7 novembre 2022

In Duomo quel marmo bianco altera l'equilibrio cromatico

Egregio Direttore,

Le scrivo perché con questa lettera vorrei inaugurare, o inserirmi, in quello che auspico diventi un lungo dibattito sull’adeguamento liturgico della Cattedrale e che veda intervenire tanti altri cittadini. Le scrivo sprovvisto dei titoli che secondo qualcuno sono necessari per esprimere con credibilità un giudizio artistico, dotato solo della passione di uno studente ventunenne di provincia che crede ancora nella meraviglia. Ciò perché ritengo che un tale dibattito debba essere il più possibile aperto, proprio per la sua capacità di elevare tutti; cosa da non confondere con l’autorizzazione a giudizi sprezzanti e superficiali.

Esordisco sgombrando il campo dalla prima pregiudiziale: non trovo uno scandalo che l’arte contemporanea in quanto tale, entri in Cattedrale. Se parlassimo di una chiesa gotica conservatasi nella sua forma originale, sarei il primo a condannare qualsiasi aggiunta contemporanea, perché ne rovinerebbe l’equilibrio e la coerenza. Ciò non si può certo riferire agli interni del Duomo cremonese, che già oggi devono la loro magnificenza all’intersecarsi di opere riferibili a stili ed epoche differenti. Tuttavia questa considerazione non può costituire il pretesto per modificare estrosamente l’esistente, poiché queste storiche sovrapposizioni stilistiche, sebbene abbiano prodotto un risultato che noi oggi indubbiamente apprezziamo, hanno anche distrutto o coperto altrettanta bellezza. Abbiamo imparato la lezione?

Riconosco dunque il diritto di ciascuna generazione di esprimersi con il proprio linguaggio artistico.

Parimenti costituisce dovere quello di conservare l’arte tramandataci. Perciò qualsiasi intervento deve avvenire con la massima cautela, evitando di coprire, o anche solo adombrare l’esistente, sempre salvaguardando l’equilibrio di insieme sul quale si interviene.

Dunque, tornando al caso in questione, mi sento di criticare non tanto l’impronta contemporanea dell’artista Potenza, che seppur non sia nelle mie corde reputo legittimata a decorare il presbiterio, quanto l’impatto troppo dirompente di un pezzo di arredamento secondario sull’equilibrio di insieme dell’area absidale. Mi riferisco soprattutto all’estremismo cromatico del marmo persiano, che, troppo bianco rispetto a quelli circostanti, si pone con la stessa maldestrezza del Vittoriano tra i Fori Imperiali e il Colosseo. Il visitatore dovrebbe essere lasciato libero di apprezzare l’opera dello Zaist o del Soiaro senza trovare una distrazione lucente che si frappone a rovinare la fotografia d’insieme. Diversamente dai manufatti marmorei invece, la Cattedra vescovile mi appare meno impattante e si propone nella sua originalità di linguaggio, senza alterare eccessivamente l’equilibrio cromatico esistente.

Nel dare un giudizio universale, sebbene non mi stracci le vesti, non posso perdonare la superbia dell’intervento.

 

Filippo Raglio


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commenti


michele de crecchio

7 novembre 2022 23:18

"La superbia dell'intervento"!
Mi consola constatare che un giovane abbia trovato delle parole così efficaci per sintetizzare il proprio parere sul discusso intervento.

Giuliano G. BILLI

10 novembre 2022 21:33

Speravo che, dopo la parentesi dell'infelice illuminazione con funi che frammentavano la visione degli affreschi, fosse terminata l'era degli interventi che contrastano con l'equilibrio instauratosi nei secoli nella nostra cattedrale. Purtroppo mi sono dovuto ricredere dopo aver visto il nuovo altare. Condivido in pieno quanto scritto dal giovane studente. Da anziano quale sono, mi sento di aggiungere che è mancato quello che una volta si definiva il buon gusto, cioè una sorta di sensibilità che evita di creare contrasti stridenti. Nel nostro caso, questa sensibilità è abbondantemente mancata.

Paola

19 novembre 2022 07:43

Purtroppo non posso che essere d'accordo. Il risultato è disarmonico e contrasta negativamente con la bellezza e i colori del nostro duomo