3 luglio 2021

In una lunga e torrida seduta del consiglio comunale di trent'anni fa, il sì all'inceneritore. Ma i problemi sono tutti da risolvere

E' un anniversario che in tanti vorrebbero far passare sotto silenzio. Trent'anni esatti. Alle 23 del 9 luglio 1991 il consiglio comunale di Cremona, dopo una lunghissima e infuocata (non solo per l'afa) seduta del consiglio comunale e un dibattito arroventato approvava a maggioranza il sì definitivo per la realizzazione dell'inceneritore, localizzandolo dietro l'ex discarica di San Rocco. Probabilmente è stato il consiglio comunale più lungo della storia del palazzo comunale. Un consiglio storico quello del sindaco Garini e del vice Tadioli (una delle prime giunte anomale Dc-Pci). Dapprima ha detto no al nuovo palazzetto dello sport nell'area della Fiera (altro trentesimo anniversario da segnare) rescindendo il contratto con l'impresa Grassetto di Torino, decidendo di pagare penali per un miliardo e 800 milioni di lire, dirottando il mutuo già ottenuto per il Palasport su altre opere pubbliche (ventidue sì, 4 no dei socialisti e astensione della Lega). Poi è stata la volta della maratona sul combustore. Al termine 22 voti a favore (Pds, Dc, Verdi e Pri), 3 contrari (Lega), 4 astensioni (socialisti) e assenti i due consiglieri di Msi e Pensionati. In extremis i socialisti avevano presentato la richiesta di un ripensamento della collocazione perchè sarebbe stato sbagliato il calcolo dei venti e i fumi sarebbero finiti sulla città (come avvenuto anni prima per la Raffineria Italia-Amoco-Tamoil). Richiesta bocciata. “Siamo in una situazione di emergenza, ogni ipotesi di rinvio non farebbe altro che aggravare la situazione”, disse il vicesindaco Tadioli motivando il no allo spostamento. In consiglio si illustrò l'opera, il suo costo (23 miliardi di lire).

Poi le proteste, i cortei, il referendum con i cittadini che bocciavano l'impianto che comunque veniva realizzato e inaugurato sei anni dopo.

A distanza di trent'anni l'inceneritore continua a far discutere. E' stato al centro della prima campagna elettorale di Galimberti con la promessa di spegnimento, poi rimangiata. Ciclicamente il bruciarifiuti finisce nel mirino degli ambientalisti (ma non solo) anche dopo i dati impressionanti del record di città più inquinata d'Europa per la bella Cremona. E poi quelle parole dette alla nostra testata qualche settimana fa dall'ex assessore all'ambiente Alessia Manfredini.

Sull’inceneritore, è una lunga battaglia e spero di non assistere a quello che mi confermava nel 2015 un funzionario della Regione durante le tante riunione del decommissioning. Cioè di assistere ad una lenta agonia dell’impianto. Bene che non si voglia fare il revamping, bene che non si voglia fare un nuovo impianto ma la solo scadenza dell’AIA al 2029 non determina il suo spegnimento. L’impianto, come conferma e confermava gli anni scorsi Lgh, non rappresenta più un asset su cui investire ma paradossalmente già oggi deve rispondere standard qualitativi elevati e le BAT (le migliori pratiche disponibili). Il rifacimento completo della linea fumi e l’arrivo dei fanghi dimostra che non si può star fermi e occorre far adeguamenti normativi. E quindi nuovi costi".

"Ora che si stanno costruendo delle alternative, ci vuole un passo in più. - diceva ancora l'ex assessore - Contestualmente alla realizzazione di alcuni impianti innovativi a supporto del teleriscaldamento cittadino (per la parte garantita ora dal termovalorizzatore) e perché non si prevede, prima del 2029 , di spegnere almeno una linea? Quella che i tecnici ritengono più vetusta e meno performante e sacrificabile. La Linea 1 è entrata in funzione nel 1997, e la linea 2 nel 2001. E sono tra loro indipendenti. Come se fosse un’operazione di manutenzione straordinaria. Un fermo impianto straordinario. E poi ovviamente c’è da individuare nuovi impianti per il conferimento dell’indifferenziato e rifiuti speciali di tutti i comuni della provincia di Cremona. Solo allora il cerchio iniziato nel 1997 si chiuderà”.


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