Il cingolato che riemerge dal Po in secca, la leggenda del tank tedesco e il carro armato di Peppone e don Camillo in riva al fiume
Sta circolando su Facebook la foto di don Camillo e Peppone con il famoso carro armato del film “Don Camillo e l'onorevole Peppone” e il fumetto che dice: “Te l’avevo detto che lo trovavano!”. In affetti non è proprio un carrarmato quello che è sbucato dalle sabbie del Po in secca in quel di Sermide, in provincia di Mantova, ma un semi cingolato tedesco lo è. Eccome!
La leggenda metropolitana che gira dalle mie parti voleva che, in realtà, un carro armato ci fosse, ma a Polesine Parmense, all’altezza della cava di sabbia o, meglio, sotto la baracca degli “Amici del Po”. Tutti lo dicevano, ma nessuno è mai riuscito a dimostrarlo. Invece, dalla formidabile magra di questo inverno 2022, il mezzo cingolato tedesco è uscito, a dispetto delle ricerche infruttuose durate per decenni, dopo che un fotografia aerea sembrava dimostrare che i nazisti in ritirata avessero spinto nel fiume questo veicolo, per non farlo catturare dagli alleati che stavano avanzando. Anche Peppone e don Camillo spingono nel fiume il carrarmato che, nel racconto come nel film, non era stato abbandonato dai tedeschi che si ritiravano, ma dagli americani che arrivavano. “«Ho una cosa qui!...» esclamò il vecchio Dorini battendosi il pugno sul petto. Don Camillo si levò su, da dietro il tavolino, e venne a piantarsi coi pugni sui fianchi davanti al vecchio. «Ebbene, si può sapere che roba è?» gridò. «Non lo so con precisione perché non sono pratico di quella merce lì» balbettò l’uomo. «È uno di quegli arnesi di ferro coi cingoli.» «Un trattore?» «Una specie. Però con un cannone sopra.» Don Camillo lo guardò sbalordito e pensò che i casi erano due: il vecchio Dorini era ubriaco, oppure era diventato matto. «Un carro armato?» domandò. «Un carro armato o press’a poco. Sono cinque anni che ce l’ho qui e non riesco più a dormire.»” Così il racconto di Giovannino Guareschi, ripreso nel film, con il vecchio Dorini (nel film, per esigenze di copione diventa “Lo Spiccio” della ghenga di peppone) che racconta dei tedeschi in fuga, di come fossero scesi dal carro armato assetati e si fossero ubriacati scolando diverse bottiglie del vinello offerto loro dal vecchio. Caricati a forza su un camion in ritirata, avevano scordato completamente il loro blindato e, così, il vecchio Dorini lo aveva nascosto sotto un telo e un mucchio di fascine. Inevitabile che della “faccenda” si dovesse occupare don Camillo che, come sempre, si ritrovava a dover chiedere l’aiuto di Peppone.
Ecco cosa ci racconta Guareschi: “Celebrata la Messa del mattino, don Camillo corse da Peppone e lo trovò in officina. Appena se lo vide comparire davanti, Peppone fece la faccia dell’uomo che è stato colto improvvisamente da un tremendo mal di denti. «Peppone» disse don Camillo «ti farebbe comodo un carro armato?» Peppone lo guardò cupo: «Se si trattasse di un carro armato pesante e se voi v’impegnaste a rimanere fermo mentre io vi passo sopra, sì.». «Non so di che tipo di carro armato si tratti» spiegò calmo don Camillo. «So che è un carro armato tedesco e, quindi, una faccenda massiccia. Bisognerebbe cavarlo fuori da un certo posto e portarlo a qualche chilometro di distanza.» Si trovarono la notte stessa dietro la catasta delle fascine. La catasta di fascine sussultò: i cingoli del panzer macinarono sterpaglia per qualche minuto, indi la catasta si mosse per fra¬nare man mano che il bestione d’acciaio procedeva. E alla fine il panzer fu libero. Non era un bestione di quelli grossissimi ma era sempre un arnese ben curioso: don Camillo, tiratasi su la sottana, correva come inseguito dal mostro. Non fu un viaggio avventuroso: arrivato al Canalone che era quasi asciutto, il panzer entrò nel torrente e incominciò a procedere in mezzo alla ghiaia. E questo era previsto per non lasciar tracce. Qui però don Camillo fece fermare la macchina e si infilò nel panzer anche lui. Era stanco, e voleva la sua parte di divertimento. Procedettero fino alle Due Pioppe: qui risalirono sull’altra riva e la Buca del Boscone era là. Arrivati sotto la sterpaglia e il frascame, spensero il motore e stettero un momento ad ascoltare, col cuore che pareva avesse sei cilindri e marciasse a tutto gas. «Con l’aiuto di Dio pare che sia andata bene» sussurrò don Camillo. «Con l’aiuto di Dio e di quel disgraziato di Peppone» precisò Peppone. Rimasero ancora un po’ ad attendere in silenzio, seduti dentro la pentolaccia. «Però è un peccato buttar via una così bella macchina» sospirò a un tratto Peppone. «Non è buttata via» rispose don Camillo. «Servirà ancora.» «Sì, servirà magari per la vostra porca guerra!» ruggì Peppone. «Meglio che serva per la nostra guerra che per la vostra pace!» replicò calmo don Camillo. «E poi devi essere orgoglioso di aver collaborato alla ricostruzione dell’esercito del tuo Paese.» Peppone perdette la calma e si agitò parecchio. Si agitò e toccò con le zampe un sacco di cose che sarebbe stato meglio non toccare. Tanto più che il cannoncino del panzer era carico e, perfezione del munizionamento tedesco, lasciò partire il colpo. Fu qualcosa di spaventoso: un colpo di cannoncino a quell’ora e in quella situazione è mille volte più sconvolgente dello scoppio di un’atomica. Don Camillo e Peppone, più che uscire, schizzarono fuori dalla pentola e si misero a correre e si fermarono soltanto quando mancò loro il fiato. Finalmente Peppone balbettò: «Dove sarà andato a finire?» «Chi?» «Il proiettile, perbacco!» «Il proiettile?» «Certo! Non crederete mica che i tedeschi viaggiassero coi cannoni carichi di mortadella!» Tornarono, attraverso i campi, in paese e trovarono in piazza una confusione spaventosa. S’erano ripuliti la faccia e le mani in canonica: si intrufolarono in mezzo alla gente. «Cosa succede?» domandò con voce imperiosa Peppone. «Qualcuno ha fatto scoppiare con una bomba la colomba della pace!» spiegò agitatissimo lo Smilzo. E in verità, la enorme colomba della pace, tutta di legno verniciato, che Peppone aveva fatto issare sul tetto della Casa del Popolo, era ridotta a brandelli. «Non raccogliamo la provocazione, anche se è sanguinosa!» gridò Peppone. «L’indignazione spontanea del popolo sarà sufficiente per bollare a fuoco questa criminosa azione dei nemici del popolo. Viva la pace!». Alla Buca del Boscone non ci andava mai nessuno si può dire, e il panzer poteva dormire tranquillo. Quando ogni cosa fu all’ordine, don Camillo andò ad avvertire il maresciallo che avrebbe fatto bene a passare un’ispezione alla buca. «Credo che lei avrà modo di recuperare un carro armato tedesco in perfetta efficienza» gli disse confidenzialmente. Il maresciallo andò e poco dopo era di ritorno: «Tutto bene?» domandò don Camillo. «Tutto bene» rispose il maresciallo. «Trovato il carro armato in perfetta efficienza. Soltanto che, invece di essere tedesco, è un carro armato americano.» Don Camillo allargò le braccia: «I particolari sono di secondaria importanza, quel che conta è il concetto». Poi, quando incontrò il vecchio Dorini, parecchio tempo dopo, gli disse: «Disgraziato! Quelli non erano tedeschi che scappavano, erano americani che arrivavano.» Il vecchio si strinse nelle spalle: «Reverendo, l’Italia è un porto di mare, chi va e chi viene. Come si fa a capire chi è che va e chi è che viene? Parlano tutti forestiero!» E anche lui, poveretto, non aveva torto”.
In questi momenti drammatici, quando una guerra vera, con il suo orribile carico di morti, feriti, distruzioni e sofferenze bussa alle nostre porte, magari proviamo a sorridere, rileggendo la scena del “panzer americano” davanti al quale don Camillo e Peppone si ritrovano anche oggi al museo di Brescello…
Nelle foto il ritrovamento del cingolato nel Po in secca a Sermide (Rainews), don Camillo e Peppone davanti al Museo di Brescello e la secca del fiume nel cremonese
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