioni riguardanti argomenti tipici della letteratura neotemplare, dal mistero della Sindone alle costruzioni erette nei luoghi energeticamente potenti per il loro magnetismo, dal ruolo occulto di San Bernardo alle pratiche esoteriche apprese dai Templari in Terrasanta, e via dicendo. Alla fine ha trattato della scomparsa dell’Ordine e della sua possibile sopravvivenza, compresa la questione della cosiddetta carta di trasmissione di Larménius. Non sono mancati gli accenni al rapporto tra i Templari e il Graal e alla figura di Maria Maddalena. Ha terminato sottolineando come oggi la vera spiritualità templare sia essenzialmente intesa a testimoniare i valori del cattolicesimo e della vicinanza a Cristo, contrariamente a certe interpretazioni irreligiose, anticristiane e occultiste di molte derivazioni del templarismo attuale.

Successivamente ha parlato Fabio Giovanni Giannini, che ha presentato una rassegna dei suoi ultimi libri di argomento templare. Poi si è soffermato sui rapporti tra i Templari e i Catari. Passato quindi all’argomento della potente flotta templare, ha parlato della scoperta dell’America da parte dei Templari, dalla quale derivavano le ingenti quantità di argento in possesso dell’Ordine e quindi la sua grande ricchezza. Sono seguite alcune delucidazioni sulla forma della croce templare e sulle sue diverse fogge. Giannini ha toccato poi il tema del supporto templare a Robert Bruce in Scozia e della battaglia di Bannockburn, mettendo però in dubbio la versione massonica di una filiazione templare attraverso queste vicende scozzesi. Alla fine, ha affermato che l’Ordine dei Templari è sopravvissuto al processo, dapprima a Cipro e poi in Armenia. Ecco il significato della carta di trasmissione di Larménius. L’Ordine ha accettato una sorta di compromesso con la Storia e si è ritirato nell’ombra. Gli arresti dei Templari sono stati solo una sceneggiata. Il Tempio ha finto di consegnarsi ma in realtà esiste ancora e ha però cancellato le sue tracce. Infine Giannini ha terminato il suo intervento e, con gli altri due relatori, ha concluso la serata, senza dimenticare la frase di rito “Non nobis, Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam”.

Mi sono permesso di dilungarmi, forse un po’ più del dovuto, su questo incontro di Spino d’Adda del 1998 perché i suoi contenuti rappresentano un esempio significativo dei vari argomenti trattati in genere in simili occasioni, quando le associazioni neotemplari attuali cercano di spiegare al pubblico le proprie teorie e interpretazioni sui Templari di ieri e anche su quelli di oggi. Questi incontri pubblici rappresentano in genere delle occasioni di promozione editoriale, come appare evidente anche in questo caso. E possono facilitare un certo proselitismo. Infatti, alla fine di quell’incontro, è stata consegnata ai presenti una scheda per poter richiedere l’iscrizione alla associazione Fratres Cruciferis, da compilare con i propri dati personali (nome, cognome, residenza, telefono, più la sottoscrizione). Per iscriversi si doveva inviare, alla già citata caselle postale 185 di Pandino, un vaglia postale dell’importo di lire 120.000.

Giannini è stato anche coinvolto in un’altra curiosa vicenda riguardante una nota rivista mensile di equitazione, nel 1997. Ha infatti rilasciato un’intervista di argomento templare sul numero 2 (cioè riferito al mese di febbraio) del 1997 della rivista mensile “Il Mio Cavallo”. L’articolo era firmato da Mauro Beta, un personaggio noto nel mondo equestre italiano. Prima però di parlare di questa intervista di Beta a Giannini, vanno richiamati i precedenti. La vicenda inizia quando un lettore scrive, nell’estate del 1996, alla redazione della rivista, chiedendo informazioni su un raduno internazionale a cavallo, avvenuto in un paese straniero. Il lettore asserisce di aver visto un raduno di cavalieri Templari a cavallo mentre era all’estero, in un paese nel quale si trovava in vacanza. Lui li ha visti bene, ne è sicuro, erano Templari perché avevano le croci rosse patenti sui loro sottosella bianchi. Scrive poi che, tornato in Italia, ha visto in una certa località un altro cavaliere con la stessa croce rossa sul sottosella bianco. Per cui, essendo appassionato di storia dell’equitazione, chiede informazioni alla redazione. La lettera è pubblicata sul numero 9 (mese di settembre) del 1996, nella rubrica “L’esperto risponde”, dove compare la frase “Domanda del mese”. Qui un corsivo non firmato riepiloga brevemente, in pochi cenni, qualche informazione sui Templari, dicendo poi che “Oggi esistono delle associazioni di cavalieri che rievocano quel tempo passato in occasioni di raduni internazionali”. Infine il corsivo rinvia per maggiori informazioni a Guido Guidi, altra figura nota nel mondo dell’equitazione italiana, dandone il numero telefonico.

Due mesi dopo, sul numero 11 del novembre 1996, nella stessa rubrica, veniva pubblicata una lettera di un altro lettore che forniva su questi Templari a cavallo delle informazioni di una precisione e di una consistenza persino eccessive. Poiché acquistavo spesso questo giornale, rammento che ero rimasto molto stupito e pure piuttosto incredulo leggendo quella lettera. Anche perché, ricordo di aver pensato, non è che basti un sottosella per fare un Templare. Nel frattempo, la redazione riceveva parecchie richieste di chiarimenti su questi Templari in sella ai loro cavalli: “Abbiamo ricevuto moltissime lettere di lettori incuriositi dalla figura di questi cavalieri templari.” Della lettera pubblicata su quel numero, quella che appunto spiegava l’organizzazione, le tradizioni equestri, i raduni internazionali e nazionali, persino la bardatura dei cavalli di questi Templari, il corsivista di “L’Esperto risponde” non poteva che dire, molto laconicamente: “Un amico ci ha raccontato di averne conosciuto uno di persona”. In via Pergolesi 8, a Milano, nella redazione della rivista, si decideva di cercare un vero e proprio esperto, per pubblicare un articolo di argomento templare che potesse finalmente soddisfare le richieste di chiarimenti giunte sempre più numerose dai lettori.

È a questo punto che entra in scena Giannini. È lui l’esperto giusto, secondo questo giornale. Come si è detto, nel numero 2 del febbraio 1997, Mauro Beta pubblica un articolo con un’intervista a Giannini. Dopo una breve premessa, Beta annuncia: “Siamo riusciti a intervistare un Templare, il signor Fabio Giovanni Giannini, che ci ha detto…” (segue il testo rilasciato a Beta da Giannini). Innanzitutto, va notato come la qualifica di Templare venga pubblicamente assegnata a Giannini. Il giornale aveva una buona tiratura e, insieme a “Cavallo Magazine”, era una delle due principali riviste di equitazione in Italia. Poi, leggendo il testo di Giannini, si nota che il suo contenuto verte sia su notizie riguardanti i Templari storici, sia su informazioni, per la verità abbastanza corrette, sulle derivazioni neotemplari degli ultimi secoli, a livello sia internazionale che italiano. Però Giannini non è in grado di dire alcunché riguardo agli elementi così precisi e consistenti contenuti nelle lettere giunte in redazione nei mesi precedenti, soprattutto in quella pubblicata a novembre 1996. Sui Templari a cavallo Giannini non fornisce alcun riscontro. Comunque, in un apposito riquadro all’interno dell’articolo, non manca la pubblicità del libro di Giannini “La luce del Tempio” (seconda edizione del 1996), che è “distribuito solamente nelle più importanti librerie della Lombardia e si può avere richiedendolo alla New Style, casella 40 Pandino, inviando un vaglia postale di lire 25.000”. Forse la casella 40 aveva preceduto la casella 185.

Giannini è venuto a mancare sei anni fa. I suoi funerali si sono svolti sabato 13 gennaio 2018 alle 10,30 presso la Chiesa Parrocchiale di Dovera. Esiste una partecipazione funebre dei suoi Fratres Cruciferis, sotto denominazione più recente: “L’Associazione Onlus Sodalitas Equites Crociferi partecipa al dolore per la scomparsa del proprio presidente prof. Fabio Giovanni Giannini”. Di questa Onlus, negli ultimi anni, non si è sentito parlare molto. Probabilmente, scomparso Giannini, la realtà dei Crociferi è destinata a non avere seguito. Vedremo, non si sa mai. In ogni caso, Crema e il territorio cremasco possono oggi, grazie a Giannini e ai suoi Crociferi, poter dire di aver avuto una qualche parte attiva nel complesso e discusso mondo del templarismo italiano. Comunque la si pensi in proposito, a meno di sorprese notevoli sull’argomento (coi Templari le sorprese non mancano mai), sembra di poter dire che, negli ultimi decenni, questa sia stata l’esperienza più significativa, sul nostro territorio, nell’ambito della realtà neotemplare italiana. Certo, altri possono vantare esperienze di ben diversa rilevanza e risonanza. Però noi cremaschi, dopo essere stati tiepidi fascisti, tiepidi partigiani e tiepidi sessantottini, possiamo anche ammettere di essere tiepidi templari. Questo articolo vuole essere, oltre che un tentativo di indagine sulla vicenda dei Crociferi, anche una testimonianza, sia pure da lontano e dall’esterno, di quanto fatto da Giannini per una causa nella quale ha certamente creduto.

Resta da dire che anche Giannini ha più volte richiamato nelle sue opere, come Ferretti, il nome e il ruolo di Gastone Ventura. Per collocare meglio la figura di Ventura in questo scenario templaristico, occorrerebbe prima fare cenno alle evoluzioni internazionali che il movimento neotemplare ha avuto a partire dai suoi sviluppi all’inizio del Settecento. Le vicende neotemplari italiane hanno infatti spesso preso le mosse da questi avvenimenti internazionali. Purtroppo, per motivi di spazio, questa disamina risulterebbe poco opportuna in tale sede. Da un certo periodo in avanti, soprattutto dagli anni Ottanta in poi, la situazione italiana si è talmente complicata, anche per motivi propri, a causa di scissioni, spaccature e proliferazioni riguardanti un numero notevole di gruppi, sigle e pretendenti, da rendere questa materia troppo complicata per essere validamente esposta in un articolo come questo. Ci si limita quindi a menzionare i quattro aspetti che seguono.

Primo. Da più di tre secoli esistono movimenti e organizzazioni che asseriscono pubblicamente di discendere, per una via o per l’altra, dall’Ordine storico dei Templari, che la storiografia ufficiale, prevalente e documentata fa invece terminare con il rogo di Jacques de Molay nel 1314. Secondo. Anche in Italia si sono manifestate nei secoli scorsi queste realtà di presunta origine templare. Terzo. Da diverso tempo, sia a livello internazionale che nazionale italiano, sono aumentate le divisioni, le fratture e le separazioni in differenti entità e obbedienze templari, creando uno scenario piuttosto complicato e a volte di non facile decifrazione. Quarto. In Italia questo processo di frantumazione e dispersione si è verificato soprattutto dopo la scomparsa di Alessandro Vettori, Reggente italiano dal 1925 al 1945, e poi di Gastone Ventura, Reggente dal 1961 (o dal 1964, secondo altre fonti) al 1981. È anche questo il motivo per cui ogni tanto questo o quel personaggio, a capo di uno dei numerosi sodalizi templari italiani attuali, tenta di affermare qualche legame, magari qualche investitura, espressamente dichiarata o lasciata indirettamente intendere, riferibile a Ventura oppure a qualche suo stretto consociato ai tempi del suo incarico.

Nel complesso, la vicenda dei Crociferi di Giannini sembra ormai archiviata e pare appartenere al passato. Però ha offerto, una volta di più, l’opportunità di riflettere su un aspetto storico, quello dell’Ordine del Tempio, sul quale Crema e il suo territorio ogni tanto si interrogano ma sul quale, di solito, non si riescono a trovare risposte convincenti. Nel frattempo, non mancano ogni tanto voci di presunte presenze neotemplari più o meno collegabili alla nostra realtà attuale. È d’altra parte ben vero che l’argomento templare, sia in senso storico, sia in senso templarista moderno, non è certo quello di maggior interesse nel contesto cremasco attuale.

Sarebbe però interessante approfondire meglio, in futuro, l’eventualità di una qualche presenza dell’Ordine del Tempio, quello storicamente esistito per circa un paio di secoli, a Crema e nel territorio cremasco. Inoltre, sarebbe anche di qualche interesse provare a verificare la presenza, dalle nostre parti, di realtà neotemplari sorte e sviluppatesi negli oltre tre secoli in cui, dai primi del Settecento a oggi, queste presunte derivazioni e discendenze neotemplari si sono manifestate. Il fenomeno del templarismo, come insieme di supposte continuità e prosecuzioni moderne rispetto all’Ordine del Tempio presente nella storiografia ufficiale, meriterebbe infatti un approccio più scientifico e meno fantasioso. A volte i gruppi neotemplari rivendicano esplicitamente una loro asserita filiazione dai Templari storici. Altre volte non lo fanno in modo aperto ma giocano sull’equivoco del non detto ma lasciato intendere, con comportamenti di fatto e richiami significativi in tal senso, evitando in genere il confronto sulle prove documentali e sulle evidenze materiali che di solito pongono gli storici nella condizione di valutare la validità o meno di un’ipotesi o di una circostanza.

Riguardo ai Templari storici, sappiamo che hanno lasciato tracce accertate in diverse realtà geografiche circostanti il nostro territorio. Nel cremonese, nel piacentino, nel lodigiano e nel milanese le prove di una effettiva presenza storica templare non mancano. Conosco meno, da questo punto di vista, le realtà del bergamasco, del bresciano e di altre aree lombarde, però so che anche lì le risultanze templari ci sono. Nel veronese e in altre parti del Veneto pure. Per non parlare del resto d’Italia. Sono innumerevoli i testi a stampa, gli articoli di giornale e le documentazioni in rete che testimoniano la presenza templare nella nostra penisola. Mi pare però che Crema e il territorio cremasco non abbiano sinora offerto tracce credibili dell’Ordine del Tempio storicamente esistito. Mancano le prove fondamentali, cioè le fonti d’archivio, le evidenze documentali, sia dirette che anche eventualmente indirette, ricavabili cioè da documenti aventi per oggetto differenti argomenti. E mancano le evidenze materiali, archeologiche e architettoniche, i rinvenimenti di manufatti e oggetti, i resti di inumazioni o tumulazioni riconducibili a fatti, situazioni, dinamiche templari, qualcosa di concreto ascrivibile a una vera presenza templare cremasca. Non c’è niente che ci dica qualcosa di credibile sui Templari a Crema o nel territorio cremasco. Abbiamo solo ipotesi, supposizioni, dubbi, congetture, illazioni, teorie senza dimostrazione. E spesso il tentativo di sopperire alla mancanza di prove con asserzioni e interpretazioni infondate porta a risultati fuorvianti e allontana l’esito corretto delle possibili indagini.

Ad esempio, di croci rosse patenti è pieno il mondo. Sono croci diffuse in numerosi contesti e in varie epoche, in ambito religioso cristiano ma non solo. Inoltre, dalle Madonne Nere all’Occhio nel Triangolo, passando per molte delle numerose e ricorrenti suppellettili simboliche di un certo templarismo mediatico, non si può fare univocamente riferimento ai Templari, trattandosi anche qui di elementi comuni a diversi ambiti. Spesso infatti la loro risalenza porta alle varie Obbedienze massoniche oppure ai loro diversi Riti, ad altri filoni più o meno esoterici del passato, a impronte lasciate nel tempo dalle conventicole degli innumerevoli adepti dell’occulto e delle pratiche iniziatiche più diverse. Oltretutto, le Madonne Nere e l’Occhio nel Triangolo si trovano anche nella più ortodossa iconografia religiosa cattolica. Una caratteristica dei cultori delle testimonianze templari senza prove è quella del “palleggio delle citazioni”, attraverso l’utilizzo di una filiera di citazioni prese da altri autori. Risalendo di citazione in citazione, alla fine si può però scoprire la debolezza argomentativa dell’ipotesi inziale e quindi l’inconsistenza della tesi sostenuta dall’autore, postosi come erede di una tradizione (ma di solito si preferisce usare la maiuscola: Tradizione) che si era tentato, con questo artifizio, di dare per consolidata.

Tuttavia, la letteratura sui Templari è talmente sconfinata che qualcosa può sempre sfuggire. E più la materia è sconfinata, più occorrono prudenza e umiltà. Per cui, ogni informazione, integrazione o correzione che i lettori avranno la cortesia di segnalare saranno oggetto di sincera gratitudine verso coloro che le avranno formulate. Intanto però, pare proprio che Crema e il suo territorio siano tra i pochi luoghi della nostra penisola rimasti, per così dire, “Templars free”. Ormai in Italia tutti riescono a scoprire qualche traccia templare a casa loro. Invece noi cremaschi non ci riusciamo proprio, almeno riferendoci a qualcosa di documentato, ragionevole e credibile. Siamo i soliti bastian contrari. Mi viene in mente quel locale di Madrid in cui era affisso un cartello con la scritta “Hemingway nunca estuvo aquì”. Ecco, noi potremmo scrivere, per i nostri turisti sempre più internazionali, un avviso con la scritta “Templars have never been here”.

Così come per i Templari storici, forse varrebbe la pena di analizzare e studiare meglio, per quanto riguarda la città di Crema e il suo territorio, anche le vicende del templarismo moderno, che come si è detto si manifesta tra l’inizio del XVIII secolo e questo primo quarto del XXI secolo. Sarebbe forse più difficile trovare in tal senso delle evidenze settecentesche. Forse si potrebbe reperire più agevolmente qualcosa in proposito in un secolo come l’Ottocento, spesso caratterizzato da dinamiche esoteriche e iniziatiche di varia origine e di ancor più varia configurazione, foggia e costumanza. Quanto al XX secolo e al primo quarto del XXI, soprattutto in relazione all’ultimo cinquantennio, non dovrebbero mancare, per gli eventuali studiosi di questo fenomeno, in relazione alla nostra realtà cremasca, riscontri tanto abbondanti quanto significativi.

Ho infatti l’impressione che un certo “fumus Templi”, soprattutto di recente, si stia manifestando anche da noi. Se riguardo ai Templari storici abbiamo sinora, in riferimento alla nostra città e al nostro territorio, soltanto fragili ipotesi storiografiche e trame romanzesche, peraltro talvolta narrativamente apprezzabili, sui neotemplari più recenti potremmo invece avere probabilmente soltanto l’imbarazzo della scelta. Poiché però il continuo sgranarsi e frazionarsi di queste associazioni templariste negli ultimi decenni costituisce una indubbia complicazione nell’affrontare tale materia, la metodologia d’indagine dovrebbe essere in proposito molto rigorosa. Assomigliando sempre di più questo mondo neotemplare a un formicaio pieno di movimentate deviazioni, contrapposizioni e sorprese, l’occhio dell’osservatore non dovrebbe essere quello del fervido cultore di misteri, enigmi e segreti ma quello razionale e scientifico dell’entomologo.

Sulla Villa Barni del Roncadello, si rinvia a Giorgio Zucchelli, “Le ville storiche del Cremasco”, Primo Itinerario, Crema, Libreria Edtrice Buona Stampa, 1997, pp. 91-106.

Per una sintetica presa di contatto con il complesso mondo del neotemplarismo, si vedano la già richiamata opera di Introvigne e Zoccatelli, per le citate parti riferite agli Ordini neotemplari (il testo è disponibile anche in rete), e Michele Allegri, Irene Sarpato, “Dossier: i nuovi Templari”, Milano, Italia Nuova Editori, 2009.

Sulle derivazioni templariste non di tipo massonico, ad esempio quelle basate sulla carta di trasmissione di Larménius, considerata però un falso storico dalla storiografia ufficiale, la bibliografia è così sterminata che questa materia meriterebbe un articolo a parte.

Sulle derivazioni templariste di tipo massonico, è possibile trovare una letteratura più ordinata e consolidata, però sempre così estesa (le Obbedienze e i Riti massonici sono numerosi e di non semplice comprensione) da necessitare, anche in questo caso, di una trattazione specifica.

Il conte Gastone Ventura (1907-1981), viceammiraglio e scrittore, è stato autore di numerose pubblicazioni, tra le quali “Templari e Templarismo”, del 1964 (con ristampe anastatiche di Atanòr, Roma).

Nell’immagine, la Villa Barni al Roncadello di Dovera.

 

Pietro Martini


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