17 giugno 2024

Il Vescovo all’Happening: «Non abbiate paura … di far entrare Cristo, ma neanche di farlo uscire»

“Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo”. La voce di Giovanni Paolo II è risuonata in piazza Stradivari, dal palco dell’Happening 2024. E proprio l’invito lanciato nel 1978 dal Santo Padre – “non abbiate paura” – dà il titolo all’edizione della manifestazione che fino alla sera di martedì 18 giugno animerà il centro di Cremona.

Domenica sera a confrontarsi sul tema si sono incontrati il vescovo Antonio Napolioni e Tommaso Agasisti, docente dell’Università degli Studi di Milano e membro dell’Associazione “La Mongolfiera” nata a Bologna da alcune famiglie con figli disabili. A moderare il giornalista Cristiano Guarneri. Sul palco, a introdurre la serata, alcuni giovani che hanno cantato “La verità” di Brunori Sas. Una canzone significativa che nel testo recita: “Ma l’hai capito che non serve a niente sembrare intelligente agli occhi della gente/perché morire serve anche a rinascere/La verità è che ti fa paura l’idea di scomparire, l’idea che tutto quello a cui ti aggrappi prima o poi dovrà finire”.

E sono stati loro, i ragazzi, a pensare le domande rivolte agli ospiti. «Abbiamo tutti sperimentato terrore di deludere, paura di sbagliare, ma il punto è che non c’è condizione umana o età anagrafica che ci possa mettere al riparo dalla paura. Eppure nel 1978 è risuonato l’invito di Giovanni Paolo II a non avere paura», ha detto Guarneri ricordando anche le recenti dichiarazioni del cantante Ultimo, che ha descritto una generazione impaurita e disinteressata alla Chiesa o alla politica. Da qui le domande: ha ragione Ultimo quando dice che la realtà non ha senso? E se non ha ragione, cosa ci fa dire che vale la pena vivere? Voi in chi o in cosa sperate?

Il primo a tentare una risposta è stato Agasisti. «Da ragazzo avevo la preoccupazione che la domanda che avevo di essere felice venisse puntualmente delusa dalla realtà. Avevo paura perché mi sembrava che tutto quello a cui mi aggrappavo prima o poi sarebbe finito. Poi ho incontrato una compagnia cristiana di amici dove ho scoperto che c’era una strada bella: volevo vivere come loro, studiare con intensità come loro, fare festa come la facevano loro». Quel gruppo di ragazzi era guidato da un medico, Enzo Piccinini (chirurgo di Comunione e Liberazione per cui è in corso la causa di beatificazione) che ai giovani diceva solo una cosa: «La risposta a tutte le nostre domande c’è, è un uomo e si può incontrare, si chiama Gesù».

Nel 1998 Piccinini morirà in un tragico incidente d’auto. «In quel momento ebbi paura, paura che finisse tutto – ha ricordato Agasisti –. Ma quello che avevo incontrato, quella amicizia, superava la morte, e volevo andare dietro a questa promessa. In forza di quella promessa si può vivere tutto». Dopo l’università Tommaso si sposa, arrivano i figli, il lavoro si fa intenso e le prime decisioni grosse da prendere. «Abbiamo sempre cercato di vivere il matrimonio alla luce del fatto cristiano», ha spiega. Una delle scelte più faticose è quella di lasciare Bologna per andare a Milano. In Emilia Romagna hanno tanti amici, e tra questi un gruppo di famiglie con figli disabili che ha fondato un’associazione, “La Mongolfiera”, per camminare insieme. «Erano felici, non vivevano quel luogo come una stampella mentre a volte per noi era facile scambiare una comodità di vita con la felicità». Da lì – nonostante la distanza – nascono rapporti che ancora oggi sostengono la vita di Agasisti e della sua famiglia. Tanto che quando a un certo punto «persi un po’ la bussola puntando tutto sulla carriera, con una libertà enorme di cui sono ancora grato oggi, gli amici vennero a casa nostra a ridirmi che la mia vita non poteva consistere in quello». E così il cammino è ripreso.

Anche monsignor Napolioni ha raccontato molto di sé, della sua storia personale, nel rispondere ai giovani. «Chi di noi non fa i conti con paura e speranza? La paura è un salvavita: non si può vivere senza timori, senza scrupoli. Ma quando è troppa ci paralizza. Non si tratta però di trovare punti di equilibrio, ma di mettere la paura in rapporto con un’energia complementare: la gioia, la speranza, l’attrazione per la vita. Nella Bibbia – ricorda – compare 365 volte l’espressione “non temere”. (…) E se penso a Ultimo, ecco, io spero che lui e tutti i suoi coetanei vadano in cerca di questa realtà tremenda e affascinante! La vita è il nostro tesoro, la nostra grazia, la nostra missione».

Come un flash ha ripercorso la sua adolescenza marchigiana trascorsa negli scout, quando a 16 anni tenne un campo con quattrodici ragazzi più piccoli e un prete giovane «Quell’esperienza ci cambiò la vita, perché eravamo insieme per vivere e sperare, ma la molla è sempre stata la ricerca. Del resto la parola “scout” vuol dire ricercare, contemplare, stupirsi della realtà. Quella ricerca per me approdò a dei volti con persone che mi testimoniavano una passione per la giustizia, una intensità di preghiera, un amore alla famiglia e all’educazione… che mi provocavano». Di loro ricorda una gioia speciale, che nasceva dalla loro fede cristiana. Da lì l’insolita decisione, per lui che veniva da una famiglia benestante e anticlericale, di entrare in Seminario.

Sono gli anni Settanta, anzi proprio il 1978, l’anno in cui il Papa griderà al mondo di non avere paura. «Ricordo ancora un incontro con la comunità di Taizè, dove fummo invitati a essere cercatori di Dio. Ed è il valore della ricerca che mi ha sempre accompagnato, anche quando arrivai a Cremona come vescovo». Non a caso – ha spiegato – la scelta del motto episcopale “Servite il Signore nella gioia”, cioè nella continua ricerca. «Perché la vita è un dono continuamente da ricercare, ma anche le fatiche e la croce possono essere amiche se abitare da Colui che dà senso a tutto»

Infine, da parte del vescovo, un invito rivolto a tutti i numerosissimi presenti in piazza. «Papa Francesco oggi ripete, ed amplia, il grido di Giovanni Paolo II, quando ci dice che non dobbiamo aver paura di far entrare Cristo, ma neanche di farlo uscire. La paura della realtà tremenda non deve chiuderci. Per questo sono felice di essere qui stasera! Perché la misura di Cristo è la nostra umanità. Non dobbiamo aver paura della crisi perché la crisi ci costringe a scelta di campo, a ritrovare noi stessi. Chi ha più vita la deve spartire con gli altri», ha concluso invitando tutti a non tenere per sé doni e talenti. (www.diocesidicremona.it)

 


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