Antichità Mascarini ad Art Week 2023: un salto nel tempo e nello spazio dall'istallazione in facciata allo splendido ritratto del Malosso
C’è chi, incerto, cerca di vincere la propria fisicità, il peso che lo tiene ancorato alla materia per lanciarsi nel salto liberatorio nello spazio. Chi anela a questa libertà, ma è ancora frenato e resta con un piede ancorato alla propria dimensione, che non è terrena, ma già spaziale. C’è anche chi attende il proprio turno, sfondando la coltre delle nubi ed anche chi, seduto sulla propria nuvola, guarda proiettato nel vuoto. E’ il salto il tema della grande installazione, rivoluzionaria per la sonnacchiosa via Janello Torriani, all’ombra sicura degli antichi vicoli, che i fratelli Mascarini, Paolo e Michele supportati dal giovane Sebastiano, hanno pensato per la loro personalissima partecipazione ad Art Week 2023. Il salto come sfida, da quello del bambino che varca la pozzanghera, o più facilmente vi ci si butta per provocazione, a quello degli atleti, dal salto nel vuoto per amore del rischio o per il desiderio della scoperta a quello di pochi centimetri di Neil Armstrong libero dalla gravità terrestre, che ha cambiato i destini dell’umanità.
Il salto è necessario per librarsi nel volo, per liberarsi, anche solo per un attimo, dalla zavorra del nostro essere fatti di carne ed ossa, per consentire allo spirito di sfuggire alla materia. I “saltatori” di Michele sono esseri emaciati, stanchi ed afflitti dalla loro umanità, dalla loro corporeità. Hanno già fatto del proprio corpo uno stropicciato manichino, eppure esitano ancora. Un cielo azzurro, provocatoria reinterpretazione del “cappotto” destinato all’isolamento termico, carta per le nuvole e cartapesta per le figure, resine. Michele lavora ancora una volta manipolando a suo piacimento i materiali tradizionali nobilitandone l’uso in forma artistica. In questo caso, come negli altri precedenti a cui ci hanno abituato i fratelli Mascarini, l’istallazione, da espediente destinato ad inquadrare il percorso espositivo della galleria alle spalle, finisce per godere di una sua vita autonoma diventando essa stessa manifestazione artistica. E, per tornare al tema del salto, c’è effettivamente un “salto” di quattro secoli tra il lavoro di Michele e lo straordinario ritratto (ma attenzione al gioco della cornice, che se ne distacca per antitesi ma vi si integra cromaticamente!) che campeggia nel mezzo della galleria, attribuito al Malosso. Siamo verso la fine del Cinquecento ed il personaggio ritratto con dovizia di particolari potrebbe essere un medico, a giudicarsi dal fatto che, al suo fianco, è posta una sfera armillare, simbolo di conoscenza, e, con il palmo della mano rivolto verso l’alto, indichi un trattato di Ippocrate aperto davanti a sé, dove sono leggibili alcune frasi. Di estrema finezza il fazzoletto che regge con la mano sinistra, le pieghe ombreggiate dello stesso austero vestito nero su cui risalta l’immacolata gorgiera, ed una generica preziosità pittorica che rimanda ai lavori dell’ultimo Bernardino Campi. Un contrasto più netto non poteva esserci, eppure, per quella strana alchimia che presiede all’arte, i due lavori si integrano reciprocamente. E ad evidenziare il fatto che l’arte, in fondo, è fatta di continui richiami, equilibri e sensazioni che valicano il tempo e lo spazio, sta l’interpretazione contemporanea della sfera armillare a significare l’eternità di una forma perfetta, universale e modernissima che viaggia nel tempo e nello spazio.
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