Riemerge un inedito del Malosso: la “Vergine col Bambino” del Serraglio
Un’opera inedita, sconosciuta ai più, del cremonese Giovan Battista Trotti, molto più conosciuto come il Malosso, artista cremonese del tardo Rinascimento e pittore di corte dei Farnese, è stata esposta in questi giorni, in occasione della festa liturgica del Santo Nome di Maria, di fronte alla monumentale Rocca dei Rossi di San Secondo Parmense. Infatti, nell’occasione, il parroco (ed archeologo) don Massimo Fava ha celebrato la messa davanti all'antico ponte levatoio della Rocca dei Rossi ed i fedeli hanno portato in processione questa “Vergine col Bambino”, affresco dal Malosso, che in origine si trovava in un'edicola dell'Oratorio della Beata Vergine del Serraglio e che, nel 1970, è stato staccato dal muro e da allora viene conservato nella canonica della parrocchia. La superficie si presenta purtroppo vistosamente danneggiata dai dilavamenti e alterata da ridipinture e sull’intonaco di fondo sono molto evidenti le profonde solcature preparatorie.
La Vergine è rappresentata frontalmente, seduta in una gloria di nubi, e volge la testa a destra con gli occhi socchiusi. Veste una lunga tunica rossa ed è avvolta in un manto celeste che le copre gran parte del capo, incorniciato da riccioli biondi e da un nimbo di luce da cui dipartono i raggi. Con la mano sinistra trattiene il bambino già grande che, con le braccia spalancate, è ritratto in piedi tra le sue ginocchia, e con la mano destra copre la nudità del Figlio. “L’immagine del Serraglio – spiega don Massimo Fava – appartiene al tipo iconografico di Maria Regina in trono col Bambino, mediato tramite i modelli della grande pittura rinascimentale: al posto del seggio dall’alto schienale la Vergine è assisa su nubi; una semplice veste purpurea, il colore della dignità regale, ha preso il posto di quella adornata di gemme; Gesù ora è ignudo, non più coperto da manti dorati, ma è maestoso e imponente come un imperatore. Maria, avvolta da un alone di luce fiammante, è illuminata dai raggi del sole nascosto dietro di lei: è il “Sole di Giustizia”, cioè Cristo, sorto ‘per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte’, ma vi è anche un rimando iconografico alla donna ‘vestita di sole’ dell’Apocalisse e alla sposa ‘fulgida come il sole’, ‘più bella del sole e di ogni costellazione di astri’, lodata nel Cantico dei Cantici e nel Libro della Sapienza”.
L’affresco di San Secondo Parmense, già ascritto alla scuola correggesca o alla maniera di Bernardino Campi (di cui il Malosso era allievo) trova un calzante parallelo, anche nelle dimensiono, come spiega ancora don Massimo Fava nel libro “Oratorio del Serraglio” voluto dall’Archeoclub d’Italia di San Secondo alcuni anni fa (e finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalla Provincia di Parma e dalla Diocesi di Parma)), con quello di medesimo soggetto della vicina chiesa di san Rocco in Soragna, opera anche quella del Malosso, tanto da poter supporre, per i due dipinti, l’utilizzo di un medesimo catone con l’unica differenza che si trova nella divaricazione delle gambe del Bambino. “La Madre col Figlio – spiega ed evidenzia ancora don Massimo fava – ricompare praticamente identica in un disegno del’artista conservato a Londra presso il Victoria and Albert Museum: in alto sono Maria e Gesù in una gloria di nubi, mentre gli angeli che li attorniano distribuiscono rosari ai Santi genuflessi in basso. Da tale disegno – prosegue – derivano la pala ad olio del XVII secolo conservata nella chiesa parrocchiale di Ronco Campo Canneto (Parma) e, con qualche variante, una tela ora in Sant’Andrea in Antoniano a Parma. La Vergine del Serraglio, riprodotta anche in un quadro conservato a Sissa, trova inoltre stretti confronti con la ‘Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Evangelista e Antonio Abate’ dipinta dal Malosso nel 1599, ora al Museo Civico di Piacenza della quale si conserva una copia parzialmente autografa a Gera di Pizzighettone, ed esiste il disegno preparatorio con i santi in controparte.
In un dipinto seicentesco nella chiesa di Albareto di Fontanellato, la figura di Maria, pur con evidenti differenze, richiama le Madonne appena descritte nell’impostazione generale, nell’atteggiamento del volto e nel gesto della mano destra che sorregge il perizoma del Figlio”. Sempre nel libro dedicato allo storico Oratorio del Serraglio don Fava spiega che è difficile oggi una analisi dell’affresco fortemente danneggiato “ab antiquo” da dilavamenti e ridipinture. “Credo tuttavia – rimarca – che esso, in base agli stringenti paralleli iconografici, possa essere ragionevolmente attribuito, se non a Giovanni Battista Trotti stesso, almeno alla sua cerchia. Il pittore cremonese infatti, già attivo nei territorio farne siano nell’ultimo decennio del Cinquecento, nel 1604 fu nominato pittore di corte dal duca Ranuccio I Farnese e si trasferì a Parma. Per il duca eseguì non solo ritratti, pale d’altare ed affreschi (come quelli nel Palazzo del Giardino e nel teatro Farnese) ma anche apparati effimeri per giostre e mascherate; tra il 1609 e il 1612 progettò inoltre vari arredi per la chiesa dei Cappuccini a Fontevivo. Il fatto che nel 1609 Panfilo Nuvolone (altro artista cremonese formatosi ala bottega del Malosso) abbia eseguito per la parrocchiale di San Secondo una pala raffigurante le ‘Sante Cecilia, Agnese, Maria Maddalena e Caterina d’Alessandria’, non sembra una coincidenza casuale, e suggerisce l’ipotesi che possa essere stato proprio lui ad affrescare sul muro di cinta del Serraglio della Rocca, fatto costruire dal conte Federico Rossi, l’immagine sacra divenuta oggetto di devozione popolare”.
Al Malosso, pittore, architetto e disegnatore annoverato tra i massimi esponenti del Cinquecento lombardo, doveroso ricordarlo, tra aprile e giugno, Il Museo Diocesano di Cremona ha dedicato una importante mostra nata con l’obiettivo di creare una “mostra diffusa” tra Cremona e Piacenza, le due città in cui l’artista operò maggiormente. Grazie alla collaborazione tra il Museo Diocesano di Cremona e i Musei Civici di Palazzo Farnese di Piacenza, la mostra “Il Cavalier Malosso. Un artista cremonese alla corte dei Farnese” si è sviluppata su due sedi con programmi distinti ma complementari, sia attraverso l’organizzazione di un’esposizione presso ciascuna sede, ma con catalogo unico, sia con la proposta di percorsi cittadini dedicati all’artista per scoprire in loco le sue opere e i suoi committenti. A Cremona, doveroso ricordarlo, la mostra, che ha ottenuto un grande successo, è stata curata dal conservatore del Museo Diocesano di Cremona Stefano Macconi e da Raffaella Poltronieri, storica dell’arte, ed ha esplorato il contesto in cui il Malosso si formò e si affermò come pittore indipendente, approfondendo il funzionamento della sua bottega. Il percorso è stato costituito da sedici opere per la prima volta riunite in un’unica esposizione che ha offerto il più ampio sguardo sull’opera del pittore e sull’eredità lasciata nella storia dell’arte cremonese e lombarda anche grazie alla folta schiera di allievi e apprendisti formati nella sua ampia ed efficiente bottega, centro vitale da cui nacque un nuovo stile dai tratti omogenei e riconoscibili che si affermarono nella stagione post-campesca nella Cremona di fine Cinquecento e inizio Seicento, in grado di dettare regole di stile fino alla fine del XVII secolo. L’attività della bottega del Malosso è stata raccontata nel percorso della mostra attraverso l’esposizione di studi e bozzetti, ma anche attraverso l’iniziativa del “restauro aperto” di un’opera, a cura dello studio Manara-Perni, e da una sezione scientifica dedicata alle analisi diagnostiche realizzate dal professor Mario Amedeo Lazzari. Tornando infine alla “Madonna col Bambino” dell’oratorio del Serraglio, questa è sempre stata particolarmente venerata e ritenuta miracolosa.
Eremita del Po
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