7 settembre 2025

"Palla in curva" con Enrico Piccioni. "In mezzo al campo mi sono fatto 'un mazzo così' per i compagni. Se Cremona torna a sognare è anche grazie al Cavalier Arvedi"

‘Il campionato di Serie A è fermo, ma non ‘Palla in curva’, che ospita l’ex grigiorosso Enrico Piccioni, che i tifosi grigiorossi ricordano come ‘Piccio’. Inizia la sua carriera nella Sambenedettese, squadra della sua città, ed arriva a Cremona nel 1987, dove veste la maglia grigiorossa per 199 volte, disputando 2 stagioni in Serie A e 2 in Serie B. Lui si definisce un centrocampista ‘portatore di acqua’ ed i tifosi grigiorossi lo ricordano per la grinta con cui mordeva le caviglie ad avversari come Maradona, Mattheus, Alemao, Giannini e tanti altri. Con lui faremo un salto nel passato e uno nel presente, ma sempre sotto un ‘cielo grigiorosso’.

D: Ciao ‘Piccio’, grazie per aver accettato, anche perchè sei stato uno dei giocatori che io ho apprezzato in particolare modo, per il tuo ruolo di comprimario, non meno importante di altri. Sei arrivato a Cremona nell'estate del 1987 da Catanzaro, un bel viaggio, una bella storia.

R: "Ero a Catanzaro, dove avevamo vinto il campionato di Serie B. A Cremona c'era mister Mazzia, che mi aveva già allenato a Forlì. Arrivai con uno scambio per il grigiorosso Bongiorni. Sono rimasto per cinque stagioni, collezionando 199 presenze, non sono arrivato a 200 solo per qualche squalifica."

D: Hai disputato un paio di stagioni in Serie A, che ricordi hai di quel campionato, infarcito di veri 'Campioni' con la 'C' maiuscola?

R: "Ho avuto la fortuna di giocare contro grandissimi campioni. All'epoca c'erano solo tre stranieri per squadra e giocavano i più bravi: Maradona, Careca, Matthäus, Zico, Klinsmann, Völler. C'erano i tre olandesi del Milan, ogni squadra aveva dei giocatori al top. Noi alla Cremonese avevamo Dezotti, Florijancic e Limpar, ma da quella squadra sono usciti anche tanti italiani forti come Favalli, Bonomi, Marcolin, Maspero, Lombardo, Vialli."

D: Abbiamo parlato dei calciatori, ma anche i dirigenti erano dei veri 'fuoriclasse'.

R: "Erminio era il numero uno, forse la persona più importante per quella Cremonese, l'ho sempre pensato e nessuno me lo toglierà mai dalla testa. Poi c'era Miglioli, Nedo Bettoli... Era il periodo del trio Luzzara, Miglioli, Ferraroni. Era il calcio bello, quello 'pane e salame'."

D: Erano i tempi degli stadi sempre pieni. Non c'erano le Pay-tv e per seguire la squadra dovevi andare allo stadio.

R: "Quando entravi a San Siro ti tremavano le gambe, poi una volta in campo eri solo tu contro un avversario. Erano duelli che dovevi affrontare con umiltà e rispetto. Se ci fosse stato il VAR, avrei finito poche partite. Leali sì, ma senza fare sconti."

D: Quali sono i giocatori con cui hai legato di più?

R: "Eravamo un gruppo meraviglioso, in quei cinque anni era impossibile non legare con nessuno. La squadra era sempre quella, bastava chiudere gli occhi per ricordare i volti di Rambulla, Garzilli, Gualco, Montorfano, Verdelli, Bonomi. Poi c'era Alviero, un personaggio splendido che non ha avuto la carriera che meritava. Era veramente 'un marziano'."

D: Il tuo ruolo ti imponeva di marcare i 'numeri 10'. Come ti troveresti a marcare Vazquez?

R: "Con tutto il rispetto, ho marcato Maradona, ma lui è uno dei pochi giocatori capaci di emozionare i tifosi con le sue giocate. È la cosa più bella del calcio. Io ero un 'portatore d'acqua', correvo come un dannato ed ero contentissimo di farmi il mazzo in mezzo al campo per i miei compagni. I miei figli mi dicono che se fossi nato oggi, avrei giocato in Nazionale."

D: Quando hai appeso le scarpe al chiodo, sei rimasto nel calcio.

R: "Sì, avevo un altro anno di contratto, ma ho scelto di tornare a casa. Nell'ultimo anno di Serie C ho iniziato ad allenare. Ho fatto dieci, undici anni di gavetta in Serie D, poi due anni di Serie C e poi l'estero: Malta, Bulgaria, Slovacchia."

D: La Cremonese è tornata in Serie A, un successo come squadra, ma soprattutto come società.

R: "Il giorno in cui la Cremonese è tornata in Serie A la soddisfazione più grande è stata per il Cavalier Arvedi. Calcisticamente parlando, è partito dal basso, ha fatto tanti sacrifici, ci ha messo anni e ha speso tanti soldi. La società ha trovato l'organizzazione giusta, come è successo all'Empoli, squadra in cui ho giocato e a cui sono molto legato. Empoli e Cremonese sono le squadre che mi hanno dato le più grandi soddisfazioni. Il ritorno in A è un grandissimo riconoscimento per una persona come il Cavalier Arvedi."

D: Veniamo a questo campionato. La scelta di Nicola è stata quella giusta?

R: "Nicola è una persona che ha sempre fatto bene. Quando questa estate si faceva il suo nome, da 'cuore grigiorosso' ero contentissimo. È un grandissimo allenatore, umile e sa quello che vuole. Credo sia venuto a Cremona chiedendo garanzie di avere i giocatori per fare qualcosa di importante."

D: Fare mercato per una neo-promossa non è semplice. Che giudizio dai sull'operato di Giacchetta?

R: "Un buon lavoro. La squadra c'è, sta volando sulle ali dell'entusiasmo. Ora bisogna mettere del 'fieno in cascina' perché la strada è lunga. Sono curioso di vedere l'acquisto di Vardy: può essere un'incognita, ma anche la ciliegina sulla torta. Cremona è una piazza importante, c'è un grande entusiasmo e spesso i giocatori di questo calibro si trovano meglio in contesti come Cremona. Potrebbe rivelarsi una bella sorpresa, ma sempre con i piedi per terra. Arriveranno anche le sconfitte, ma è importante lottare."

D: Tu hai fatto tanta gavetta, prima da giocatore e poi da allenatore. Come è cambiato il calcio?

R: "Prima di tutto i settori giovanili. In Italia un giocatore di 22 anni è ancora un giovane, ma all'estero a quell'età hanno già disputato quattro campionati nella massima serie. Non è che non ci sono giocatori italiani forti, ma se non vinci, cacciano l'allenatore. I direttori sono sotto pressione, poi ci sono i procuratori. Io sono a San Benedetto, una piazza da 8-9mila spettatori a partita, e qui al sud la passione non manca. Ma il mondo del calcio oggi è sbagliato e spietato, ci sono pochi soldi e tanta mal organizzazione. A San Benedetto ci sono stati tre fallimenti consecutivi. Ora c'è un presidente del posto che ha riportato l'entusiasmo. Ha allestito una buona squadra e l'ha riportata in Serie C. Il pubblico lo ripaga con quasi 9mila persone allo stadio, ed è quello che è successo a Cremona. Servono i soldi, ma soprattutto tanta passione e sacrifici, quelli che ha fatto la proprietà della Cremonese. I tifosi hanno risposto alla grande, ora tocca alla squadra in campo. Forza Cremo sempre!"

D: Allora ti aspettiamo allo Zini?

R: "Certo! Ora che mi sono fermato ‘a casa’ ho più tempo da dedicare a me stesso e ai nipoti. Mi sento spesso con Montorfano e ho voglia di ritrovare i miei compagni e riabbracciare Cremona. Ci vediamo presto, promesso."

Grazie, 'Piccio', rivederti a Cremona con i tuoi ‘compagni di viaggio’ sarà un piacere. Ti aspettano una foto da firmare ed una promessa da mantenere.

Daniele Gazzaniga


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti