7 febbraio 2022

75 anni fa la fuga dall'Istria e Dalmazia. Un migliaio di esuli si fermarono a Cremona: all'Asilo Martini, poi alla Lamarmora e quindi a Borgo Loreto

Giovedì si celebra il Giorno del Ricordo, istituito  il 10 febbraio di ogni anno e dedicato alla vicenda dell’esodo di migliaia di italiani dall’Istria e dalla Dalmazia al termine della seconda guerra mondiale e alla tragedia delle foibe. Cremona fu tra le città protagoniste delle vicende di quegli anni, poiché accolse una numerosa comunità di profughi, per i quali vennero costruite le case di Borgo Loreto. 

Alle 11 del 10 febbraio 1947 i rappresentanti dei ventun paesi belligeranti si trovarono a Parigi per firmare il trattato di pace che poneva fine alla seconda guerra mondiale. Le condizioni per l’Italia sconfitta furono pesantissime: cessione alla Jugoslavia delle province di Zara, Pola, Fiume e di parte di quelle di Trieste e Gorizia, per un totale di 7429 chilometri quadrati e 502.124 abitanti; costituzione dello stato libero di Trieste; restituzione alla Jugoslavia di tutto il materiale di valore artistico, storico ed archeologico appartenenti alla Venezia Giulia; confisca di tutti i beni dei cittadini italiani; arresto e consegna dei criminali di guerra italiani e libertà a quanti che avevano operato in favore della Jugoslavia; imposizione di presentare domanda alle autorità jugoslave da par- te dei giulio dalmati che intendevano conservare la cittadinanza italiana. I cittadini delle provincie giuliane e dalmate, non volendo accettare di divenire jugoslavi, preferirono abbandonare quelle terre ed in 350.000 presero la via dell’esilio. 36.000 su 40.000 lasciarono Pola imbarcandosi sulla nave “Toscana” dal 1 febbraio al 20 marzo del 1947, ma l’imponente spostamento della popolazione durò per oltre vent’anni. I profughi giunti in un’Italia distrutta dalla guerra furono raccolti in un primo momento nelle vecchie caserme orma vuote e nei campi di concentramento dei prigionieri di guerra appena abbandonati. Una tragedia nella tragedia della guerra.

Sono trascorsi ormai settantacinque anni da quando anche Cremona conobbe il triste calvario dei tanti sfortunati che pagarono sulla propria pelle il prezzo di una guerra perduta. Malgrado le difficoltà della ricostruzione, venne organizzato dalla Prefettura un centro di raccolta profughi dove furono ospitati migliaia di istriani, fiumani e dalmati in attesa di avere una definitiva sistemazione in altre città italiane e all’estero o prima di essere coinvolti nella vita attiva e produttiva della stessa città.

In un primo momento fu adibito allo scopo l’asilo Martini di via Dante, ma essendo aumentato il numero il numero dei profughi, venne adattata la caserma Lamarmora di via Villa Glori, molto più capiente, insieme all’ex convento di Santa Chiara. La sistemazione portò ogni famiglia ad avere un box ricavato montando dei fogli di compensato o addirittura delimitato da coperte appese ad uno spago. Per molti profughi, tuttavia, la vita comunque ricominciava e si guardava al futuro con maggiore speranza.

Circa un migliaio di questi profughi si sono definitivamente fermati a Cremona e in provincia inserendosi nel tessuto sociale con la disponibilità che è propria delle genti di confine. Molti hanno ottenuto una casa negli edifici costruiti dallo Iacp negli anni Cinquanta, altri sono stati assegnatari delle case costruite a Borgo Loreto negli anni Sessanta per dare loro una definitiva sistemazione e chiudere il Centro raccolta di via Villa Glori. Si costituì in questo modo a Borgo Loreto, tra le vie Novasconi, Sardagna e piazza Garibaldi, un piccolo centro dove si sentiva parlare dialetto veneto e dove fu possibile riportare le tradizioni tipiche della terra d’origine. Il Comitato provinciale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ha raccolto in via definitiva i vari comitati sorti all’inizio dell’esodo, dando assistenza ai profughi in tutte le loro necessità, dalla ricerca di documenti all’espletamento delle pratiche per i beni abbandonati all’interessamento per gli anziani ed i più deboli. Non secondaria l’attività culturale, l’unico filo che ancora lega istriani e dalmati ai loro luoghi d’origine e testimonia di una gente tenacemente viva nei propri usi, nella propria tradizione e nel proprio dialetto. Per questo è nato nel 1975 “el fogoler”, il periodico che si stampa in occasione delle feste dei patroni delle città perdute e che, anche con l’uso del dialetto, rinnova il ricordo delle usanze, del folclore e soprattutto rinnova il ricordo della storia, dell’arte e delle bellezze paesaggi-tiche di quelle terre che, anche dopo l’esodo massiccio della popolazione italiana e l’inserimento di un gran numero di immigrati dalla ex Jugoslavia, riescono a mantenere il loro carattere latino e veneto. Altra attività realizzata dal Comitato Cremonese con l’aiuto degli amici residenti nelle altre città italiane, autori di fotografie della terra istriana e delle architetture romaniche e veneziane sia istriane che dalmate e l’esperta assistenza e collaborazione di un illustre docente di archeologia cristiana all’Università di Trieste è stata la creazione del Centro di cultura Giuliano Dalmata che ha realizzato sia a Cremona che in itinere, bellissime e visitatissime mostre fotografiche e, successivamente, altre mostre di valenti artisti istriani.

In occasione del Giorno del Ricordo, ricorrenza istituita per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra, giovedì 10 febbraio, alle ore 12, al Civico Cimitero, alla presenza delle autorità civili e militari e dei rappresentanti del Comitato di Cremona dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, sarà deposta una corona d'alloro al monumento ai caduti Giuliano-Dalmati di tutte le guerre. A seguire pronunceranno un breve intervento Marinella Ive e Carlo Capurso, dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, e il Sindaco Gianluca Galimberti. Domenica 13 febbraio alle 11,00, come da tradizione, sarà celebrata nella parrocchiale di Borgo Loreto, piazza Cappellani Militari Caduti, la Santa Messa in suffragio delle vittime delle foibe e degli esuli deceduti lontano dalle loro terre. Per l'Amministrazione comunale interverrà l'Assessore Simona Pasquali.

Nelle foto di Giuseppe Faliva, bambini figli di profughi all'ex Caserma Lamarmora (fine anni Cinquanta, inizio Sessanta), poi profughi istriani in fuga e la targa messa dall'amministrazione Corada all'ex asilo Martini, primo rifugio degli esuli

 


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commenti


michele de crecchio

7 febbraio 2022 14:18

Ricordo bene che l'assistenza religiosa (e non solo) ai profughi ospitati nella ex-caserma La Marmora (già Seminario Vescovile) era stata affidata dal parroco di S. Agata (mons, Guido Astori) al vicario don Egisto Borsella. Di entrambi conservo un ottimo ricordo, anche personale,