17 marzo 2023

Manca il finanziamento, slitta il recupero del Cittanova. Un secolo fa il primo restauro, quando il palazzo rimase chiuso per ben quattordici anni

Slitta a data da destinarsi il recupero funzionale di palazzo Cittanova, finanziabile, ma al momento non finanziato, con un milione di euro su fondi regionali. E, di conseguenza, slitta anche la riapertura della sala, chiusa dopo che, nel 2015, la Giunta aveva approvato un atto di indirizzo riguardante la fruizione dello storico edificio su Corso Garibaldi. Aveva fatto seguito un avviso pubblico con l’invito a presentare manifestazioni di interesse sulla sala posta al primo piano di Palazzo Cittanova, dotata di una capienza di 300 posti, completa di palco, impianto microfonico, e schermo per proiezioni (leggi l'articolo). Anche per la giunta Galimberti, il palazzo Cittanova rappresenta una spina nel fianco. Come d’altronde è stato anche per le amministrazioni del passato. 

Nel 1883 il consiglio comunale di Cremona aveva addirittura deciso all'unanimità di raderlo al suolo per i costi elevati che avrebbe comportato il suo restauro. Tra i più fervidi sostenitori della demolizione vi era Leonida Bissolati che però venne messo in minoranza da una successiva votazione del 20 gennaio 1886 con cui se ne decise, viceversa, il recupero. In realtà dovevano trascorrere altri 27 anni perchè iniziassero i lavori veri e propri, sulla base di un progetto dell'ingegnere milanese Emilio Gussalli sostenuto dall'assessore Alessandro Groppali, approvato dal consiglio comunale il 14 giugno 1913. Corsi e ricorsi storici. In quell’occasione Il palazzo restò chiuso per quattordici anni fino a quando nel 1927, furono conclusi gli interventi di tipo statico, come annunciava trionfalmente il “Regime Fascista” del 25 maggio: “Ora il palazzo, magnifico e suggestivo nella struttura esterna, nella scala, nello smisurato salone superiore, è nuovo invidiabile ornamento di Cremona che via via coi successivi restauri di edifici, con la messa in valore delle sue raccolte, è prossima a ridiventare centro artistico e storico impareggiabile, e attrattiva irresistibile per gli italiani e per gli stranieri”. Eppure solo dopo un anno si era già pronti a mettere nuovamente mano ad un altro corposo intervento di “modernizzazione” che avrebbe dovuto interessare la decorazione del grande salone, con il coinvolgimento del pittore Antonio Rizzi. Il progetto, che avrebbe comportato una serie di affreschi lungo le pareti del salone e sul soffitto, non fu mai realizzato. Se ne trova traccia nel corposo epistolario intercorso tra l'artista e il suo pigmalione, Illemo Camelli, maggiore sponsor del nuovo progetto che avrebbe dovuto rimarcare in modo più esplicito i legami storici intercorrenti tra il nuovo assetto politico fascista e l'autonomia comunale medievale. Secondo il progetto presentato dal Rizzi i soggetti sarebbero stati dieci: un'allegoria della città (“a scartamento ridotto”, sottolinea Rizzi), la ricostruzione della chiesa di San Michele con la figura della regina Teodolinda, l'assalto alle rocche del vescovo Landolfo nel 1030 che segna l'inizio della vita comunale, il convegno di Cremona nel 1167 poco prima di Pontida, il Carroccio, la partenza della nave (“detta la Buza”) nel 1189 alla volta di Gerusalemme, la Consacrazione della Cattedrale nel 1190, il vescovo Sicardo in quanto pacificatore tra il popolo della città vecchia e quello della città nuova, i ritratti di Uberto Pallavicino e Buoso da Dovara a cavallo con il palazzo di Cittanova sullo sfondo e in uno scomparto inferiore “la figura di Ezzelino rabbiosamente morente in carcere”, concludendo con la costruzione del Torrazzo. Due bozzetti per la riforma del salone superiore del palazzo Cittanova sono conservati nei depositi del Museo Civico, attualmente in comodato presso la Prefettura di Cremona. La decorazione, come sappiamo, non fu mai realizzata e Rizzi in un'altra lettera attribuì questa decisione ad un ostracismo politico, in quanto non iscritto al sindacato corporativo fascista. I motivi, in realtà, sembrano essere di ordine economico: il 17 agosto 1927 la Sovrintendenza all'arte medievale e moderna rifiutò un ulteriore finanziamento di 20 mila lire per il palazzo Cittanova. Rizzi non si diede per vinto e, probabilmente su suggerimento di Camelli, presentò nel marzo dell'anno successivo un ulteriore progetto, che restò lettera morta. Del Cittanova non si parlò più ma l'artista ebbe l'incarico di dipingere la sala della Consulta di palazzo Comunale, dove utilizzò alcune delle idee che non era riuscito a concretizzare nel salone del Cittanova.

Fabrizio Loffi


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti