23 febbraio 2025

"Voglio ammirare il Po" nessuna casa superi questa altezza. Quella lapide ancora visibile sul Palazzo Persichelli verso via Ruggero Manna. Un piano regolatore "personale". Lo straordinario documento

Via Ruggero Manna, di fianco alla prima finestra d'angolo di via Jacini di Palazzo Persichelli, sede del Tribunale. Guardate verso l'alto e vedrete una antica lapide perfettamente leggibile. Il marchese Persichelli amava ammirare dalla sua finestra il panorama del Po e stabilì l'altezza massima a cui dovevano arrivare le case di fronte per non togliergli la vista del fiume (una sorta di piano regolatore a cui ci si doveva attenere scritto su una lapide) "onde togliere  meno visuale possibile". Il marchese stabilì perfino che i camini della casa di fronte non dovessero essere più di sei e costruiti in modo da presentare al palazzo il fianco e non la facciata. Il ricercatore Maurizio Mollica ci racconta questa incredibile storia. 

Lungo la Contrada Bassa, all’ angolo della Contrada della Dogana, in discesa e opposta di strada alle absidi di Santa Lucia, si trova il palazzo di Gian Battista Silva. Potrebbe iniziare così la descrizione del Palazzo del Tribunale posto in Via dei Tribunali , angolo Via Ruggero Manna. Il palazzo esisteva già nel 1500 ma venne sicuramente rimaneggiato, su commissione del proprietario Gian Battista Silva a fine 1700 e a cura dell’architetto Faustino Rodi.

Rodi, nello stesso periodo si occupò di rifare le porte San Luca e Ognissanti ( ora porte Milano e Venezia ) e di rimaneggiare Palazzo Stanga di Via Palestro.

Inizialmente il Palazzo doveva avere ingresso da Contrada Bassa ( Via Ruggero Manna ), ma poiché il proprietario doveva anche accollarsi le spese per la demolizione di varie case vecchie li ubicate, si optò per la entrata sulla Via dei Tribunali, rinunciando ad una scala teatrale che Rodi aveva progettato dalla via Manna.

Nelle operazioni di scavo per demolire le case, a metà degli anni ottanta del 1700, apparvero in profondità alcuni legni, pezzi di nave o imbarcazione fluviale e alcune parti di remi.

Già il Bordigallo aveva scritto nel 1500 che, sulla stessa strad , alla fine della attuale Via Manna all’ angolo Piazza S.Paolo vi fosse prima un letto di un fiume.

Il Bordigallo cita la Torre dei Mastalia della quale parla anche Lorenzo Manini.

Viene chiaramente citato un episodio che chiarisce la ubicazione della Torre e che riguarda la guerra civile del 1200 tra Guelfi e Ghibellini cremonesi.

Si dice che il giorno 12 marzo del 1210 le milizie della Civitas Vetera attaccarono le milizie della Civitas Nova davanti alla chiesa di S.Egidio e vi sia stata battaglia. La torre dei Mastalia, situata in quella vicinanza, fu di grande riparo ai cittanoviani, sebbene molti restarono morti o feriti.

Vi fu poi una seconda battaglia il primo luglio dello stesso anno, capeggiata da tale Guglielmo Mastalia, certamente proprietario della torre che Domenico Bordigallo cita “Turris Mastaliorum in fundu antiqum alveum flumen”.

Tale torre fu distrutta nel 1700 ed era detta Ariguzzi e non credo sia un caso che il nobile marchese Ariguzzi nel 1835 cedette alcune proprietà per fondare parte de “Le Canossiane” che avevano loro fabbricati tra Via Bissolati, Via Manna  e Via Ferrario.

Accanto a tale fabbricati turriti del 1200 vi era la Zecca di Cremona per coniare monete. La Zecca di Cremona era esattamente alla fine di Via Manna, sul lato sinistro al civico 34, dove la via stringe prima di terminare in Piazza S.Paolo.

Vi sono quindi ragionevoli motivi per pensare che in epoca romana la “contrada bassa”  via Manna, anche per via del toponimo, fosse paleo alveo del Padus con Cremona Castrum situata più in alto in un crescendo di quote sulle parallele interne Via Grandi – Via Plasio -Corso Campi e in un decrescendo di quote sulle altre parallele esterne Via  Bissolati – Via Massarotti e Via Lugo (extra mura)

Può certamente apparire strano quindi che lì sia stata rinvenuta una parte di imbarcazione ma tutte le vie che sfociano in Via Manna dal lato interno della città giungono in forte discesa con un dislivello di almeno 8 metri rispetto a Corso Campi. Tali dislivelli sono stati smussati dalle urbanizzazioni sequenziali di almeno mille anni. Anni nei quali i cremonesi hanno sottratto terreni edificabili al fiume che si allontanava mano a mano dal nucleo originale cittadino situato in posizione elevata.

Tornado a Palazzo Silva, questo era sicuramente il primo toponimo nobiliare che poi divenne nel 1800 Palazzo Persichelli quando il fabbricato divenne proprietà del Marchese Antonio Persichelli. In realtà per la “genesi” del palazzo bisogna andare almeno al 1500.

Antonio Campi nel 1580 cita sulla sua mappa cittadina una certa abitazione riferita a Franciscus Amidanus (Amidani) che era ubicata nella posizione dell’attuale Palazzo Persichelli, ergo interne alla contrada Bassa, verso la discesa della attuale Via Tribunali.

Il conte Cauzzi acquista case medioevali antiche in quella zona proprio ad inizio 1600. Dalla mappa di Campi del 1580 all’inizio del 1600 vi è un lasso di tempo abbastanza breve. Le case Angelo Custode, la casa Ansaldi e quella Gadi vengono comprate dai Cauzzi. Tali case affacciano tutte su Contrada Bassa e confinano con Amidani.

Alla fine del 1600 le case acquistate e forse in parte demolite o da demolire, vengono vendute dai Cauzzi a Silva.

Probabilmente il palazzo nobiliare è quindi già formato dalla fusione delle case Amidani e dalle vecchie case fronte Contrada Bassa.

Il Silva, come accennato ad inizio, commissiona a Faustino Rodi i nuovi lavori nel 1700. Lo stesso Silva cede poi il bene al nipote Antonio Persichelli che usufruisce quindi dell’immobile nel 1800.

Il Marchese Antonio Persichelli cederà poi ai Gesuiti il palazzo nel 1847 e nel 1853 i padri Gesuiti fondarono il Collegio Fagnani dedicandolo al suo fondatore Federico Fagnani di Milano. Nel 1859, dopo la battaglia di Solferino, il Palazzo fu usato per accogliere i numerosi feriti e, dopo Unità di Italia fu adibito ad uffici per Pretura e Tribunale.

Vale la pena citare una descrizione di Grandi del 1850 che, descrivendo la città e le sue vie, si sofferma sulla caratteristica che ha poi incuriosito il sottoscritto ad una breve indagine.

Angelo Grandi, 170 anni fa scriveva:

“sul muro del fianco del palazzo che guarda la contrada Bassa, vicino all’angolo sinistro rispetto all’osservatore, ad un lato della ultima finestra del piano superiore, vedesi una breve iscrizione con una lamina di ferro orizzontalmente posta.

Indica questa che la casa che è di contro a questa fronte, se mai portasse qualche innovazione non deve essere innalzata di più di quella elevatezza che che segna la detta lamina, che ne è appunto il livello, come venne ordinato dall’illustrissimo signor marchese Persichelli. Ex proprietario sia del palazzo che della accennata casa, della quale appositamente ne fece dono ad un suo signor agente procuratore colla su espressa inviolabile condizione, affinchè nessun ostacolo si frapponga, che abbia a togliere da questa parte di palazzo la bella spaziosa vista che si gode del Po

E così, il marchese poteva godere dal Palazzo, la vista del Po in lontananza. Impensabile che potesse farlo da Via Manna – Via dei Tribunali.

Impensabile per noi che vediamo palazzi ovunque a toglierci un orizzonte in discesa verso Cristo Re o la ex area Frazzi. Impensabile che in Via Cadore una Via si chiami Belvedere anche se oggi vede solo case. Impensabile che nel 1700 la Via Belvedere era Via Ettore Sacchi dalla quale si vedeva il Po.

E così, preso dalla voglia di scoprire vecchie curiosità sulla mia città, mi sono armato di Canon con zoom e sono andato una mattina presto di domenica in Via Ruggero Manna, sul lato opposto di Via dei Tribunali, posizionato dopo le absidi di Santa Lucia e in corrispondenza del civico 8.

Ho guardato il palazzo giallo di fronte, all’angolo di Via Jacini: Palazzo Amidani Cauzzi Silva Persichelli.

Al piano superiore, una finestra con balaustra in marmo a 5 colonnette, le ante in legno verde pistacchio e sul lato destro della anta di destra, una anomalia della facciata, una lamina metallica lunga circa 30 cm e una iscrizione su marmo ormai consumata dal tempo.

La Canon che sforza lo zoom a catturare qualcosa scritto da qualcuno 170 anni fa e riferito e voluto da qualcuno 200 anni fa per garantirsi il belvedere.

Si legge “COME DISPOSTO ANNO 1820” Mi sposto, stavolta in mezzo alla strada, la domenica nessun veicolo in Via Ruggero Manna. Guardo il Palazzo alla altezza della “elevatezza della lamina”. Guardo il civico 8 di fronte. Sarà anche un caso fortuito ma la regola è ancora valida dopo 200 anni, il palazzo non supera la lamina posta di fronte.

Il marchese Antonio Persichelli si era garantito una opzione di bellezza per non avere una abitazione più alta della sua lì di fronte. Tale opzione è divenuta inalienabile anche due secoli dopo.

Chi attraversa Via Ruggero Manna può constatare tutto ciò rendendosi conto di come poco sia cambiato sebbene tutto sia cambiato.

Maurizio Mollica


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti


Elena Staccioli

23 febbraio 2025 09:59

Molto interessante

Patrizia

23 febbraio 2025 12:21

Grazie per le notizie sempre molto interessanti sulla storia della mia amata città