L'applauso parte quando dal palco riferisce ciò che ha appena visto sul muro di un palazzo poco distante: “Una frase bellissima scritta a mano non so da chi: 'Non esiste una via per la pace, la pace è la via'. Nella loro semplicità, sembrano parole di papa Francesco”. E' stato Gian Carlo Corada, presidente provinciale dell'Anpi, ad aprire la sessione serale del lungo (125 interventi) dibattito, interamente trasmesso da Radio Radicale, che ha caratterizzato il 17° congresso dell'Associazione partigiani celebrato nei giorni scorsi a Riccione. Quattrocento delegati, il 40 per cento donne. Un appuntamento in cui ha tenuto banco, ovviamente, l'invasione dell'Ucraina, con l'Anpi accusata da alcuni di essere su posizioni filo Putin. Critiche respinte con forza dai vertici dell'associazione e dallo stesso Corada.
Nel suo discorso, durato otto minuti e un secondo, l'ex sindaco di Cremona ha esordito con una citazione: “Uno dei libri più interessanti sulla Prima Guerra mondiale è quello dello storico anglosassone Christopher Clark dal titolo 'I sonnambuli', di alcuni anni fa, in cui si legge: i leader politici di allora erano apparentemente vigili, come i sonnambuli, e portarono il mondo in guerra senza davvero volerla. Ci sono arrivati passo dopo passo. I paragoni storici sono sempre da prendere con le pinze, ma vi assicuro che il confronto colpisce”. Ha continuato Corada: “A differenza di allora, oggi c'è l'atomica. Sottolineare questo rischio non significa essere, come hanno detto, quelli del né né (né con la Russia né con l'Ucraina, ndr). L'Anpi e il suo presidente nazionale sono stati e sono sottoposti a un attacco preoccupante. Preoccupante perché si sta creando un pensiero unico che fa riflettere. Chi condanna Putin - ed è difficile non condannare un autocrate, omofobo, reazionario, e il sistema che giro intorno a lui - ma vuole ragionare sulla storia passata, chi fa così è bollato come putiniano e va bene se non viene insultato”. Poi un'altra citazione, stavolta “dal grande Spinoza: non ridere, non piangere, non detestare, ma cercare di capire. Dovrebbero farlo non solo gli storici, ma tutti noi”.
Dentro l'Anpi ci sono state spaccature tra i contrari all'invio di armi a Kiev, la larga maggioranza, e i favorevoli, la minoranza. Corada lo ha riconosciuto ma, premettendo di condividere la linea del presidente nazionale Gianfranco Pagliaruolo (contrario), è andato oltre caldeggiando: “Puntiamo tutto su un argomento meno divisivo, anche nel Paese: il no all'aumento delle spese militari. Il ministro della Difesa, che bisognerebbe tornare a chiamare ministro della Guerra come si è usato dal 1861 al 1947, un mio amico anche personale che rispetto ma con il quale c'è una profonda divisione, si è vantato di aver aumentato del 3,7 per cento le spese militari. Il Parlamento, poi, ha votato quasi all'unanimità una mozione per investire il 2 per cento del Pil in armamenti”, Tutto questo mentre “ci sono 5 milioni di poveri e il salario medio è bassissimo. Leggo, inoltre, che la spesa militare di tutti i 27 Paesi europei supera del doppio quella della Russia, che è già grandissima”.
Quindi, la mobilitazione lanciata da Corada: “Su questo argomento abbiamo un consenso maggioritario nel Paese. Occorre riempire i muri di manifesti, fare banchetti: no all'escalation militare, sì a trattative diplomatiche ad oltranza per l'Ucraina ma anche per un nuovo sistema di relazioni internazionali, con l'ONU che trovi un vero ruolo”.
Forse l'ex sindaco avrebbe voluto parlare della sua città, ma non ce n'era il tempo (“Trascuro quello che succede nella Cremona che fu di Farinacci”). Chiusa la parentesi, è tornato alla sua proposta: “Ci sono già stati movimenti pacifisti nella storia che hanno veramente inciso e fatto cambiare opinione ai potenti. Dovremmo fare così anche noi. Quello in atto non è uno scontro tra civiltà: prima l'islamismo, ora il tradizionalismo ortodosso... sembra quasi che abbiamo sempre bisogno di scontri”. “
Corada si è avviato alle conclusioni: “In molti sostengono che la democrazia è in crisi. Vero, c'è la democrazia liberale, che è importante ed è in crisi per varie ragioni. Ma c'è un altro tipo di democrazia che alcuni storici chiamano radicale, altri progressiva. E' la democrazia scritta nella Costituzione, all'art. 3, seconda parte. Non è che anche questa democrazia non sia in crisi, ma lo è perché non viene attuata. Il nostro compito non è tanto difendere la Costituzione, ma attuarla. La memoria attiva è questo: tradurre nell'oggi i valori della Costituzione e della Resistenza”. “Perfetto, è stato bravissimo”, hanno detto a questo punto dalla presidenza dell'assemblea riferendosi agli otto minuti rispettati dall'intervento ma, probabilmente, anche al suo contenuto.
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