E a Sheffield persino una fabbrica di coltelli si era affidata al nome Stradivari per i suoi migliori prodotti
Esiste qualcosa di più conosciuto, e in buona parte quasi mai completamente utilizzato, dei coltellini multiuso detti “svizzeri”? Tutti noi abbiamo avuto tra le mani quegli oggetti dotati di lame, forbici, seghetti e altro che si richiudevano perfettamente all'interno del corpo di solito fatto di plastica, plastica che poi diventava una tortura in quanto celava con millimetrica precisione precisione le lame che diventavano quasi impossibili da estrarre. Teoricamente comodi, compatti, pratici e validi per tantissimi esigenze, rappresentavano il perfetto spot pubblicitario per tutti coloro che, immersi in un weekend di vacanza a due ore di macchina da casa, partivano convinti che quei coltellini multiuso li avrebbero salvati nelle attività quotidiane come dall'attacco di orsi, lupi o altre bestie feroci. Mediamente le belve più feroci che si potevano incontrare nelle “selvagge” aree da campeggio poste a cinque minuti dai paesi di montagna erano gruppi di ragazzini che correvano tra i pendii fuggendo dagli occhi dei genitori con quei coltellini in tasca i quali, di solito, si procuravano qualche punto di sutura già solo nel tentativo di aprirli.
Nella seconda metà del 1800 la campagna intorno a Sheffield non doveva essere un luogo tranquillo, di certo i lupi gironzolavano nei boschi, magari qualche orso andava alla ricerca di cibo fin verso la città ma, nel complesso, il Mastino dei Baskerville di Sherlock Holmes era di casa a centinaia di chilometri di distanza e Jack lo Squartatore commetteva i suoi efferati crimini immerso nella nebbia di Londra. In quel periodo George Ibberson guardava la sua azienda di Sheffield crescere a dismisura, era una coltelleria tra le più famose di tutta Inghilterra, colonie oltreoceano incluse, e forse tra le migliori al mondo. Produceva coltelli per tutte le esigenze, dal taglio carne per i macellai ai nettapiedi per cavalli, dai coltelli per l'esercito agli apri lattine. L'azienda aveva radici nella coltelleria fin dal 1600 quando, vista la dedizione di quell'area per la lavorazione del ferro, si pensò bene di usare il metallo anche per rendere più facile il lavoro dell'uomo, infatti Sheffield era in una zona votata alla produzione delle lame in generale, era nel centro di quella Inghilterra dove un centinaio di piccoli artigiani legati al mondo del ferro cominciavano a sviluppare un lavoro più raffinato soprattutto con le posate fin dal XVIII secolo. George era il figlio di uno dei piccoli artigiani che si lanciavano nella produzione su vasta scala grazie a quella rivoluzione industriale che stava cambiando tutta l'area, a metà del 1700 gli avi di George furono tra i primi a sviluppare le colate di ferro nei crogioli seguendo le indicazioni di quel Benjamin Huntsman, inventore del crogiolo e residente a pochi chilometri da Sheffield, che aveva cambiato la storia della lavorazione dei metalli.
L'imprenditore inglese aveva due grandi passioni, produrre strumenti per fare moltissime operazioni, dalle più semplici alle più complicate, e suonare il violino, non un violino qualsiasi ma uno Stradivari che aveva comprato da tale John Skinner e che adesso teneva tra le mani come il frutto del suo ingegno e del suo lavoro. L'ingegno nel taglio e della lavorazione del legno, e questo George lo sapeva bene, apparteneva però a quell'Antonio di Cremona che era venuto a mancare circa un secolo e mezzo prima, all'imprenditore inglese toccava l'arduo compito di valorizzare quel mostro sacro della liuteria e quello di rendere più raffinate le lame e le custodie dei suoi prodotti. Nel 1875 Ibberson decide di legare il suo crescente business a Cremona, la sua azienda sta evolvendo ancora di più rispetto a prima e il concetto di qualità del prodotto comincia ad affermarsi come determinante per presentarsi sul mercato.
Nacque così il marchio Ibberson Stradivarius Violin, un marchio unico al mondo e rappresentato da un violino, lo Stradivari di George ovviamente, stilizzato e stampato con apposito punzone su ogni lama che veniva prodotta dagli artigiani della azienda. Una quindicina di persone rappresentavano la forza lavoro di Ibberson, una forza lavoro destinata ad aumentare sempre di più dato che l'imprenditore aveva deciso di lasciare sempre di più il mondo delle posate per dedicarsi unicamente agli strumenti da taglio. Per accompagnare le nuove lame dedicate al liutaio cremonese George affiancò una serie di custodie e di manici da far invidia alle migliori coltellerie, ed ecco arrivare strumenti arricchiti con madreperla, avorio, osso di tartaruga ma, soprattutto, perfettamente riconoscibili grazie al logo a forma di violino.
Il successo fu enorme, dal nobiluomo della campagna inglese che lo portava con se durante le battute di caccia passando dal barbiere di Londra fino al soldato che se lo infilava negli scarponi, i coltelli e i rasoi di Ibberson diventeranno un punto fermo in quasi tutte le attività nella Inghilterra di fine XIX secolo. La scelta di George si rivelò corretta, l'area industriale di Sheffield cominciò a diventare sempre più orientata verso quella azienda che aveva deciso di fare un salto di qualità tanto che, all'inizi del XX secolo, la zona della Ibberson Company venne chiamata semplicemente “la coltelleria dei violini” con tanto di carta intestata recante la dicitura di origine cremonese “Strad” a garanzia della provenienza della missiva. La Ibberson concluse la sua storia nel 1983 venendo inglobata dalla Egginton Company, azienda sempre di Sheffield operante nel settore degli strumenti da taglio, la quale ha mantenuto, nelle sue linee di prodotto, quel violino stilizzato che ha contribuito a creare un pezzo di storia della Inghilterra fin da prima della rivoluzione industriale.
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