9 febbraio 2023

Cent'anni fa, nei primi mesi del 1923, Mussolini metteva la prima pietra tombale sul futuro canale navigabile Milano-Cremona-Po

Il 17 dicembre del 1922 Mussolini, appena salito al potere, decise di chiudere tutti i porti della Lombardia e in particolare volle porre immediata fine agli scavi della tratta Milano-Cremona-Po perché il fiume era troppo suscettibile alle secche stagionali e non avrebbe potuto garantire uno sfruttamento sufficientemente costante e proficuo a giustificare gli sforzi economici necessari per realizzare la tratta. Così cent’anni fa, all’inizio del 1923, uno dei primi atti del nuovo governo fu proprio la sospensione dei lavori e lo scioglimento delle aziende portuali di Cremona e Milano.

A Cremona l'interesse per la navigazione interna era rinato grazie agli studi del senatore Giovanni Cadolini, che nel 1911 portarono alla redazione di un primo progetto per la realizzazione di un moderno porto fluviale promosso dal Comitato cremonese di navigazione interna. Anche a Milano, dove sindaco era il soresinese Emilio Caldara, già dal 1902 l’ingegner Paribelli del Genio Civile aveva elaborato un progetto per la realizzazione di un grande porto fluviale a sud della città, nella zona di Rogoredo, già punto di raccolta delle acque reflue della città che poi confluivano nel Lambro. Lo sviluppo dell’idea della costruzione del porto da destinarsi alle necessità delle industrie e dei commerci cittadini, segnalò l’esigenza di creare un porto commerciale, con diversi bacini disposti a pettine, ed un porto canale di utilizzo industriale. 

Un grande porto che avrebbe realizzato il sogno di collegare il cuore della Lombardia al mare, attraverso Cremona e il Po. Il Genio Civile presentò quindi il progetto di una enorme serie di darsene localizzate nel punto ove tutte le acque di Milano, di superficie e di falda, tendono a colare, la zona a sud dell'attuale Piazzale Corvetto. Nel progetto iniziale il grande bacino aveva 5 enormi moli di attracco, e sarebbe stato collegato con il Po tramite il canale Milano-Cremona. Nel 1917 infine il Comune approvò il progetto e stanziò il primo denaro. I lavori iniziarono subito mentre il progetto subiva alcune modifiche, con l'allargamento del bacino e la riduzione dei moli a 4, mentre il canale industriale continuava verso nord allacciandosi alla Martesana passando ad est dell'Idroscalo. Linee ferroviarie apposite avrebbero connesso il porto con la stazione di Rogoredo e di Porta Romana. Pertanto, sulla base del progetto del 1917 a Milano si procedeva alla costituzione di un’Azienda Portuale di Milano, per la realizzazione del porto e del canale di collegamento che avrebbe dovuto raggiungere il fiume Adda, secondo il tracciato Melegnano-Cavenago-Pizzighettone-Foce Adda, per poi raggiungere il Po poco a monte di Cremona. I primi lavori vengono avviati al termine della prima guerra mondiale, senza molta convinzione, soprattutto per dare lavoro al gran numero di persone che tornavano dal fronte dopo la smobilitazione ed erano prive di occupazione. Infatti, negli anni tra il 1919 ed il 1922, l’attività è limitata all’esecuzione degli sbancamenti del porto commerciale e dello scavo di alcuni tronchi di canale per una lunghezza di circa venti chilometri, non contigui, nei territori di San Giuliano Milanese, Lodi, Maleo e Maccastorna. L’inizio dei lavori per la realizzazione del porto e del canale navigabile fino a Cremona sono fortemente voluti da Emilio Caldara, il primo sindaco socialista di Milano, che lasciò anche alcuni scritti sulle opportunità aperte dal collegamento con il mare.

Parallelamente a Cremona, dove l'amministrazione comunale cittadina è guidata dal sindaco socialista Attilio Botti, nel 1919 e ’20 si appronta una banchina portuale in cemento sulla riva del fiume, appena a valle del ponte, sulla base del progetto del 1911, e viene creata contemporaneamente l’Azienda autonoma Porto di Cremona, per gestirne i traffici. L'area individuata dall’ingegnere Pietro Bortini per la realizzazione del porto fluviale era compresa tra la linea ferroviaria Cremona-Borgo San Donnino, lo Stradone Passeggio e la strada di circonvallazione che univa porta Po a porta Milano. Il porto interno, completo di tre bacini, avrebbe avuto uno sviluppo di banchine d'approdo di 1500 metri, lo specchio d'acqua una superficie di 55 mila metri quadrati e bacini e piazzali avrebbero occupato un'area di 200 mila metri quadrati. «L'accesso dalla città al porto – scriveva Bortini – come ben appare dalla planimetria generale, risulta comodissima. Per chi esce da porta Po, non ha che da scendere lateralmente allo Stradone Passeggio ed è subito alle vicine calate: uscendo invece da porta Milano o venendo dalla stazione si segue la circonvallazione e due comode strade, una delle quali limitante il fianco degli approdi e tracciata nel progetto di piano regolatore per Cremona dell'ing. Remo Lanfranchi, conducono al porto. Il tram pure vi ha facilissimo accesso allacciandosi da una parte alla circonvallazione e dall'altra alla linea Cremona-Piacenza sullo Stradone Passeggio.

L'allacciamento ferroviario pure è in ottime condizioni; infatti mente non impedisce menomamente il transito sulle calate adibite alle tramvie e ai carri ordinari, s'innesta alla linea Cremona-Borgo S. Donnino appena prima d'arrivare al passaggio a livello della strada provinciale per Milano sviluppandosi per una lunghezza di binario di metri 600 circa co curve i cui raggi non sono inferiori a metri 200 e colla pendenza del 7 per mille.

Finalmente la posizione e l'orientamento del progettato porto è pure adatta per ricevere l'eventuale linea navigabile artificiale Pizzighettone-Cremona, sia come stazione di testa, sia come stazione di transito. Infatti il canale Pizzighettone-Cremona sottopasserebbe il rilevato della ferrovia Cremona-Borgo San Donnino nel punto stesso in cui è previsto il sottopasso del canale alimentatore (dato che venga preferito questo sistema a quello d'alimentazione meccanica), derivato dal Morbasco. Appena attraversato tale rilevato il canale si biforca; una ramo corre in porto e l'altro va ad allacciarsi al canale che conduce al porto esterno. Se poi la linea navigabile artificiale si dovesse continuare a valle fino a Casalmaggiore o per Tagliata sistemato fino all'Oglio e a Mantova, il porto di Cremona diventerebbe una vera stazione laterale alla grande arteria Venezia-Milano. In questo caso fra il porto e lo Stradone Passeggio il canale navigabile verrebbe attraversato da un ponte girevole». In realtà Bortini aveva studiato altre due ubicazioni che, per motivi diversi, non vennero prese in considerazione. La prima prevedeva la realizzazione del porto a nord della ferroviaria Cremona-Borgo San Donnino, l'altra nell'area delimitata dalla strada chiamata “del porto”, dall'argine maestro del terzo comprensorio, dallo Stradone Passeggio e dal rilevato delle fornaci Frazzi e di via Del Sale. Nella prima soluzione il canale di comunicazione con il Po si sarebbe affacciato sul fiume nel punto dove sfociava il Riglio. L'altra proposta, invece, venne tralasciata per l'impossibilità di realizzare l'avanconca di comunicazione con il Po. Grandi progetti rimasti sulla carta. Nel 1922, le mutate condizioni politiche portarono ad una sospensione dei lavori milanesi, mentre il traffico alla Darsena di Porta Ticinese continuava ad aumentare parallelamente allo sviluppo edilizio della città. L'anno dopo uno dei primi atti del nuovo governo fu proprio la sospensione dei lavori e lo scioglimento delle aziende portuali di Cremona e Milano. Cent’anni fa fu questa la prima pietra tombale posta sul canale navigabile, destinato a fermarsi a Pizzighettone.

Fabrizio Loffi


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