Già in un rapporto dei Servizi Segreti americani del 1980, l'allarme inquinamento lungo il Po a Torino, Cremona e Ferrara che avrebbe compromesso vite e produzioni
Un qualsiasi ecosistema vive in equilibrio; un equilibrio delicato, a volte fragile ma fondamentale per la vita umana, un equilibrio che è il frutto di decine di anni di investimenti, riduzioni o ampliamenti attuati dal più grande stratega esistente, la natura. La lungimiranza è il punto di forza di questo stratega, il saper vedere oltre le necessità dell'immediato rende impossibile confrontarsi con essa, così come non si può vincere una partita a scacchi dove l'avversario ha già calcolato decine di possibilità o mosse ancora prima di ogni singola scelta fatta dall'altro scacchista.
Il 26 aprile 1980, a pagina 19 del quotidiano Corriere della Sera, Roberto Marchetti, biologo di fama internazionale e professore di ecologia presso l'Università degli Studi di Milano, spiegava, nero su bianco, l'impossibilità di stressare buona parte della pianura Padana agendo di continuo sulla colonna vertebrale della valle; il fiume Po e zone limitrofe. Il prof. Marchetti spiegava, numeri alla mano, di come le acque del più importante fiume italiano ricevessero quantità abnormi, partendo da Torino e arrivando alla foce sul mare Adriatico. I dati, frutto di una ricerca nata a causa di quei fenomeni legati all'inquinamento che caratterizzarono gli anni '70, erano impietosi. Ogni anno il lungo fiume riceveva abbastanza idrocarburi da riempire 10000 autocisterne, si doveva far carico, inoltre, di 3000 tonnellate di detergenti, circa 500 di piombo oltre allo zinco e ad altre sostanze. Secondo il prof. Marchetti le città più esposte, con valori quotidiani sopra il limite accettato per legge di inquinanti, erano Torino, Cremona e Ferrara. Ai valori proposti la relazione, strutturata come articolo ma più estesa, affiancava anche la altamente preoccupante erosione da scavi e costruzioni delle aree limitrofe al fiume che stava impattando in maniera profonda sulla possibilità di recupero delle acque in materia di ripristino dell'equilibrio idrogeologico e dell'ecosistema in generale. Nel bacino fluviale del Po – prosegue l'articolo – vivono circa 15 milioni di persone ma l'inquinamento pro capite è quello relativo a valori che, nel 1980, sono riferibili a quasi 40 milioni di persone in più. Secondo gli studi del prof. Marchetti e dell'IRSA (Istituto Ricerca Sulle Acque) all'interno delle acque del Po, fin dall'inizio del suo corso, vi era la presenza, non di certo auspicabile, di 42 tipi diversi di virus tra cui la poliomielite e diversi ceppi enterici, situazione che rendeva le acque di Torino, Cremona e Ferrara non idonee da bere, ovviamente, ma anche inadatte alla semplice balneazione turistica. L'articolo fu uno dei molti che, in quegli anni, tentavano di catalizzare l'attenzione dei lettori su un problema che, nel 1980, sembrava lontano e destinato a sparire in quanto, secondo il relatore, “La soglia della percezione è particolarmente elevata, e sotto queste condizioni di ridotta sensibilità non è facile individuare i tanti problemi che sono cronici, frequenti e non drammatici ma che, nel loro insieme, rappresentano la più grande minaccia per il fiume. L'opinione pubblica si agita solo se gli eventi rasentano la catastrofe”.
Lo scritto venne però subito preso in carica dai Servizi Segreti statunitensi, non per un motivo inerente quelle attività che vediamo, mediamente, nei film, ma per sviluppare un corposo rapporto sullo stato dell'inquinamento dell'ecosistema mondiale e, nello specifico, dell'area del fiume Po. Quale era la finalità di questa relazione? Il concetto è legato a quello stratega perfetto e imbattibile che si chiama natura, stratega che offre ma che può diventare problematico se si dovesse decidere di sfidarlo. In quegli anni i Servizi Segreti si preoccupavano di vari fattori, presenti nelle righe di quel rapporto; dalla prevista legge giapponese, che entrerà in vigore nel 1982, la quale riduceva le possibilità d'acquisto di una automobile per ridurre le emissioni nell'aria fino ad una ricerca del 3 marzo del 1980 della Università di Bratislava e della Accademia delle Scienze Cecoslovacca inerente “La metodologia di misurazione dell'impatto umano - economico e non economico sull'ambiente”. Il concetto di base della raccolta di questi studi da parte delle agenzie statunitensi era molto semplice; il rischio di un aumento senza controllo dell'inquinamento metteva in discussione anche le capacità economiche di intere aree produttive. Il rischio era diretto, a causa dei danni che l'inquinamento poteva produrre sulle persone, e indiretto, a causa della riduzione di competitività di settori produttivi che dovevano cercare di affrontare la concorrenza e anche problemi legati alle emissioni di vario genere. Un profilo economico da considerare fin dal 1980 perché, secondo gli analisti, la crescita dell'inquinamento avrebbe obbligato le aziende a spendere molto di più per cercare di affrontarlo, sia per i propri dipendenti che per i cittadini di varie aree del mondo.
La foto è di Antonio Leoni, poi il documento dei servizi segreti americani dopo l'articolo del Corriere della Sera
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commenti
Anna L.Maramotti
25 aprile 2023 15:18
I dati riportati ieri sono inquietanti se messi a confronto con quanto già documentato in precedenti servizi. Quello di oggi è oltremodo allarmente in quanto contestualizza ulteriormente la situazione. Infatti c'è di più: risulta evidente che "aria" ed acqua", due elementi naturali necessari alla vita, sono in balia di processi difficilmente controllabili allo stato delle cose. Quello che rende ancor più stupefacente la situazione è che tutti parlano del "green", ma poi l'inquinamento aumenta. Le stesse proposte per porre freno all'attuale situazione sono peggiorative. Sembra che l'intelletto umano non sia capace di essere propositivo. Oggi si celebra la libertà, ma che libertà è quella di essere costretti a vivere in un ambiente così poco ospitale?