In Sant'Agostino un confronto unico in musica tra i fratelli Monteverdi (Claudio e Giulio Cesare). E il divino Claudio rivela tutta la sua modernità
Nato sotto l’ombra del Torrazzo, Claudio Monteverdi iniziò a coltivare il suo precoce talento fin da piccolo studiando col maestro di cappella del Duomo di Cremona, tal Marc’Antonio Ingegneri.
Pur praticando con destrezza quella che lui stesso definì “prima pratica”, ovvero gli albori della musica barocca nello stile, per intenderci, di Palestrina, egli prese a malleare una “seconda pratica” alternativa al genere passato.
Questo nuovo modo di far musica porterà ad una svolta storica, e l’uso innovativo del Basso Continuo sarà faro per le generazioni successive di compositori.
Come talvolta accade nei secoli, anche Claudio aveva un fratello musicista, oggi quasi sconosciuto ai più. Giulio Cesare Monteverdi, sei anni più giovane di Claudio, intraprese la medesima carriera del fratello seppur con risultati meno eclatanti.
Anch’egli vanta anni di servizio alla corte dei Gonzaga, anch’egli per motivi sconosciuti subì un licenziamento nel 1612 assieme al fratello maggiore, ed anch’egli procederà con incarichi da musicista. Nel periodo successivo al licenziamento troverà lavoro presso il Duomo di Castelleone dove suonerà l’organo comprato dalla dalla comunità alla Cattedrale di Cremona. Nel 1622 nuovo trasferimento alla Cattedrale di Saló dove diverrà Maestro di Cappella fino al 1630, anno in cui si sono perse le sue notizie ma nel quale si presume abbia contratto la peste, morendo.
Durante il soggiorno a Castelleone pubblicò Delli Affetti Musici, raccolta di mottetti accompagnati all’organo.
Con uno stile lievemente meno rigoroso rispetto al celebre fratello, Giulio Cesare trova ugualmente il modo di esprimere un contrappunto moderno consono alla “seconda pratica” tanto proclamata dal Divin Claudio.
Con uno spirito di riscoperta del mondo di Claudio Monteverdi nasce questo concerto che propone composizioni di entrambi i fratelli, permettendo al fortunato ascoltatore un confronto più unico che raro. L’ensemble portoghese Divino Sospiro, sotto la guida di Marco Mencoboni, porta ai piedi dell’altare della chiesa di Sant’Agostino in Cremona un programma che tocca anche due compositori contemporanei dei Monteverdi: Tarquinio Merula, musicista cremonese che dedicó a Claudio Monteverdi una canzone (eseguita proprio in serata), e Dario Domenico Castello che invece ne fu “sonador di violin” presso la Cappella di San Marco a Venezia durante il suo periodo da Maestro di Cappella.
L’ensemble strumentale formato dai violinisti Elisa Bestetti e Cesar Nogueira, dal tiorbista Pietro Prosser, e dal continuista Nicola Lamon ha ben sostenuto l’esecuzione con una prassi elegante, mai scomposta o fuori dalle righe, portando in scena un suono sobrio e controllato. Bene anche il cast vocale, con particolare menzione per il tenore Massimo Altieri ed il soprano Giulia Bolcato, entrambi hanno dimostrato grandi qualità interpretative e controllo vocale. Completano i ranghi il tenore Riccardo Pisani, il basso Hugo Oliveira, l’alto Candida Guida ed il soprano Teresa Duarte, anch’essi connotati da un’esecuzione positiva.
Morbida ma sicura la direzione di Marco Mencoboni che, seppur con il discutibile utilizzo di una matita a guisa di bacchetta, ha ben guidato questo programma di elevato interesse musicale.
Raramente si possono ascoltare le composizioni di Giulio Cesare Monteverdi che, forse per un minor talento compositivo, non sono passate alla storia come quelle del genio dell’Orfeo.
Meritati applausi da una chiesa tristemente non piena, ma che ha saputo premiare l’ensemble ed ottenere un bis di “O Ciechi, il tanto affaticar, che giova?” di Claudio Monteverdi.
All’ultimo inchino sugli applausi, il direttore Mencoboni alza la partitura monteverdiana omaggiando il compositore cremonese e dedicando proprio a lui questo apprezzamento del pubblico. Capita, talvolta, che i musicisti dedichino una parte del proprio successo a chi ha dato loro quelle note, quella musica, che loro stessi hanno contribuito a continuare a rendere immortale.
E Monteverdi è proprio cosi, antico ma moderno, elegante ma mai fuori moda, aulico ma non stucchevole. Cremona deve continuare ad essere orgogliosa di tutte le attenzioni che vengono dedicate ai propri illustri cittadini, ed i cremonesi dovrebbero sempre più rispondere a questi eventi con la propria presenza, perché solo nutrendo l’anima con la bellezza si potrà da essa far scaturire altra bellezza.
Fotoservizio di Gianpaolo Guarneri (Fotostudio B12)
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commenti
Dirce
24 giugno 2022 09:27
Marco Mencoboni. Da non perdere. Un raffinato musicista di grande valore.