Al Ponchielli applausi per "La fanciulla del West" e negli occhi il dramma dei minatori lontani dalle case e dalle proprie famiglie
E’ andato in scena venerdì sera al Ponchielli “La Fanciulla del West” di Giacomo Puccini. Opera originariamente ambientata in California nell’800, ha trovato la sua realizzazione in un’ambientazione ai giorni nostri firmata da Andrea Cigni. Il colpo d’occhio voluto da Cigni ha riproposto nella mente degli spettatori l’odissea vissuta dai minatori italiani nelle miniere di Belgio o Germania lontano dagli affetti e dalla propria terra.
Il regista, avvalendosi delle scene di Dario Gessati, ha utilizzato una piattaforma girevole per strutturare le vicende di questo titolo dalle mille sfumature.
Una tra le complessità è stata la gestione del cast vocale, ove l’esiguo numero di coristi è opposto alla folta schiera di solisti e comprimari. Torna Fiammetta Baldiserri ad illuminare il palco, dopo aver già lavorato alla felice produzione di Trovatore partita proprio dal Ponchielli di Cremona alla fine dello scorso anno.
Valerio Galli ha diretto l’orchestra con bravura. Particolarità di questo spettacolo, e machiavellico colpo di genio, l’utilizzo della riduzione orchestrale realizzata da Ettore Panizza (ed approvata dallo stesso Puccini) che, pensata per teatri più piccoli, è sapientemente utilizzata in questa situazione dove anche in buca d’orchestra il teatro è tenuto a distanziare i musicisti seguendo le norme anti Covid.
Semplice ed efficace la direzione di Galli, che guida il cast e l’Orchestra “I Pomeriggi Musicali” in una partitura complessa ed intrecciata.
Già nella nostra chiacchierata con la Segreteria Artistica del teatro (pubblicata ad inizio stagione) avevamo anticipato ai nostri lettori la scelta artistica di portare in scena voci più “leggere”, anche per una forma di coerenza e di equilibrio col ridotto organico orchestrale.
Con le dovute proporzioni, possiamo dire che questa scelta si è rivelata vincente.
Applausi per Rebeka Lokar nel ruolo di Minnie, e per Angelo Villari, che porta in scena un Dick Johnson pulito ed articolato, con una splendida interpretazione della romanza più conosciuta dell’opera “Ch’ella mi creda libero e lontano”.
Efficace lo sceriffo Jack Rance con la bella voce baritonale di Sergio Vitale e un’ottima presenza scenica.
Bene i comprimari, incaricati del difficile compito di fare da “contorno” ai tre cantanti principali, coadiuvati anche dai minatori del Coro OperaLombardia preparato da Diego Maccagnola.
Efficaci nella loro sobrietà i costumi di Tommaso Lagattolla.
Insomma una bella serata di ritorno all’opera pur con un titolo pucciniano che musicalmente segna una svolta tra il melodramma e la colonna sonora del cinema che all’inizio del Novecento (la prima si ebbe nel 1910) stava diventando lo spettacolo per eccellenza. Insomma quasi più un musical che un'opera lirica.
Servizio fotografico di Gianpaolo Guarneri/Foto B12
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