Verdi, prorogata la mostra a Busseto sulle corrispondenza del maestro
Una buona notizia per tutti gli appassionati e gli studiosi della cultura e dell’arte cremonese, specie per coloro che desiderano andare alla scoperta di contenuti inediti o, comunque, meno conosciuti. A Busseto è stata prorogata sino al primo febbraio 2025 la mostra “Pregiatissimo Signor Canonico… La vita dei coniugi Verdi nelle lettere di Giuseppina Strepponi a Don Giovanni Avanzi” allestita nelle sale monumentali della biblioteca della Fondazione Cariparma. Nella storica biblioteca bussetana si conserva una corposa corrispondenza tra Giuseppina Strepponi e don Giovanni Avanzi, così come si conservano anche le lettere inviate dalla cremonese Barberina Strepponi (sorella di Giuseppina) e dalla contessa Clara Maffei allo stesso sacerdote. Si tratta, in tutto, di 96 lettere di Giuseppina Strepponi, altre 13 di Barberina Strepponi, due autografi verdiani e 7 missive della contessa Maffei. Don Avanzi era il sacerdote più caro al maestro Giuseppe Verdi ed a lui erano molto legate sia Giuseppina che Barberina Strepponi, al punto da tenere con lui una lunga e importante corrispondenza che ora, in buona parte, è al centro della mostra. Don Giovanni Avanzi, giusto ricordarlo, nacque a Soarza il 6 gennaio 1812 e morì a Spigarolo di Busseto (dove è sepolto e ricordato in una lapide posta sulla cappella del camposanto) il 17 aprile 1896. Studiò nel seminario diocesano di Fidenza e, una volta ordinato sacerdote, iniziò il suo ministero presbiterale nel 1841 a Busseto. Nel 1844 fu trasferito a San Giuliano Piacentino in qualità di cappellano della chiesa della Madonna delle Spine, edificio oggi fatiscente ma del quale i cittadini, col supporto del Comune, e del giornalista e scrittore cremonese Roberto Fiorentini, stanno avviando proprio di questi tempi una lodevole e meritoria opera di recupero. Nel 1857 fu nominato parroco di Vidalenzo dove rimase per ben trentatré anni prima di guidare, dal 1890 al 1896 la parrocchia di Spigarolo dove poi morì. Era appunto il sacerdote più caro a Giuseppe Verdi, alla sua seconda moglie Giuseppina Strepponi e alla sorella di quest’ultima, Barberina, che abitava in centro a Cremona e dalla quale il maestro Verdi si recava spesso per gustare i celebri marubini. E’ del resto ben noto che Cremona era di fatto il luogo degli affari del Cigno di Busseto. Barberina riposa nel quinto androne della crociera di levante del cimitero cittadino e la sua tomba è costituita da una semplice lastra marmorea con una croce quasi del tutto cancellata ed una sola epigrafe: Barberina Strepponi, una prece. Vi è inoltre riportata la data della morte: 6 settembre 1918. Barberina era la sorella minore di Giuseppina, cognata di Giuseppe Verdi e, come scrive Fabrizio Loffi anche in un ampio ed approfondito articolo pubblicato su Cremonasera.it esiste una foto dell’archivio Ricordi che la ritrae nel 1900 nel giardino di Sant’Agata, alla sinistra dell’anziano, illustre parente che, compiaciuto, seppur irrigidito in una posizione del tutto innaturale, guarda con un sorriso arguto nell’obiettivo. Lei, Barberina, è l’unica vestita di nero, anche se, dalla posizione che occupa nell’immagine, è anche l’unica che possa godere della familiarità col maestro. Gli altri si atteggiano in posa, fingendo una innaturale naturalezza: chi ha le mani in tasca, chi infilate nel panciotto, ostentando un atteggiamento quasi sfrontato. Lei no, guarda nell’obiettivo con un sorriso spontaneo, le dita delle mani che giocherellano con il cameo di un lungo collier. Barberina abitava in corso Cavour, dove ora sorge la Galleria XXV Aprile. Le sue finestre davano verso la strada, in corrispondenza della sede della Camera di Commercio e il maestro Verdi vi si recava ogni volta raggiungeva Cremona, attirato anche dai marubini che destavano la sua ammirazione. Ugo Gualazzini, sempre nello stesso articolo di Fabrizio Loffi, ricordava di aver saputo dal segretario generale camerale Guido Tomè “che la presenza di Verdi in casa della cognata suscitava la più viva curiosità in tutti loro. Essi adocchiavano dietro le imposte per cercare di scorgere il Maestro in atteggiamenti squisitamente familiari. D’estate usava togliersi la giacca e anche il collo duro, per cui il vedere Verdi in libertà sembrava addirittura un fatto eccezionale”. Ancora come si legge nel testo di Fabrizio Loggi, Mario Levi, ex direttore della Provincia nella sua “Vecchia Cremona” del 1955, aggiunge altri particolari: “Era di salute estremamente cagionevole; e Verdi, già nel 1868, scriveva al suo amico Opprandino Arrivabene pronosticandole imminente la fine. Vent’anni dopo, ne scriveva anche a Boito; sì, la morte della love Barberina doveva esser questione di giorni…Ma Arrivabene scomparve nel 1884; Giuseppina Strepponi nel 1897; Verdi nel 1901; e Barberina, piena di acciacchi, con la morte che faceva da sentinella alla sua porta, sopravvisse sino al 1918, quando aveva più di novant’anni. Boito fece appena in tempo ad accompagnarla all’estremo riposo (è sepolta in una colombario del terzo androne) e se andò anche lui”. Alla cognata Verdi scrisse la sua ultima lettera conosciuta, datata 18 gennaio 1901. Definisce la sua salute buona, nonostante sia costretto su una sedia: “ma ho paura del freddo!!” ripete più volte. “Speriamo che le belle giornate come questa d’oggi continuino. Io col cuore ti stringo le mani”. Giuseppe Verdi morì poi otto giorni dopo, a Milano dove riposa. Tornando quindi alla figura di don Giovanni Avanzi, la sua amicizia con il Cigno sbocciò quando era canonico a Busseto ed il maestro si era già affermato con l’ “Oberto Conte di San Bonifacio”. L’amicizia restò salda nel tempo ed aveva numerosi punti di contatto, a partire dalla mentalità liberale di don Avanzi che trovava grande rispondenza in Verdi. Come noto, inoltre, nell’ultima parte della loro esistenza terrena i genitori del maestro vissero a Vidalenzo (dove riposano) e probabilmente fu il parroco stesso a dettarne le lapidi obituitarie. Signore per educazione e colto umanista, don Avanzi fu per molti anni elemosiniere del celeberrimo musicista e compositore e ne era spessissimo ospite nella villa di Sant’Agata (da due anni tristemente chiusa) oltre che consigliere personale. E’ tradizione che egli avesse tradotto e commentato col maestro le parole della “Messa di Requiem” e che avesse collaborato con lui nella composizione di brani musicali a carattere sacro. I due erano quasi coetanei (il sacerdote aveva solo un anno in più del maestro) e, scrivendo nel 1882 al senatore Piroli, Verdi di lui aveva detto: “Voi conoscete l’Avanzi e sapete che oltre a essere dottissimo è liberale quantunque prete, ed onestissimo. Dove sono mai i preti dei villaggi e dei piccoli paesi che sappiano qualche cosa. Avanzi è un fenomeno ed i preti stessi dovrebbero accusarlo per troppo sapere”. Addirittura, sempre col senatore Piroli, Giuseppe Verdi si era speso affinchè l’amico sacerdote divenisse parroco di Busseto ma don Avanzi rifiutò a causa di difficoltà locali e, a riguardo, il maestro scrisse “Sarebbe stato un bene se quei del paese avessero saputo apprezzarlo, ma con quella razza di testoni antidiluviani il canonico non avrebbe avuto che dispiaceri senza recare nessun giovamento”. Più tardi riuscirono però a farlo nominare cavaliere e direttore delle scuole di Busseto. Per quanto riguarda le preziose lettere che si conservano nella biblioteca di Busseto della Fondazione Cariparma, queste sono tutte comprese tra il 1861 ed il 1895 e, nel 1983, sono state acquisite dall’allora Cassa di Risparmio di Parma, su proposta dell’Istituto nazionale di Studi Verdiani, per la storica biblioteca di Busseto. Un giacimento storico e culturale di assoluta importanza perché documenta chiaramente la rispettosa amicizia dei coniugi Verdi per un sacerdote colto e pio, patriottico e liberale evidenziando anche la generosità e la dolcezza di Giuseppina Strepponi (morta il 14 novembre 1897 nella tenuta di Sant'Agata, a causa di una polmonite, con Verdi che restò così vedovo per la seconda volta) e del maestro. Buona parte di queste lettere compongono ora la mostra “Pregiatissimo Signor Canonico… - La vita dei coniugi Verdi nelle lettere di Giuseppina Strepponi a don Giovanni Avanzi”. Una delle lettere è datata 17 gennaio 1870 ed è quella in cui Giuseppina Strepponi, che in quei giorni era a Genova, avverte il canonico della morte della madre Rosa Cornalba, avvenuta il 13 gennaio 1870 a Cremona (dove la donna viveva, evidentemente, insieme a Barberina). Nel testo la Strepponi evidenzia che la morte è avvenuta “come lampada a cui manchi alimento” e chiede al sacerdote, definendolo “buono e venerato amico” di pregare con lei e con Barberina. Per quanto riguarda invece la corrispondenza partita da Cremona, a firma di Barberina Strepponi (deceduta a Cremona il 6 settembre 1918), spiccano in particolare due documenti: in uno di questi Barberina si rammarica per la morte della nipote del canonico e nell’altra, datata 1887, invece, si felicita con lui per l’avvenuta nomina a Cavaliere della Corona d’Italia. Interessante anche una lettera del 1868 in cui la contessa Maffei di Milano informa l’Avanzi delle ottime condizioni di salute di Alessandro Manzoni.
A proposito delle sorelle Strepponi, in un diario di Giuseppiena datato 1849, la donna scrive “La mia sorellina di ventun’anni, la Barberina, che ho sempre visto come una bambina, ha partorito fuori dal matrimonio e si aspetta che io provveda a questo illegittimo. Ma io non ho più da elargire così a piene mani e questa vicenda non ha scusanti, perché mia madre avrebbe dovuto vegliare su Barberina, anziché pensare solo a toilettes e divertimenti”. Barberina, sorella minore di Giuseppina, fu battezzata il 16 gennaio 1828 con i nomi di Giovanna Maria Barbara Elena e cinque mesi dopo il padre Feliciano fu licenziato dal posto di maestro di cappella ed organista del Duomo di Monza. A causa del suo precario stato di salute (era affetta da corea elettrica, una malattia nervosa cronica) tenne in costante preoccupazione i coniugi verdi che in più occasioni la ospitarono nella villa di Sant’Agata e si recarono con lei a Montecatini e Tabiano Terme. Anche dopo la morte della sorella rimase in costante contatto col maestro Verdi, come testimoniano sia la foto a Sant’Agata del 1898 che l’ultima lettera del Cigno indirizzata proprio a lei. Inoltre nel testamento del 18 maggio 1900 il maestro scrive: “Lascio alla Barberina Strepponi, mia cognata, dimorante a Cremona, vita natural durante l’usufrutto del fondo denominato Canale, dell’estensione di circa centodiciotto biolche, da me comprato dal signor Pedrini Francesco di Cortemaggiore con rogito Dott. Carrara Angelo di Busseto, e lego la proprietà del fondo stesso alla signora Peppina Carrara maritata Italo Ricci, figlia primogenita della Maria Verdi maritata con Alberto Carrara.
Le due sorelle, Barberina e Giuseppina, si videro per l’ultima volta il 14 ottobre 1897 a Cremona. L’11 novembre Giuseppina venne quindi colpita da polmonite e tre giorni dopo morì. Ora riposa, accanto al marito, nella cripta della Casa di riposo per musicisti “Giuseppe Verdi” di Milano.
In attesa che Cremona, terra verdiana, dedichi una mostra o una pubblicazione sui legami cremonesi delle sorelle Strepponi e del maestro Verdi, ecco che prosegue la mostra a Busseto che, visto appunto il successo e l’apprezzamento del pubblico è stata prorogata fino a sabato 1 febbraio 2025. Per gli interessati è aperta il sabato pomeriggio alle 16.30 e ogni seconda domenica del mese in occasione di “Meravigliosa Biblioteca”, con visite guidate alle 10 e alle 11.15. Può essere anche una favorevole occasione per conoscere e ammirare, nella stessa biblioteca, i due grandi lunettoni ad affresco del cremonese Angelo Massarotti, , annoverato tra le figure più notevoli della pittura cremonese del tardo Seicento. I due lunettoni si trovavano, originariamente, sotto al portico del palazzo. Negli anni Ottanta del Novecento sono tuttavia stati strappati dal muro e collocati al primo piano del palazzo di proprietà della Fondazione Cariparma. Sono entrambi molto deteriorati (ma chissà che non si possano gettare le basi per un loro restauro) ma comunque significativi e meritevoli, nel ricordo di un grande pittore cremonese che merita di essere conosciuto, valorizzato, promosso. I due affreschi risalgono al 1682 e raffigurano la “Pietà” e il “Martirio di San Bartolomeo”, patrono della città e della parrocchia di Busseto. La tradizione, tra l’altro, ci ricorda che nei panni di uno dei carnefici di San Bartolomeo il Massarotti abbia utilizzato il volto di un’esponente della storica comunità ebraica locale. La persona in questione, stando sempre alla tradizione, non gradì particolarmente la cosa, ma ormai l’opera era compiuta.
Eremita del Po
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti