21 agosto 2022

La crisi climatica mette in discussione anche i simboli ancestrali del fiume

La disastrosa condizione dei nostri corsi d’acqua ci porta a riconsiderare il nostro comportamento di fronte all’ambiente, al clima ma anche a rideclinare i significati che dall’antichità hanno accompagnato l’immagine del fiume e quindi i miti, i simboli e le metafore che esso ha saputo creare 

Infatti, di fronte allo scorrere del fiume, gli uomini e le donne di ogni epoca, cultura, continente, si sono trovati quasi senza volerlo a riepilogare tra sé il senso del proprio esistere: il percorso compiuto, le svolte, gli eventi cruciali e gli incontri, poi memorie e oblii. Il fiume sembra quasi sollecitare ad una rivisitazione autobiografica della personale vicenda esistenziale. Nessuna immagine simbolica della vita umana si rivela più calzante di quella del fiume: la vita dell'uomo scorre così come scorre un fiume nel suo letto, con tutte le deviazioni, la difformità di forme, la varietà degli ostacoli e dei passaggi, la molteplicità degli effetti che provoca, positivi e negativi… 

Sono soprattutto gli aspetti ambivalenti, contrastanti ma confluenti del corso d'acqua a rappresentare in noi stessi l’immagine della nostra storia personale, ma anche collettiva. Il contrasto principale riguarda il suo essere fonte vitale, a cui attingono piante, animali, gruppi umani, e, insieme, con il suo essere forza distruttiva inarrestabile che con le sue delle piene spazza via ogni cosa.  

Ma altri contrasti caratterizzano la realtà e l’immagine del fiume. La superficie della corrente, che appare come specchio in cui riflettere la propria immagine, nasconde fondali affascinanti, pesci fantastici, ma anche melma, gorghi, radici, cadaveri di annegati, di suicidi. Inoltre, il fiume da millenni è l'unione di comunità e civiltà, che attingono alla sua ricchezza, ma è anche “frontiera”, su cui si possono contrapporre genti che essendo su rive opposte diventano quasi di necessità “rivali” (non a caso il termine viene da rivus).

L’ambivalenza dei suoi simboli, che evocano sia vita, fertilità, rinascita, pacificazione, purificazione sia morte, distruzione, contaminazione, minaccia, conflitto, contribuisce a rendere così complessa e ricca di significati la simbologia del fiume. 

A connotare fortemente l’immagine del fiume è, inoltre, il suo essere luogo di transito in cui si fa esperienza del mutamento. Molto famosa è la definizione panta rei del filosofo greco Eraclito: “Non si può discendere due volte nel medesimo fiume”. 

Tutto cambia, tutto si trasforma, niente resta immutato: un concetto ben espresso dal paragone con il fiume, che pur apparentemente rimanendo uno e identico, in effetti continuamente si rinnova e si trasforma, cosicché è impossibile tuffarsi in esso più di una volta, perché la seconda volta, avendo rinnovato completamente le sue acque, non sarà lo stesso fiume della prima. 

Il fiume non ritorna alla sorgente. La sua immagine ci richiama l'impossibilità del ritorno se non nel ricordo o nel sogno. L'irreversibilità è la necessaria modalità umana di essere e di apparire. Impossibile il tornare delle acque alla sorgente, impossibile il rifare quanto accaduto, che è ormai diventato storia. Le scelte, le azioni sono perciò incancellabili, il che ci inchioda alla nostra responsabilità. Il fiume dunque come occasione di bilanci, per ogni essere dotato di coscienza di sé. 

Il fiume ha fatto nascere innumerevoli miti.  Molti scaturiscono dall’idea ancestrale che il fiume sia portatore di vita. Ecco che allora può capitare che nella mitologia il fiume trasporti un bambino, simbolo per eccellenza di una nuova vita. Un piccolo essere umano è stata affidato al fiume, o gettato nell’acqua con l’intento di farlo morire perché futuro antagonista di un potente per il dominio di un regno. Ma, nella mitologia, questo bambino, di solito, avrà fortuna e valore. 

Nel mito di Perseo, il re di Argo rinchiude la figlia e il neonato Perseo in una cassa che abbandona nelle acque. Solo l’intervento di Zeus fa sì che Perseo possa salvarsi e diventare poi eroe di tante imprese straordinarie. 

Il mito di Romolo e Remo ci è molto familiare, così come la vicenda di Mosè. Nel libro dell'Esodo si narra che un Faraone si spaventò della potenza che avevano acquisito gli Ebrei in Egitto, così cominciò a perseguitarli fino a far uccidere i loro primogeniti. Ma una madre mise il proprio figlio in una cesta foderata di bitume e lo affidò alle acque del Nilo. Il bimbo fu trovato da una principessa egizia, sterile, che lo chiamò Mosè ("salvato dalle acque") e lo fece crescere alla corte del Faraone come Principe d'Egitto. Ma un giorno Mosè seppe della sua vera nascita, e si avviò a diventare il profeta di Israele. 

Un ultimo esempio viene dalla mitologia greca. Quando il re di Tebe scoprì che la figlia aveva partorito un figlio, non credette che il padre fosse divino. Così, per nascondere la “vergogna”, mise la figlia e il bambino in un cofano e lo affidò alle acque. La donna morì, ma il bambino era incredibilmente vivo e fu accolto e allevato. Fu il "figlio della acque" destinato a grande gloria: si trattava, infatti, di Dioniso, Bacco, figlio di Zeus, destinato a diventare il dio del vino e dell'ebbrezza

Ma ancora più significativo è il fatto che la maggior parte dei miti sulla nascita del mondo mettono al centro l’acqua come principio creatore.  

Nel primo capitolo della Genesi, Dio “Disse: vi sia fra le acque un firmamento, il quale separi le acque superiori dalle acque inferiori. E così fu. E Iddio fece il firmamento, separò le acque che sono sotto il firmamento da quelle che sono al di sopra; e chiamò il firmamento cielo. Di nuovo fu sera, poi fu mattina: il secondo giorno”.

Omero chiama Oceano l'origine di tutti i viventi, anche degli dei. Era una divinità fluviale e con lo stesso nome venivano designati sia il fiume (o corso d'acqua) sia il dio, ciò che del resto si usava fare anche per le altre divinità fluviali. A lui era legata la dea Teti.

Secondo Esiodo, fiumi, figli di Oceano e Teti, erano circa tremila (tra i quali nomina il Nilo, il Po, il Danubio...). Dopo aver dato origine a tutto, anche quando il mondo non era più il caos ed era sotto il dominio di Zeus, Oceano continuò a scorrere agli estremi margini della terra, rifluendo in se stesso, in un circolo ininterrotto, alimentando mari, sorgenti, fiumi.

Il lento scorrere delle acque è un simbolo del flusso della memoria e dell’oblio. Per la mitologia greco-romana, il Lete è la divinità-fiume dell’oblio e Mnemosine quella della memoria: due figure mitiche poste come inseparabili e, ancor prima che antitetiche, quasi complementari. Mnemosine, dea fluviale, figlia di Urano (il Cielo) e di Gea (la Terra), è madre delle nove Muse, per l’unione con Zeus in nove notti d’amore. Nelle sue acque chiare, i residui delle vite vissute affiorano come granelli di sabbia e possono essere accolti da chi ha il privilegio di abbeverarsi. Anche gli dei devono attingere alle sue acque, se vogliono ricordare, perché l’acqua in quanto elemento cosmico esisteva prima che essi esistessero. Mnemosine, prendendo le sembianze di una donna, divenne la fonte perenne della cultura e dell’arte, anche perché per salvare e vivificare i ricordi più significativi per gli uomini, intervengono le sue figlie: le Muse protettrice delle arti. 

Questo mito giunge fino a Dante, nella Divina Commedia, in cui le anime che stavano per passare in paradiso s'immergevano per cancellare la memoria dei peccati commessi in vita e rafforzare la memoria delle opere buone. 

Ma l’acqua ha anche il potere di spogliare dei ricordi che legano i defunti alla vita. Come si è accennato, il fiume che distacca dal morto quelle memorie che gli sopravvivono, fu chiamato “Lete” dai greci. L’oblio è altrettanto indispensabile del ricordo: l’essere umano è un animale che naturalmente tende a ricordare e insieme a dimenticare. Infatti, è impossibile tenere a mente ogni cosa; inoltre occorre dimenticare infelicità e sconfitte. E anche i torti subiti, per non innescare odio e vendette… 

La dialettica dimenticanza-memoria è cruciale per la vita dell’uomo. Che la dialettica ricordo-oblio presenti tematiche di enorme complessità e importanza è confermato anche dalla psicoanalisi, per la quale l’inconscio, più che l’ambito del non-conscio, rappresenta quello del dimenticato: di ciò che non scompare dalla psiche ma permane latente, pronto però a riaffiorare e ripresentarsi sotto forma di nevrosi.

Nella mitologia, a prevalere, in generale, è l’immagine dell’acqua come generazione e purificazione. Non a caso, come già detto, fin dall'antichità si parla dell'acqua come fonte originaria della vita soprattutto perché nell’acqua si sviluppa il feto nel grembo materno. 

Ma laddove si rinasce è necessario prima morire, questa è la filosofia della maggior parte delle religioni. La morte del corpo terreno ci permette la rinascita dello spirito e dell'anima ad un'altra vita.  Ed è soprattutto l’acqua a insegnare la reversibilità della morte. Nel fonte battesimale muore l'uomo vecchio e nasce l'uomo nuovo. 

Il simbolismo indica il dissolversi di un ente corrotto perché riemerga un essere incontaminato. E qui l’eracliteo pànta rêi e la buona novella cristiana si confondono. 

L’utilizzazione dell’acqua come elemento di purificazione rituale risale alle origini della vita associata, sin dagli inizi dell’età della pietra levigata, in Asia e in Europa tra il 4° e il 2° millennio a.C. È una purificazione non solo fisica ma anche morale-spirituale. In molte civiltà si lavavano i morti: tomba e luogo di rinascita non sono in contraddizione. Così come può pulire materialmente, l’acqua può "lavare" anche l'anima dal peccato, per cui in moltissime religione viene utilizzata attraverso formule e rituali. 

L’acqua diviene simbolo della vita spirituale offerta da Dio: un simbolismo ripreso da Gesù nel suo incontro con la Samaritana: “Chiunque berrà dell’acqua che io gli darò non avrà mai più sete… l’acqua che gli darò diverrà in lui fonte di vita eterna”. 

Facendo affluire in continuità nuova acqua, si manifesta agli uomini e alle donne come possibilità di pulizia, di purezza, di purificazione. Il battesimo di Gesù non avviene forse in un fiume, segno di “nuovo inizio” per il cristiano?

Ma il fiume della nascita è anche il fiume dell’ultimo viaggio terreno, come ricorda il percorso del defunto adagiato in una barca che ritroviamo in molte tradizioni. I moltissimi miti indo-germanici legati all’acqua – egiziani, greci, indiani, nordici e celtici – fanno attraversare ai defunti lo stesso paesaggio funebre, in cui alla fine del loro viaggio incontrano sempre una zona d’acqua. L’altro mondo non ha una localizzazione fissa comune, ma è sempre un regno che sta oltre una massa d’acqua, più frequentemente un fiume. Quest’acqua separa due mondi: divide il presente dal passato. Ma la simbologia spesso mostra una continuità tra queste due dimensioni temporali: i viaggi funerari rappresentano pure l’arrivo in una nuova vita dopo la morte, quindi una nuova nascita. 

Molti miti vedono nello scorrere dell’acqua il flusso della memoria e dell’oblio. Per la mitologia greco-romana, il Lete è la divinità-fiume dell’oblio e Mnemosine quella della memoria: due figure mitiche poste come inseparabili e, ancor prima che antitetiche, quasi complementari. Mnemosine, dea fluviale, figlia di Urano (il Cielo) e di Gea (la Terra), è madre delle nove Muse, per l’unione con Zeus in nove notti d’amore. Nelle sue acque chiare, i residui delle vite vissute affiorano come granelli di sabbia e possono essere accolti da chi ha il privilegio di abbeverarsi. Anche gli dei devono attingere alle sue acque, se vogliono ricordare, perché l’acqua in quanto elemento cosmico esisteva prima che essi esistessero. Mnemosine, prendendo le sembianze di una donna, divenne la fonte perenne della cultura e dell’arte, anche perché per salvare e vivificare i ricordi più significativi per gli uomini, intervengono le sue figlie: le Muse protettrice delle arti. 

Questo mito giunge fino a Dante, nella Divina Commedia, in cui le anime che stavano per passare in paradiso s'immergevano per cancellare la memoria dei peccati commessi in vita e rafforzare la memoria delle opere buone. 

Ma l’acqua ha anche il potere di spogliare dei ricordi che legano i defunti alla vita. Come si è accennato, il fiume che distacca dal morto quelle memorie che gli sopravvivono, fu chiamato “Lete” dai greci. L’oblio è altrettanto indispensabile del ricordo: l’essere umano è un animale che naturalmente tende a ricordare e insieme a dimenticare. Infatti, è impossibile tenere a mente ogni cosa; inoltre occorre dimenticare infelicità e sconfitte. E anche i torti subiti, per non innescare odio e vendette… 

La dialettica dimenticanza-memoria è cruciale per la vita dell’uomo. Che la dialettica ricordo-oblio presenti tematiche di enorme complessità e importanza è confermato anche dalla psicoanalisi, per la quale l’inconscio, più che l’ambito del non-conscio, rappresenta quello del dimenticato: di ciò che non scompare dalla psiche ma permane latente, pronto però a riaffiorare e ripresentarsi sotto forma di nevrosi.

Nella mitologia, a prevalere, in generale, è l’immagine dell’acqua come generazione e purificazione. Non a caso, come già detto, fin dall'antichità si parla dell'acqua come fonte originaria della vita soprattutto perché nell’acqua si sviluppa il feto nel grembo materno. 

Ma laddove si rinasce è necessario prima morire, questa è la filosofia della maggior parte delle religioni. La morte del corpo terreno ci permette la rinascita dello spirito e dell'anima in un'altra vita. Nel fonte battesimale muore l'uomo vecchio e nasce l'uomo nuovo. 

Il fiume Po in una foto di Paolo Panni

 

 

 

 

 

 

 

Gianvi Lazzarini


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