Giorgio Mori, la retrospettiva "Il colore dell'anima" all'Adafa dal primo novembre
A un anno dalla scomparsa, l'Adafa rende omaggio a Giorgio Mori, fra i maestri dell'arte cremonese. La rassegna, realizzata in collaborazione con la famiglia, si apre sabato 1 novembre alle 17,30 nelle sale di Casa Sperlari con l'introduzione di Fulvio Stumpo e Giusy Asnicar, e la presentazione del curatore, Simone Fappanni. Mori emerge come una voce originale e autorevole nel panorama artistico della città, capace di mantenere una propria cifra espressiva immediatamente riconoscibile e caratterizzata da un'impegnata ricerca formale e contenutistica. La retrospettiva, intitolata "il colore dell'anima", si articola in quattro sezioni, ognuna dedicata a un ambito tematico che illustra le principali sfaccettature della sua produzione, riflettendo la profondità e la coerenza del suo percorso artistico. La prima ospita i paesaggi, che costituiscono da sempre un terreno privilegiato per l'esplorazione della luce, della materia e dell'atmosfera da parte di Mori. In queste opere, il paesaggio non è una semplice rappresentazione geografica ma diventa un luogo di tensione emotiva, in cui la natura si traduce in un mondo interiore. La seconda, dedicata alle figure, raccoglie ritratti e studi di persone che sottolineano la capacità dell'artista di coniugare forma e psicologia. Le figure di Mori sono fortemente caratterizzate da un segno nitido e da una plasticità solida, quasi monumentale, che non rinuncia però a comunicare una tensione vibrante tra la corporeità e l'interiorità. A seguire non potevano mancare lavori dedicati alle ballerine, un tema che Mori affronta con particolare attenzione e sensibilità alla grazia del movimento e alla sintesi del gesto. Ricordiamo che per lui ha posato anche una giovanissima Roberta Lanfranchi, che Mori chiamava affettuosamente "Robertina".
Le figure danzanti, spesso ritratte in pose aggraziate e raccolte, riflettono l'interesse per la figura umana in rapporto allo spazio e al ritmo. Chiudono l'allestimento i soggetti sacri, temi iconografici che l'artista riprende e interpreta riponendo grande cura e spiritualità nella resa formale. In queste opere si avverte una tensione tra tradizione e personale rielaborazione espressiva: le immagini sacre sono raffigurate senza retorica, in una sobrietà che privilegia la composizione e il rigore formale. La sacralità non si manifesta in sontuose decorazioni ma nella forza espressiva del segno e nella scelta di composizioni essenziali, che invitano alla contemplazione e a una meditazione profonda. «La pittura di Mori - spiega Fappanni - si distingue per una coerenza interna e una densità espressiva che rendono ogni opera una testimonianza autentica del suo impegno creativo, senza scivolare in ripetizioni o banalizzazioni. Dunque, questa mostra offre uno sguardo composito e articolato su una ricerca che ha fortemente segnato la scena artistica del nostro territorio». La rassegna è visitabile gratuitamente fino al 13 novembre da martedì a domenica dalle 17 alle 19 e, su appuntamento, per gruppi e scolaresche, anche in altri orari.
Nato a Padova nel 1930, nel 1935 Giorgio Mori si trasferisce a Cremona, città d'origine dei genitori, dove ha vissuto e dipinto fino alla morte, il 20 gennaio 2024. Ha frequentato l'Istituto Paolo Toschi a Parma e si è diplomato Maestro d'arte. Ha conseguito l'abilitazione all'insegnamento delle Discipline artistiche che lo impegna dal 1955 al 1999 quale docente, affiancato alla docenza di Disegno e Figura dal vero nei corsi del Gruppo artistico Leonardo dal 1960 al 2008. Dopo la prima mostra personale, nel 1947, entra infatti a far parte del Club S. Erasmo a Milano tra i cui maestri figurano Adriano Spilimbergo, Achille Funi e Renato Vernizzi, la cui frequentazione lo induce a guardare verso misure compositive orientate verso il Chiarismo lombardo. Numerose sono le partecipazioni a collettive e oltre una cinquantina le personali. Sue opere figurano in collezioni e musei.
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