1 settembre 2023

Il Sessantotto a Crema, nel cinquantesimo anniversario della sua fine

Crema, settembre 1973. In quel mese di settembre di mezzo secolo fa, avevamo capito che una presenza importante ci stava lasciando. Una presenza che negli anni precedenti aveva mostrato buona salute e vitalità. Poi la sua tempra si era indebolita e ormai la sua fine era arrivata. Oggi, nel cinquantesimo anniversario della sua dipartita, commemoriamo la scomparsa del Sessantotto cremasco. 

Rispetto alle persone fisiche, che manifestano l’inizio e la cessazione delle loro funzioni vitali in modo generalmente certo e oggettivo, i fenomeni storici e culturali nascono e muoiono, in termini temporali, in modo meno preciso. Per questo motivo, qualcuno potrebbe asserire che il cinquantesimo anniversario della fine del Sessantotto cremasco debba essere collocato in modo diverso, non in settembre ma in un altro mese. Oppure l’anno successivo o magari anche più tardi. Resta il fatto che il 1973 è proprio l’anno in cui sono venuti meno i suoi principali elementi vitali. Vedremo adesso quali siano stati questi elementi. E vedremo poi che cosa sia successo dopo l’apertura della successione del Sessantotto cremasco, con la devoluzione della sua eredità e dei suoi legati. Il de cuius ha avuto infatti parecchi eredi e legatari, che hanno beneficiato di un asse ereditario cospicuo e proficuo.

Va precisato innanzitutto che qui non si tratta del Sessantotto delle fabbriche, delle lotte operaie, dei rinnovi contrattuali collettivi ma del Sessantotto della contestazione giovanile, delle agitazioni studentesche, delle assemblee, dei megafoni, dei dibattiti, degli slogan e dei pugni chiusi durante i cortei. Nonostante i volonterosi tentativi degli zelanti narratori di un’ipotetica saldatura politica tra le lotte operaie e la contestazione degli studenti, quest’ultima è stata qualcosa di ben distinto e poco collegabile, nei fatti, a quelle lotte, sia a livello nazionale, sia a livello locale. Ma chi era il nostro Sessantotto?

Il bimbo era nato da genitori certi, in un paio di assemblee liceali del 9 e del 16 ottobre 1968, anche se dopo la sua scomparsa si è cercato di ipotizzarne una paternità più spirituale e un concepimento più mistico. Pur nella consapevolezza del brocardo di diritto romano per cui “mater semper certa est, pater numquam”, ci si attiene in questa sede all’ipotesi della filiazione legittima in quelle due assemblee liceali. Il ragazzo era cresciuto nutrendosi di tre alimenti principali. Il primo era il gruppo politico marxista-leninista e maoista noto come Collettivo. Il secondo era il movimento locale del marmirolismo, sviluppatosi in ambito studentesco e favorito da alcuni docenti sindacalizzati, collegati a talune centrali sindacali e di partito. Il marmirolismo cremasco era ispirato anche al donmilanismo del tempo. Il terzo era Teatro Zero, forse il principale soggetto di qualche valenza culturale in quell’ambito politico. Questi tre alimenti nutritivi principali sono diventati i tre elementi costitutivi fondamentali della sua esistenza. Quando tutti e tre questi elementi sono venuti a mancare nel 1973, la sua esistenza si è conclusa.

Ovviamente un fenomeno rilevante come il Sessantotto cremasco, intendendo come si è detto quello della contestazione giovanile e studentesca, meriterebbe non poche righe ma contributi conoscitivi, esplicativi e valutativi molto più approfonditi. Infatti, prima che il defunto spirasse, per circa un lustro la città di Crema era stata coinvolta nelle sue imprese. L’aver citato solo i suoi tre principali elementi costitutivi ed evolutivi, peraltro in modo così sbrigativo, risponde solo all’intento di non appesantire troppo il presente testo, trattandosi qui soprattutto dei modi e dei tempi in cui si è svolto il trapasso finale dell’estinto, nella ricorrenza di questo cinquantesimo anniversario. E ciò dando per scontato che il lettore sia stato già edotto, nel precedente mezzo secolo, da un’ampia letteratura in merito alle cause e alle concause, alle componenti e ai dirigenti, alle evoluzioni e alle circonvoluzioni, alle imprese e alle contese del Sessantotto cremasco. Comunque, sugli inizi della contestazione a Crema, sulla sua affermazione e diffusione, sulle contrapposizioni al liceo scientifico e sulle relative manovre sindacali e di partito, sul massimo sviluppo della contestazione e infine sul suo rapido declino si forniranno, alla fine di questo articolo e a titolo meramente esemplificativo, alcuni riferimenti testuali.

Va notato come il periodo di massima crescita e fortuna del Sessantotto cremasco preceda di poco la sua fase terminale, giunta in modo abbastanza repentino. Questo periodo di massima espansione, incisività e popolarità corrisponde grosso modo, a Crema, all’anno scolastico 1971-1972. È infatti tra l’ottobre del 1971 e il giugno del 1972 che il Collettivo e Teatro Zero raggiungono l’apice della loro azione politica e culturale, utilizzando soprattutto il marmirolismo per ottenere un consenso e una visibilità mediatica veramente notevoli. Il Collettivo e Teatro Zero sono uniti da un patto politico che è anche organizzativo e, per certi versi, pure economico: “il Collettivo trovava le piazze, il T. Z. contribuiva generosamente coi suoi proventi alla pubblicazione del giornale”, dice uno dei protagonisti di allora, riferendosi al giornale del Collettivo. In realtà è solo al liceo scientifico che la contestazione studentesca ottiene significativa partecipazione e rappresentanza. Nelle altre scuole cittadine il Collettivo ha un numero di attivisti e simpatizzanti molto limitato. Inizialmente, al liceo classico, anche per la vicinanza fisica dei due istituti, sembra che si possa formare una componente di qualche rilievo, soprattutto in alcune classi. Ma quella che viene allora definita come la battaglia del classico vede alla fine, nella primavera del 1972, una battuta d’arresto e una sostanziale sconfitta del Collettivo rispetto alle formazioni politiche avversarie esistenti al liceo classico, in termini numerici nelle assemblee interne e in senso territoriale per quanto riguarda il controllo fisico degli ambienti scolastici.

Il culmine delle agitazioni studentesche, tra gli ultimi mesi del 1971 e l’estate del 1972, si basa anche sulle scelte, sulle attività e sulle capacità dimostrate nei tre anni precedenti dagli studenti contestatori e dai docenti impegnati politicamente e sindacalmente nella SISM-CISL e nella CGIL Scuola. Infatti anche il triennio che precede l’acme ideologico e mediatico del Sessantotto cremasco è denso di avvenimenti, situazioni e circostanze non casuali e rispondenti a un crescendo politico che appare riferibile a logiche e prospettive non estemporanee o fortuite. Per di più, vanno tenute presenti, in questo percorso evolutivo pluriennale, anche le istanze espresse dalla cosiddetta “contestazione dei cattolici”, a partire dalle prese di posizione di formazioni come Mani Tese, il Gruppo di Vaiano, il Gruppo di Castelnuovo, la FUCI, i Cristiani per il Socialismo, il Gruppo Adesso, gli Scout e altri gruppi locali. I fremiti della contestazione giovanile agitano anche non poche tonache del Seminario. Se, da un lato, certi successivi tentativi storiografici di enfatizzare le “radici cattoliche” del Sessantotto cremasco possono ritenersi piuttosto fuori misura, alla luce del marxismo-leninismo, del maoismo e del beffardo anticlericalismo del Collettivo e di Teatro Zero, da un altro lato non va dimenticata la rilevanza che il “dissenso cattolico”, ispirato all’evangelismo sociale, al terzomondismo rivoluzionario e al sacerdozio operaio, poi sconfessati dalle autorità ecclesiastiche, ha avuto anche nel nostro territorio.

Tornando alla ricorrenza e alla commemorazione della fine del Sessantotto cremasco, vediamo come ha avuto inizio la sua fase terminale e quali sono stati i passaggi principali verso la sua agonia. Dopo il periodo di massimo successo, collocabile come si è detto tra l’autunno del 1971 e la metà del 1972, la contestazione studentesca cremasca entra in crisi. Nel settembre del 1972 il Collettivo, che sta rapidamente perdendo la sua spinta propulsiva, diventa una formazione organica al Movimento Studentesco di Milano, cambiando nome e linea politica. L’operazione è abbastanza ben documentata, nei suoi motivi, nei suoi obiettivi e nei suoi autori. Non sarà un successo, e questo a Crema è chiaro a molti, sin dall’inizio. Al principio del 1973 si avvia alla conclusione anche l’ultimo atto dello psicodramma politico-didattico che ha visto protagonisti mons. Giovanni Bonomi e Margherita Marmiroli. Quest’ultima è stata trasferita a Bologna sin dall’ottobre del 1971 ma le successive esternazioni del preside sulla stampa locale gli hanno causato una querela da parte dell’insegnante. Nel marzo del 1973 la querela viene ritirata dalla docente, che poi muore nel 1974. Si definisce il pensionamento del preside, con la cessazione del suo incarico dall’anno scolastico 1973-1974.

Le iniziative studentesche svolte nel 1973 sono limitate di numero ed evidenziano una partecipazione progressivamente sempre più scarsa. Il 12 gennaio si svolge un corteo di protesta per le vie cittadine; successivamente si imbandiscono dei tavoli in piazza Duomo per chiedere la mensa scolastica; poi si svolge la Festa delle Fabbriche alla Colonia Seriana; alcuni studenti partecipano a qualche assemblea di fabbrica nel territorio cremasco; in settembre viene organizzato un corteo contro il golpe in Cile. Forse il fatto di maggior rilievo riguarda ancora il liceo scientifico, dove a maggio si svolgono delle affissioni irregolari che provocano la reazione del preside e momenti di tensione. Dopo la fine del Collettivo e del marmirolismo, anche Teatro Zero chiude i battenti. Tra i vari fatti che nel 1973 possono essere presi a riferimento per sancire simbolicamente la fine del Sessantotto cremasco, si ritiene di indicare l’ultima rappresentazione di Teatro Zero nel settembre del 1973, quella di “Volpone”. La contestazione studentesca cremasca non muore a Crema ma al castello visconteo di Pavia, dove viene allestita l’opera di Ben Jonson. Da quel momento in poi si può parlare, più che altro, di fenomeni post mortem del Sessantotto cremasco. Oppure, come si è detto, della sua eredità e dei suoi aventi causa.

Nel febbraio del 1974 avviene la rottura definitiva tra il Movimento Studentesco di Milano e quel che resta a Crema della sua propaggine locale, l’ex-Collettivo. A tale frattura segue, in pochi mesi, la definitiva scomparsa degli ultimi avanzi di questa formazione politica. A giugno chiude anche il giornale dell’ex-Collettivo. La vicenda di questa frattura è in parte collegata, tra le altre cose, alla nascita della cooperativa libraria L’Albero del Riccio. Qualcuno fa coincidere la fine del Sessantotto cremasco con questi eventi conclusivi dell’esistenza dell’ex Collettivo. Tuttavia, a ben vedere, nel 1974 si è già entrati in una situazione di rigor mortis della contestazione studentesca cremasca, che nel corso di quell’anno organizza soltanto un corteo cittadino il 25 aprile, una manifestazione dopo la strage di Brescia e poco altro. Appartengono a vicende ulteriori anche l’arrivo a Crema di Comunione e Liberazione nel 1973; le azioni di Avanguardia Operaia tra il 1973 e il 1975; l’esperienza del Cortile della Lega tra il 1974 e il 1975; l’attività musicale del gruppo Piazza delle Erbe tra il 1973 e il 1976, dal Saltaranocchio, successivamente inciso nel 1976, al coinvolgimento musicale nell’adattamento del Faust, rappresentato nel 1976; l’affissione di manifesti non autorizzati, ritenuti osceni e volgari dalle autorità scolastiche e, risaputo il fatto, anche dalla stampa locale, al liceo scientifico nel dicembre del 1975; l’attività del Collettivo Autonomo Donne dal 1977 al 1981. Sono tutte vicende degne di considerazione, che però appartengono ormai alla tanatologia medico-legale del Sessantotto cremasco.

Anche a Crema il Sessantotto della contestazione giovanile ha lasciato una rilevante eredità, non solo politica, in senso sia amministrativo locale che parlamentare nazionale, ma anche culturale, artistica, teatrale, musicale, editoriale e giornalistica, per non parlare di altri aspetti lasciati in legato specifico. In questa sede, per limiti di spazio, si potrà fare cenno solamente, in estrema sintesi, all’eredità politica, a quella artistica (soprattutto musicale e teatrale) e a quella giornalistica. Come si è detto, gli eredi e i legatari del Sessantotto cremasco sono stati numerosi e la devoluzione successoria ha necessitato di esecutori testamentari che regolassero le operazioni riguardanti gli aventi causa. Questi esecutori testamentari sono stati i partiti politici che maggiormente avevano interloquito con gli studenti contestatori e con i docenti politicizzati e sindacalizzati facilitatori delle agitazioni studentesche cremasche. Innanzitutto il PCI e poi, in misura molto minore, il PSI. Naturalmente un fenomeno complesso e differenziato come il Sessantotto cremasco non può essere ridotto a una sorta di macchinazione o complotto da parte del PCI locale. Sarebbe una visione semplicistica e superficiale delle cose e dei fatti. Tuttavia, non si può neppure ignorare che, soprattutto da un certo momento in avanti, si realizzi a Crema un’abile e progressiva appropriazione degli sviluppi e degli esiti della contestazione giovanile studentesca, soprattutto da parte del PCI, con una partecipazione molto minoritaria del PSI.

Prima di fare cenno all’eredità politica, culturale e giornalistica del Sessantotto cremasco, va citato un aspetto di poco successivo alla sua fine. Nel 1974 si verifica infatti una situazione che riguarda molti protagonisti delle agitazioni giovanili cremasche. L’ANPI organizza l’operazione Nuova Resistenza. Il tesseramento inizia nel 1973 ma è nel 1974 che risulta il maggior numero di tessere, con una coda nel 1975. L’iniziativa parte a livello provinciale e viene condotta per singola sezione territoriale del PCI, alla luce dei legami tra questo partito e l’ANPI. A Crema il soggetto che gestisce per l’ANPI questo reclutamento è lo stesso che nel PCI era stato, insieme al responsabile della locale Camera del Lavoro, il principale sostenitore e realizzatore dell’interlocuzione con le forze della contestazione studentesca. Nel territorio cremasco risultano nel 1974 circa 120 tessere, almeno stando ai riscontri ufficiali d’archivio, anche se probabilmente il numero potrebbe essere superiore, tenuto conto delle numerazioni apposte. Il costo individuale della tessera è di mille lire, in valuta dell’epoca. Di queste tessere, una quarantina è in capo a numerosi profili professionali e a varie fasce di età, dai 20 agli 83 anni. Il dato interessante, in questa sede, è che più di una sessantina di tessere riguarda studenti delle medie superiori e studenti universitari. Balza all’occhio una notevole coincidenza con gli studenti più attivi nel Sessantotto cremasco, appena concluso. L’età varia dai 14 ai 25 anni, con il principale addensamento di età tra i 18 e i 20 anni. Il secondo dato interessante è quello del numero degli insegnanti tesserati, quasi una ventina. Inutile dire che in buona parte si tratta di docenti molto attivi nel Sessantotto cremasco, a ulteriore conferma del fatto che il Sessantotto degli studenti, anche a Crema, ha potuto contare in modo decisivo sul Sessantotto dei professori. Più in generale, resta il fatto che, subito dopo la fine della contestazione studentesca, c’è chi attua un censimento per tesseramento di gran parte dei protagonisti di quel periodo, in particolare studenti e docenti. Questo tesseramento può anche essere visto, naturalmente solo in parte, stante la valenza più generale dell’iniziativa, come un tentativo di raccogliere a Crema un po’ di cocci dell’ex-Collettivo. Oppure come un’operazione utile per definire dove orientare la scelta di un certo numero di studenti contestatori da cooptare nelle strutture di partito. Fatto sta che ne risulta coinvolto un numero molto significativo di protagonisti del Sessantotto cremasco. Le tessere sono compilate con dati personali e viene da pensare all’utilità di un possibile database consuntivo della contestazione cremasca e ai suoi eventuali utilizzi.

Quando il Sessantotto a Crema è ormai finito, i partiti della sinistra si preparano alle vittoriose elezioni amministrative del 1975. Va detto che si preparano molto meglio dei partiti avversari, grazie anche all’onda lunga della contestazione giovanile, un’onda certamente culturale ed emotiva, ma anche organizzativa e propagandistica. Infatti il rodaggio mediatico posto in essere nel periodo delle agitazioni studentesche risulta molto proficuo a quei fini elettorali. Ed è proprio la vittoria in queste elezioni che consente al PCI e ai suoi alleati di gestire utilmente l’eredità del Sessantotto cremasco, in una posizione di continuità ideale con quelle esperienze e attraverso l’elargizione di riconoscimenti politici nelle istituzioni locali ai soggetti già attivi nelle lotte degli anni precedenti. Questi soggetti vengono quindi, in un numero limitato di casi, cooptati come apparatčiki di partito oppure, più semplicemente, in casi più numerosi, sono scelti come delegati investiti di mandati pubblici nei nuovi assetti politici territoriali, senza entrare a pay-roll nel partito ma rimanendo comunque organici allo stesso. Da ricordare, in queste fattispecie interne d’apparato, anche le premesse di significative carriere a livello parlamentare. Da questa vittoria del PCI e dei suoi alleati hanno inizio a Crema cinque anni di egemonia politica e culturale della sinistra. Il PCI e, in misura molto più ridotta, il PSI sono dunque gli esecutori testamentari dell’eredità del Sessantotto cremasco. È soprattutto il PCI l’artefice di questa devoluzione ereditaria. Per i partiti della sinistra, con la vittoria alle elezioni del 1975, dopo gli anni della semina arrivano gli anni della raccolta. È così che l’eredità politica della contestazione giovanile trova i suoi eredi e assegnatari, in senso sia amministrativo locale che parlamentare nazionale. Ma come si è detto, i meccanismi premiali verso i protagonisti delle agitazioni studentesche non riguardano solo la politica in senso stretto. Impattano anche su altri ambiti e hanno molti altri beneficiari.

Veniamo dunque alla parte di eredità culturale del Sessantotto cremasco. Trattandosi di una parte molto cospicua di eredità, in termini artistici, teatrali, musicali ed editoriali, lo spazio qui non può bastare e ci si limita quindi, in questa sede, a richiamare soprattutto una porzione rilevante ma certamente non esaustiva del lascito. L’eredità culturale del Sessantotto cremasco meriterebbe infatti un articolo a parte. Qui non si può far altro che ricordare, soprattutto, l’esperienza di Recitarcantando, che tra l’altro riguarda un ambito non solo municipale ma provinciale. Questa esperienza è preceduta dall’iniziativa “Si va per cominciare”, che nel 1975 segna a Crema, anche nel proprio titolo, l’inizio del nuovo corso politico e culturale cittadino. Il nuovo assessore alla cultura del PRI, componente della nuova giunta PCI-PSI-PRI, affida l’incarico di questa manifestazione culturale a due precedenti protagonisti della contestazione studentesca e di Teatro Zero. L’anno successivo, gli stessi due incaricati sono scelti per organizzare, a livello provinciale, un’importante e articolata rassegna culturale di musica, teatro e arti dell’espressione, che prende il nome di Recitarcantando. La rassegna dura dal 1976 al 1986, anche se i due conduttori la gestiscono fino al 1979, quando subentrano altri responsabili. Anche in provincia a Cremona i partiti della sinistra hanno vinto nel 1975 le elezioni amministrative e stanno iniziando il loro nuovo corso culturale. Il nuovo assessore alla cultura provinciale è stato pochi anni prima docente di storia e filosofia dei due studenti contestatori. Molto impegnato politicamente nel Sessantotto cremasco, munito di tessera del PCI, questo docente aveva insegnato al liceo scientifico nell’anno scolastico in cui i due studenti, compagni di classe, avevano sostenuto l’esame di maturità. Era poi passato al liceo classico nel triennio 1969-1972. Naturalmente le ragioni della scelta di questi due referenti da parte di tale assessore, condivisa con il presidente comunista della provincia di Cremona e con il sindaco socialista di Crema, non erano state allora soltanto di natura politica ma derivavano soprattutto dal valore dei due prescelti, come il successo della manifestazione ha poi dimostrato. E d’altra parte è normale che ogni leadership politica esprima le proprie istanze culturali tanto nella scelta dei contenuti, quanto nella scelta dei soggetti incaricati di gestirli.

Recitarcantando ha rappresentato una parte molto rilevante e significativa della cultura ereditata dal Sessantotto e ha costituito un progetto musicale, teatrale ed espressivo molto innovativo e anticipatorio. Si consideri che la prima edizione dell’Estate Romana, celebre manifestazione culturale ideata da Renato Nicolini, ha avuto inizio nel 1977, un anno dopo il debutto della rassegna culturale cremonese condotta dai due esponenti del Sessantotto studentesco cremasco. I quali nel 1979, nemmeno trentenni, vengono chiamati alla direzione dell’organizzazione artistica del Teatro alla Scala di Milano, proseguendo così una carriera teatrale di notevole successo. A questo proposito, non si può non citare, tra le carriere artistiche intraprese dagli elementi più rappresentativi di Teatro Zero dopo il 1973, quella di Carlo Rivolta, che in quell’anno assume la direzione del Teatro Fraschini di Pavia, mantenendo questo incarico fino al 1981. Dal 1985, anno dell’inaugurazione del Teatro alle Vigne di Lodi, diventa direttore di questa struttura teatrale, di cui resta responsabile fino al 1989. L’eredità culturale e soprattutto teatrale del Sessantotto cremasco passa in buona misura attraverso la vicenda personale e artistica di questo attore, regista e principale artefice dell’esperienza di Teatro Zero. Anche altri protagonisti della contestazione giovanile e in alcuni casi di Teatro Zero hanno fornito un contributo importante a questa eredità culturale lasciata dagli anni delle agitazioni studentesche. Purtroppo i limiti di spazio non consentono in questa sede ulteriori citazioni e richiami alle loro esperienze e vicende. Basti quindi concludere, su tali aspetti, che si è trattato di un’eredità molto cospicua.

Mentre il discorso sui beneficiari politici e sui beneficiari culturali dell’eredità lasciata dal Sessantotto cremasco può essere svolto in modo abbastanza agevole, va detto che la parte di eredità giornalistica trasmessa dal Sessantotto cremasco presenta non poche difficoltà di lettura e di interpretazione. Innanzitutto esiste un certo iato temporale tra le ultime pubblicazioni del giornale del Collettivo, il materiale ciclostilato, i volantini e i fogli di propaganda degli anni della contestazione studentesca, da un lato, e le prime esperienze significative del successivo giornalismo di “controinformazione cremasca”. Tra gli autori che dal 1977 scrivono sulla “stampa cremasca non allineata” ce ne sono diversi che sono stati esponenti della contestazione studentesca. Soprattutto, l’humus politico è molto simile e in parecchi casi è proprio lo stesso. In diverse occasioni, i contenuti pubblicati riprendono fatti, idee e vicende riguardanti gli anni delle agitazioni giovanili. Inoltre si ospitano testimonianze e rimembranze dei protagonisti di quella temperie politica e culturale. Di sicuro, i due giornali considerati “nemici di classe” dai contestatori cremaschi negli anni precedenti continuano a essere avversati dai nuovi “giornali indipendenti”, che seguitano a combattere contro il loro “monopolio delle notizie”. Tutto sommato, il fil rouge tra il Sessantotto cremasco e la “stampa autogestita” degli anni successivi appare abbastanza indiretto ma, a ben vedere, piuttosto evidente, soprattutto nel primo decennio di questo “giornalismo alternativo”. Per tali motivi, con le maggiori cautele del caso, si ritiene di richiamare in questa sede anche questa eredità giornalistica, tra quelle lasciate dal Sessantotto cremasco agli anni successivi. Ciò che forse distingue questa parte di eredità del nostro Sessantotto rispetto alle altre è una certa maggiore difficoltà di controllo da parte dei partiti locali nella gestione della successione ereditaria e nell’investitura dei soggetti beneficiari. In questa “stampa libera”, i meccanismi premiali di partito, che arrivano dall’alto, devono fare i conti con forme di autodeterminazione autonome, che si manifestano dal basso. Tanto che spesso ci sono prese di posizione molto critiche, da parte di queste nuove testate, nei confronti dell’establishment partitico locale.

Tra i vari giornali presi in esame, si citano in questa sede solo i tre principali, per ragioni di necessaria sintesi. Punto a capo è un mensile che viene pubblicato dal marzo 1977 al settembre 2004. All’inizio esce come supplemento di altri giornali, come il Manifesto, il Quotidiano dei lavoratori, Unità proletaria e Democrazia proletaria. Poi, dal 1980, viene registrato come pubblicazione autonoma. La sua prima sede è a Crema, in via San Bernardo. La primogenitura, in questo ambito di testate, spetta a questo giornale, che vanta una notevole durata temporale. L’area politica è quella sostanzialmente a sinistra del PCI. Ipotesi 80 è un altro mensile, che viene pubblicato dal marzo 1979 al dicembre 1985. Per i primi tre anni esce come supplemento dell’Eco del Popolo, poi come testata autonoma. Ha la sede a Crema, in via Verdi. L’area politica non è lontana dalla sfera d’azione socialista, sia pure con molti distinguo, dovuti anche a una certa eterogeneità ideologica degli autori. Tra le varie inchieste svolte, è celebre lo scoop giornalistico sull’evasione fiscale a Crema. Anche Kontatto è un mensile, che viene pubblicato dal gennaio 1986 al dicembre 1989. È subito registrato in proprio. Ha la sede a Crema, per i primi due anni in via Crocefissa di Rosa e per i due anni successivi in via Roggia Comuna, in frazione di Ombriano. Dopo un paio di tentativi legati ai partiti, il giornale persegue un modello di informazione “finanziato da un editore puro” e “non funzionale ad intenti elettorali”. Diversi suoi autori hanno avuto trascorsi di un certo rilievo nel Sessantotto cremasco. Ma i tempi sono cambiati. Ne risulta un giornale dai validi contenuti culturali e specchio di una realtà in cui la vecchia devoluzione ereditaria del Sessantotto comincia a essere presa con beneficio d’inventario. Concludendo questa parte giornalistica, non si richiamano in questa sede i giornali specifici dei partiti politici cremaschi. Basti ricordare che, in molti casi, su questi fogli di partito hanno scritto soggetti già protagonisti del nostro Sessantotto locale, a volte anche con responsabilità redazionali o direzionali.

Il cinquantesimo anniversario della fine del Sessantotto cremasco costituisce una ricorrenza memoriale importante. Mezzo secolo è un periodo temporale notevole. Forse però non è ancora arrivato il momento, a Crema, per una sufficiente storicizzazione del Sessantotto locale. In ogni caso, comunque si valuti questa esperienza, è difficile negarne la rilevanza. Non tanto in termini oggettivi e concreti, in quanto la contestazione studentesca non ha minimamente modificato gli assetti economici, sociali e civili, di ceto e di censo, della realtà cremasca. Anche perché a gridare “borghesi ancora pochi mesi” erano molto spesso i figli dei borghesi cremaschi. Invece, le agitazioni giovanili di quegli anni sono state rilevanti per gli afflati e i sentimenti, le illusioni e le speranze, le idealità e i sogni di tanti adolescenti che allora frequentavano le scuole, i ritrovi giovanili, le assemblee e i cortei. Sono cose che rappresentano un patrimonio importante, per le persone. Ecco perché, ancora cinquant’anni dopo, è difficile storicizzare il Sessantotto cremasco. Questo perché, anche mezzo secolo dopo, non si possono sterilizzare le emozioni e le passioni, gli amarcord e i reducismi, i ricordi e le nostalgie. Il Sessantotto non può essere già memoria storica comune perché è ancora troppo vivo in molte singole memorie individuali.

La memoria del proprio passato rappresenta un elemento molto importante per gli esseri umani. Ogni soggetto e ogni generazione, avviandosi al proprio epilogo naturale, tendono ad aumentare i propri processi memoriali. È fattuale che con il passare degli anni, per i singoli individui e per le corrispondenti fasce generazionali, il futuro si accorci e il passato si allunghi, con le conseguenti implicazioni cognitive e intellettive. Ovviamente l’esistenza di meccanismi biologici mnemonici è qualcosa di importante sin dalla nascita, in ambito sia animale che vegetale. Anche la nostra specie è dotata di facoltà memoriali che le neuroscienze e la biogenetica stanno progressivamente esplorando. Però sono più i vecchi dei giovani ad avere, per forza di cose, memorie, ricordi, rimembranze. Fermo restando che ci possono anche essere vecchi smemorati o magari intenzionalmente disinteressati al ricordo del passato. Questa maggiore o minore persistenza della memoria, per citare il dipinto di Dalì del 1931, può portare a volte a deformazioni degli elementi oggetto di reminiscenza, proprio come accade agli orologi molli di quel quadro. In ogni caso, con o senza distorsioni memoriali, con il progredire dell’età e con l’avvicinarsi dell’esito biologico del percorso vitale, le nostre dinamiche neuronali continuano a consentirci di conservare il nostro vissuto, al quale diventiamo sempre più affezionati, e ci danno la possibilità del ricordo, che in genere è il ricordo di qualcosa ritenuto importante per noi ma spesso anche per gli altri. La memoria del Sessantotto appartiene a questa forma di valorizzazione di un passato ritenuto di rilevanza non solo individuale ma anche collettiva. Non importa se poi le cose non sono andate come allora si voleva che andassero. Importa che si sia combattuto, che si sia lottato, che si sia creduto. Spesso è proprio questo che si ricorda di più: che noi credevamo.

Nel corso della Storia, sono state frequenti queste correlazioni tra i contenuti memoriali prodotti dai modelli cognitivi individuali e generazionali, da un lato, e gli eventi reali accaduti in quella determinata epoca, dall’altro. Questo meccanismo facilita da sempre l’elaborazione di tematiche celebrative e commemorative, soprattutto da parte dei soggetti di maggiore anzianità. Per dare valore alla memoria è infatti importante poter dire di aver vissuto certi eventi in modo diretto e non solo per sentito dire. Il fenomeno del reducismo, così rilevante anche per il Sessantotto, consiste molto spesso nella possibilità, per l’anziano testimone del tempo che fu, di poter affermare “c’ero anch’io”, come diceva il titolo di una trasmissione diffusa agli albori della nostra televisione (“… e alla fine voi potrete dire: c’ero anch’io”, così affermava la voce fuori campo al termine di ogni episodio). È normale che, di conseguenza, a una certa età si diventi un laudator temporis acti. Per questi motivi il Sessantotto cremasco non può essere ancora storicizzato. Ma in fondo, per questi stessi motivi, a mezzo secolo di distanza dalla sua fine, merita tutta la nostra comprensione e tutto il nostro rispetto. E forse merita anche, da parte di chi allora combatteva sull’altro versante della barricata, l’onore delle armi.

Si danno, al termine di questo articolo, i riferimenti testuali indicati all’inizio. La letteratura sul Sessantotto cremasco è molto abbondante. Ci si limita ad alcuni testi, citati a titolo meramente indicativo.

Renato Solmi, Il trasferimento di Margherita Marmiroli e le lotte degli studenti a Crema, in “Chi insegna a chi?, AA. VV., Torino, Einaudi, 1972.

Gregorio Sangiovanni, Esperienza pratica e formazione morale-intellettuale di un movimento di giovani a Crema, Tesi di laurea, A. A. 1974-1975, Università degli Studi di Milano.

Piero Carelli, Il Sessantotto a Crema, in “Il Nuovo Torrazzo”, 23 maggio 1998, riproposto sullo stesso settimanale il 13 luglio 2018, poi pubblicato in appendice a Guido Antonioli, Lo scandalo dei manifesti allo scientifico, Crema, 2019.

Piero Carelli, Il dissenso cattolico a Crema, in “Polis”, VIII, ottobre 1998.

Piero Carelli, Soffiava il vento a Crema (con altri AA. VV.), Crema, Centro Ricerca Alfredo Galmozzi, 2001.

Andrea Galvani, Fuori dal coro. Storia della stampa cremasca non allineata, Spino d’Adda, Tipografia Grafica G. M., 2015.

Angelo Dossena, Gregorio Sangiovanni, Recitarcantando. L’invenzione della politica culturale. Il primo esempio in Italia, 2016.

Pietro Martini, Controvento, in “Insula Fulcheria”, L, Cremona, Fantigrafica, 2020, disponibile e scaricabile in rete.

Nel 2016 la Provincia di Cremona ha conferito all’Archivio di Stato di Cremona il patrimonio documentario (testi, materiali, fotografie) di Recitarcantando. Si vedano sul sito di questo Archivio la relazione a corredo di Nicola Arrigoni e l’inventario dei faldoni con i contenuti delle manifestazioni.

Per Nuova Resistenza, si veda presso l’Archivio di Stato di Cremona la documentazione a suo tempo conferita dall’ANPI, nel Fondo ANPI, Busta 13 (tessere) e Busta 8 - Fascicolo 1 (altri documenti).

 

Pietro Martini


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commenti


Vittorio Dornetti

1 settembre 2023 18:24

Articolo informatissimo e molto preciso. Generoso anche il riconoscimento di una utilità del movimento da parte di un autore che la pensava diversamente. Resta il fatto che il 68, anche a Crema, ha marcato in modo deciso una insofferenza verso uno stato di cose non più sopportabile. E succederà ancora perché il nostro non è un mondo per giovani.

Pietro Martini

2 settembre 2023 15:24

Grazie per il commento e per la considerazione, espressi per di più da uno studioso di storia e letteratura così apprezzato e stimato.
Condivisibile la valutazione sull'insofferenza di allora e sulla reazione a quello stato di cose.
Per il futuro, molto dipenderà dai giovani di domani e dalla loro effettiva forza, volontà e fortuna. Come sempre.

ivana

5 settembre 2023 09:36

HA RAGIONE I GIOVANI DI OGGI PENSANO SOLO DROGA E NON VOGLIONO LAVORARE NE STUDIARE ! BUONGIORNO