1 giugno 2022

110 anni fa, quando si abbatteva il Vecchio Passeggio e nasceva il futuro viale Trento Trieste. Ecco com'era la vecchia Cremona

Antonio Leoni ricostruì  su "www.vascellor.it" il cui archivio oggi è patrimonio di "Cremonasera", utilizzando uno studio di Mariella Morandi e le foto dell'archivio comunale, la storia di come nacque viale Trento e Trieste scavando il romantico vecchio passeggio sorto sulle mura cittadine. Semafori spesso in tilt, traffico che spesso diventa insostenibile pur essendo diviso con via Dante, il viale resta una grande incompiuta cittadina. In occasione dei 110 anni dell'avvio dei lavori (partirono il 1° marzo 1912), riproponiamo l'articolo di Leoni.

Il Pubblico Passeggio sorse in quel lontano 1787 nell'ambito dei lavori eseguiti alle fortificazioni dopo l'abolizione della piazzaforte militare di Cremona,. Era costituito da un lungo viale con un percorso pedonale alberato ed uno rotabile, su cui si aprivano cinque baluardi, abbelliti da siepi e aiuole. Vi si accedeva mediante la contrada del Passeggio, realizzata verso il 1847, e sette rampe successive.
Una descrizione più accurata del Pubblico Passeggio ce la diede nel 1991 Mariella Morandi in “Cremona e le sue Mura”, editrice Turris, una pubblicazione che accompagnò la bella mostra organizzata dal Comune di Cremona in Santa Maria della Pietà dal 23 marzo al 5 maggio 1991.
Il Pubblico Passeggio “alla metà dell'Ottocento si presentava come un viale lungo più di un chilometro che correva sopra gli spalti dal baluardo di S. Quirico a porta Ognissanti con un percorso pedonale, alberato, ed uno rotabile col fondo stradale in ghiaia.

Ben cinque baluardi, come si è detto, si succedevano lungo il percorso: il primo, venendo da porta S. Luca, era detto di S. Quirico o della fiera da quando, a partire dal 1820 vi si tenne l'annuale fiera settembrina, seguivano i due posti di fronte all'ospedale, su uno dei quali, detto baluardo della musica, si esibiva la banda musicale, venivano poi il baluardo S. Arealdo ed infine l'ultimo, poco prima del casino della guardia di porta Ognissanti. Un parapetto in muratura, costituito dalla parte alta delle mura, con palle di granito per decorazione, costeggiava tutta la passeggiata. Per accedervi vi erano diverse possibilità: si poteva percorrere la contrada del Passeggio, realizzata verso il 1847 che,con marciapiedi per i pedoni, il fondo selciato da ciottoli e trottatoie per le carrozze, conduceva dalla strada postale interna (l'attuale corso Garibaldi) al baluardo S. Quirico, oppure si poteva imboccare una delle sette salite che vi accedevano: quella della contrada Rossa per i pedoni, con siepi laterali di carpani, quella di S. Vittore per i rotabili con muri di sostegno ai terrapieni e corrimano in ferro, quella simile ma per pedoni della contrada Gioconda, quelle solo selciate delle contrade S. Antonio del Fuoco, Mercato Boario, S. Arealdo.

Il Passeggio fu oggetto di continue cure da parte dell'amministrazione municipale che appaltava per periodi novennali la manutenzione delle strutture e del verde e che intervenne più volte per operare migliorie. Già nel 1818 si erano sostituiti gli olmi con ippocastani e si erano posate panchine in pietra, poi nel 1847 si procedette alla sistemazione delle sette rampe d'accesso costruendo muri di sostegno al terrapieno e corrimani in ferro retti da colonnetti di granito; vent'anni più tardi, nel 1867-68, il Consiglio comunale decise di procedere al riordino dei baluardi.

Il progetto venne affidato all'architetto Vincenzo Marchetti -giacche - scriveva l'ingegnere capo Dalla Noce - a tutti è nota la sua valentia e la cognizione di cui è fornito anche in questa parte decorativa, cognizione che esso più d'ogni altro deve avere essendo anche distintissimo pittore scenografico''. Si trattava di riformare le aiuole e le siepi dei due baluardi e di attrezzare quello della musica in modo tale da distinguere la zona di passeggio del viale da quella della sosta. Per questo venne realizzato uno spiazzo cintato e leggermente sopraelevato rispetto al viale, chiuso da una quinta di alberi verso l'esterno; al centro si trovavano il palco della banda e due chioschi dalle linee aggraziate per la vendita di birra e caffè . In esso il baluardo si offriva come un bel balcone ombreggiato, rivolto verso un paesaggio che però,un tempo campestre, era ormai fittamente costellato di abitazioni; la sua realizzazione godette comunque per molto tempo del favore dei cremonesi, avrebbe scritto infatti l'ingegner Remo Lanfranchi alcuni decenni dopo: “Noi tutti ricordiamo negli anni lontani i concerti musicali sul grande baluardo, e tutta Cremona ivi raccolta a godere il viale ombroso dinnanzi la verde distesa dei campi''.

Nel frattempo però la configurazione della città evolveva e notevoli cambiamenti avvenivano nel tessuto urbano. La demolizione della chiesa e del convento di S. Domenico, iniziata nel 1868, aveva creato nel giro di dieci anni un ampio giardino nel cuore della città e ciò aveva rivoluzionato le abitudini dei cremonesi che avevano man mano eletto questo a luogo di passeggiata e punto di ritrovo...per cui il Passeggio Pubblico era diventato più che altro un ingombro. Per questi motivi l'ultimo decennio dell'Ottocento vide la Giunta municipale impegnata nella ricerca di una soluzione che, variamente proposta,contemplava comunque sempre la demolizione, almeno parziale, del Passeggio''.

La questione si trascinò a lungo e nel 1906 l'assessore ai lavori pubblici, ingegner Fortunato Fontana, nel portare nuovamente il problema all'attenzione della Giunta, ne riassunse i vari punti illustrando fra l'altro la situazione in cui si trovava allora il Passeggio: ... Forse qualche voce richiama la memoria di tempi già lontani, quando nella buona stagione, al pomeriggio dei giorni festivi, il nostro Passeggio era per ogni ordine di persone un geniale ed elegante convegno, allietato dalla musica cittadina, e pur negli altri giorni era luogo di diporto assai frequentato, gradito per l'ombra e l'elevatezza del piano da cui la vista si stendeva largamente nella campagna a nord di Cremona, posandosi fin sulla cerchia delle Alpi. Ma la creazione del giardino di piazza Roma ha recato ora altre abitudini, e la passeggiata non è più quella; perchè la circonvallazione esterna si viene assiepando di case che verso nord hanno le fronti più o meno decorosamente disegnate ed al bastione non lasciano altro prospetto che di cortili interni a servizio domestico o industriale. Onde può dirsi che di quel terrapieno finiscono a non rimanere che gli inconvenienti.
E questi non sono pochi nè lievi. Colpiscono anzitutto le case che lo costeggiano a mezzodì, già poco buone per l'unico prospetto di nord, aduggiate dall'altezza dell'argine che sorge qualche metro distante, e degli ippocastani su esso sorgenti assai oltre l'altezza dei tetti. La pressione poi delle acque, assorbite e filtranti per la massa dei terrapieno, penetra il suolo e sale pei muri. Simili danni, specialmente per l'ostacolo alla ventilazione, si estendono ai prossimi tronchi delle strade che, in direzione sud nord, sboccano contro il Passeggio".
Altri poi erano gli inconvenienti - prosegue nel suo bel saggio Mariella Morandi - causati dal terrapieno e ricordati dall'ing. Fontana: esso ostacolava la circolazione, impediva le opere diriforma dell'ospedale e la costruzione di nuovi edifici sul fronte rivolto alla città, inoltre, pensando alla prospettiva dell'abolizione dei dazi comunali, il terrapieno del Passeggio sarebbe ostacolo all'unione di quella parte della città col borgo in un solo complesso edilizio e stradale, costituente il quartiere più commerciale della città per la vicinanza delle stazioni''
Per tutto questo complesso di motivi era necessario sterrare il Passeggio. varie furono le proposte e molte le discussioni.
La svolta decisiva si ebbe nel 1906, cento anni fa appunto, ma fu solo con il piano regolatore Lanfranchi (1910) che la questione venne risolta. Per la zona del Passeggio esso prevedeva una soluzione radicale, la sua completa demolizione e la sua sostituzione con una vasta strada alberata, composta da tre lunghi rettilinei inscritti in un'ampia curva collegante porta Venezia a porta Milano, che nelle intenzioni del progettista avrebbe dovuto essere interrotta da due ampi piazzali. Il viale, pur essendo una strada destinata a sopportare un'intenso traffico, doveva però mantenere a caratteristica del passeggio immerso nel verde ed una certa signorilità nelle residenze, tutte pensate con un giardino antistante.

Avrebbe completato iI risanamento della zona la demolizione della cosidetta "Croazia”, ossia del quartiere posto fra le vie Mercato Boario e Stenico ‘una delle maggiori vergogne della città nostra - scriveva il Lanfranchi - [...] labirinto di casupole diroccate dall’aspetto lurido all’esterno, vero alveare di carne umana’ ‘ .
Anche se il piano regolatore nei suo insieme non venne attuato, la proposta che questo fece di demolire completamente il terrapieno per sostituirlo con un’ampia strada alberata, fu resa operativa il 1° marzo 1912 quando iniziarono i lavori di sterro protrattisi per due anni.
Immediatamente, lungo il nuovo viale furono costruiti fabbricati, demolendo quel poco che era rimasto delle mura e si copri’ la Fossa civica trasformandola in fognatura. Si sistemarono le strade di collegamento con quella che ore è via Dante. Nel 1918, infine, il cambio di denominazione e l’intitolazione patriottica di viale Trento e Trieste sancì la definitiva scomparsa del Passeggio pubblico, del quale peraltro rimase a lungo nei cremonesi - conclude poeticamente Mariella Morandi - una romantica immagine di sapore ottocentesco.

Foto 1) Il passeggio pubblico nel 1910 all'altezza di via S. Antonio del Fuoco; 2) Lo sterro del Pubblico Passeggio sulle antiche mura di Cremona fu una tale impresa che ispirò probabilmente il capolavoro di Carlo Vittori. L'opera è di proprietà della Banca San Paolo; 3) Vista dall'attuale Corso Matteotti, ecco Porta Venezia, l'antica Porta Ognissanti demolita nel 1908; 4) Il malfamato quartiere detto "Croazia", ai limiti del pubblico passeggio, posto tra le vie Mercato Boario e via Stenico, "una delle maggiori vergogne della città nostra - scriveva Remo Lanfranchi - labirinto di casupole diroccate dall’aspetto lurido all’esterno, vero alveare di carne umana". Eccolo nel 1912 durante i lavori di posa di binari (Raccolta comunale); 5) Il progetto di Vincenzo Marchetti per il Baluardo della musica, con due padiglioni ad uso di caffè,1865 (Archivio Comune Cremona); 6) Sopra, il cosidetto Baluardo de Matti ormai in disuso, 1911 e, sotto, lo stesso Baluardo, con una foto verso l'esterno della città, durante i lavori di demolizione e di sterro, 1912; 7)Il baluardo davanti all'ospedale nel 1900 (Raccolta comune Cremona)

 

Antonio Leoni


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