Alla Pinacoteca Tosio Martinengo a Brescia la prima mostra italiana di Matthias Stom, il grande fiammingo caravaggesco. Ammirata la grande tela della chiesa di Santa Maria Assunta di Soncino
Da venerdì 19 settembre al 15 Febbraio 2026 farà parlare di sé la prima mostra italiana dedicata al pittore Matthias Stom, il grande caravaggesco.
Gli spazi sono quelli dalla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia e la cura è dal prof. Gianni Papi, massimo esperto della pittura secentesca ed in particolare di Caravaggio. La prima mostra in assoluto dedicata a Stom si tenne a Birmingham nel 1999, con nove tele provenienti da collezioni private e museali inglesi.
Da allora nessun'altra istituzione o galleria volle proporre un'esposizione dedicata a Stom, forse su influenza dello storico dell'arte britannico Benedict Nicolson che affermava, sbagliando, che una mostra monografica di Stom “sarebbe una catastrofe”. Nel senso che il pittore ne uscirebbe con le ossa rotte, data, secondo Nicolson, la ripetitività delle tele del pittore fiammingo.
Questa assurda considerazione viene smentita dal prof. Papi nel bel catalogo edito da Skira, che evidenzia l'evoluzione della pittura di Stom attraverso il tempo.
“La qualità dei quadri -afferma Papi- è indiscutibile e i temi trattati sono vari, Anche quando vengono riproposti, ciò avviene con invenzioni compositive nuove e spesso ardite, tanto che si resta ammirati, se non sbalorditi, dalla potente immaginazione compositiva del pittore. La sua capacità di organizzare le scene, spesso in supporti di notevoli dimensioni, come accade soprattutto nelle sue tele siciliane, è forse l’apice della parabola di Stom”.
In attesa di una grande monografica, la “piccola grande mostra di Brescia” offre allo sguardo dei visitatori “tutta la produzione conosciuta del pittore pervenuta, per vari motivi, alcuni più storici, altri più recenti, in territorio lombardo. Manca solo l’enorme pala di Chiuduno (in provincia di Bergamo), alta quasi quattro metri, che si è preferito lasciare in loco, ma che sarà raccomandabile andare a vedere, considerata la sua importanza, a completamento di questa kermesse sul pittore fiammingo”.
Un pittore enigmatico Stom, date le scarsissime notizie biografiche e nonostante le 250 tele pervenute, che ne hanno fatto un artista di fama internazionale, particolarmente quotato nelle aste.
Ci rifacciamo a quanto afferma il prof. Papi: “Restano misteriosi i limiti cronologici della sua esistenza, così come i luoghi dove tale esistenza ebbe inizio e terminò. Si suppone sia nato intorno al 1600 (ma dove?), sulla base dell’età registrata negli Stati d’anime romani dell’inizio del quarto decennio; quanto all’epoca e al luogo della morte, sono dati che restano del tutto ipotetici, sicuramente non prima del 1645 (a Venezia, dove in quell’anno rimane la sua ultima traccia? Ma vedremo che il pittore dovette in breve abbandonare la città lagunare. O tornò in Sicilia? O a Roma? Oppure fece ritorno in patria?). Ciò implica che anche il suo percorso (soprattutto nelle sue prime tappe) resti avvolto nel mistero e nelle supposizioni”.
Afferma ancora Papi: “A lungo e pacificamente si è ritenuto Stom (chiamato prima Stomer) come un artista olandese, sbocciato nella grande fucina di Utrecht e trasferitosi a Roma, seguendo, a distanza di tempo, i simili destini di altri fiamminghi. Prende sempre più forza un’alternativa proposta sulle origini del pittore: la provenienza dalle Fiandre meridionali”.
Con grande probabilità, Stom, prima di trasferirsi in Italia, ebbe modo di conoscere Rubens del quale talvolta echeggia le pennellate.
E' molto scarsa la documentazione sulla presenza di Stom nella nostra penisola. E' documentata la sua presenza a Roma solo negli anni 1630-1632, anche se la sua permanenza dovette essere più lunga, almeno fino al 1634.
“Stom è già sicuramente a Napoli (e doveva esserci almeno da qualche mese) il 28 luglio 1635, dove è ancora presente nell’agosto del 1637 e di nuovo nel luglio del 1638, quando riceve un acconto per alcuni lavori”.
Da Napoli si trasferisce a Palermo (1639-1642), dove cresce la sua notorietà e dove si dedicò prevalentemente ad opere di grandi dimensioni con soggetti di storia antica che potevano sottolineare “le istanze dell'aristocrazia siciliana di ribellione verso il governo centrale spagnolo”. Un periodo d'oro, quello di Palermo.
Ma essendo un “girovago”, Stom se ne andò anche da Palermo per approdare a Venezia (1643-1645?). La mancanza di una documentazione lascia nel''ombra il resto della sua vita.
L'esposizione delle 12 tele di Stom, come illustrato dal Direttore della Fondazione Brescia Musei, Stefano Karadjov, fa considerare Stom un arricchimento capace di saldare perfettamente l'artista fiammingo a Moretto, Ceruti, a tutto quello che ruotava attorno alla enigmatica figura di Caravaggio.
Dal 28 ottobre al 15 Febbraio 2026, la presenza in Pinacoteca di un grande capolavoro di Rubens, “Giovan Carlo Doria a Cavallo” consentirà di sottolineare ulteriormente i rapporti artistici tra il nord Europa ed il 600 italiano, dando risposta ad alcuni interrogativi rimasti aperti.
Ma addentriamoci nel vivo della mostra inaugurata giovedì 18 settembre.
Ad accogliere i visitatori sono due magnifiche opere a lume di candela, “Esaù che vende la primogenitura a Giacobbe” e “Negazione di San Pietro”. Due consegnate in comodato alla Tosio Martinego da un collezionista privato. Papi ne ha individuato la provenienza originaria da una grande raccolta, la collezione Scotti, essendo arrivate a Bergamo nel 1791. Le due tele , come afferma Papi, sono certamente tra loro vicine stilisticamente e con probabilità vennero eseguite insieme: volti in primo piano, tagli netti delle pennellate, misure identiche
A seguire una serie di altre tele di medie o grandi dimensioni tra cui fa spicco “Dedalo mette le ali a Icaro”, di provenienza collezione Scotti, dipinta nel periodo romano.
Ci vogliamo soffermare sulla grandiosa tela “Giuseppe Flavio predice a Vespasiano che diventerà imperatore”, conservata nella nostra provincia, a Soncino, nella chiesa di Santa Maria Assunta. L'opera ( 2,43 x 1,86) giunse a Soncino nel 1906 e fu Mina Gregori che nel 1954 ne attribuì la paternità a Stom. Spetta successivamente (1999) allo studioso cremonese Mario Marubbi il riconoscimento storico del soggetto come “L'imperatore Vespasiano che fa liberare Giuseppe Flavio dalle catene”. L'aspetto stilistico induce Papi ad “una datazione tarda siciliana; la notevole qualità non è inferiore ai grandi capolavori rimasti nell'isola”. Concludendo le sue riflessioni Papi aggiunge “che anche negli anni veneziani Stom potrebbe aver avuto un linguaggio senza soluzione di continuità a quanto sperimentato nell'isola. Tuttavia è stato giustamente precisato da Marubbi che Soncino nel Seicento ha sempre fatto parte del Ducato di Milano e non è mai stata sotto il governo della Serenissima”.
Onore al merito a Marubbi.
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