15 aprile 2025

Monteverdi: "Cortigiani vil razza dannata!!!"- Intrighi di corte e di musica al Palazzo Ducale di Mantova

“Cortigiani vil razza dannata”. Potrebbe sembrare uno scherzo della Storia. Un incrocio proibito della Musica. Un capitombolo all’incontrario. Eppure il verso del buffone Rigoletto (pensato dal librettista Carlo Maria Piave nell’ Ottocento) è perfettamente sovrapponibile al pensiero di  Claudio Monteverdi su quella stessa corte rinascimentale mantovana narrata, quasi tre secoli dopo, da un altro genio della musica operistica italiana: Giuseppe Verdi

Sfogliando il sontuoso programma del Monteverdi Festival ( dal 13 al 29 di giugno a Cremona) si scopre che verrà evidenziata la figura di Arianna (Monteverdi Incursioni - Palazzo Fodri - regine di cuori – Domenica, 15 giugno, ore 18.00)  Il mito della principessa abbandonata, costruito magistralmente dall’omonima opera monteverdiana, costò al ‘Divin Claudio’ proprio le maldicenze dei cortigiani mantovani, nonostante il lavoro, rappresentato il  28 maggio del 1608 per le nozze  di Francesco IV Gonzaga, figlio di Vincenzo I Gonzaga, avesse ottenuto un incredibile successo. 

A ricordare queste dolenti note della vita del musicista è stato, negli ormai lontani anni Quaranta (1943 – Tricentenario della Morte) il lungo saggio di Renzo Bacchetta pubblicato a Cremona proprio in onore del musico cremonese. 

Lo storico ricorda quel periodo infelicissimo per il musicista.

Al termine dei festeggiamenti per le nozze dell’erede dei Gonzaga, Claudio, affranto dalle gravi fatiche, sostenute (In quel periodo scrisse anche Il Ballo delle Ingrate rappresentato il 4 giugno 1608) torna dal padre a Cremona, questa volta con il fermo proposito di non far più ritorno alla Corte di Mantova. All’invidia dei cortigiani si aggiungevano, infatti le continue tribolazioni per riscuotere la magra paga, che dureranno sino al termine del suo servizio presso il duca

E sarà comunque lo stesso Claudio, in una lettera del 30 novembre di quel 1608 ad Annibale Chieppio Consigliere del Duca di Mantova, a sottolineare, non solo il suo stato di prostrazione fisica per quanto accaduto dopo l’Arianna, ma il suo dolore per le maldicenze che si amplificavano nelle stanze del Palazzo Ducale. 

Le parole di Monteverdi sono più che esplicite

"Io dico che se non riposo intorno al faticarmi nelle musiche teatrali al sicuro breve sarà la mia vita,(…) ho acquistato un dolore di testa et un prurito così potente e rabbioso per la vita, che me per cauteri che m’abbi fatto fare, ne per purghe pigliate per bocca ne per salassi et altri rimedi potenti atribuisce la causa del dolore di testa a lo studi grandi.

Poi le stoccate, non troppo mascherate, all’ambiente mantovano

Il prurito all’aria di Mantova che m’è contraria e dubita che solamente l’aria fra poco di tempo sarebbe la mia morte (….) La fortuna mia havuta a Mantova per dieci nove anni continui ma datto occassione di chiamarla inimica a me e non amica.

Monteverdi non tornerà a Mantova se non nel settembre dell’anno successivo: il 1609. 

E’ evidente che nei giudizi non lusinghieri dei famosi ‘uomini’ di corte avevano pesato, non solo le chiacchiere da salotto, ma anche la pesante querelle che il cremonese che aveva avuto con il padre Artusi: un canonico bolognese che ne aveva pesantemente criticato il nuovo stile compositivo e le scelte armonico espressive presenti nei primi cinque libri dei Madrigali

Ma le liti con i ‘cortigiani mantovani’ non finivano qui. È il 1612 Quando il ‘divin’ Claudio lascia sia Mantova che Cremona e arriva a Milano. Dove, secondo lo scritto di Renzo Bacchetta, "tenne alcuni concerti nel Duomo, ma gli invidiosi della Corte Mantovana avevano fatto correre la diceria che egli si era recato nella maggior città della Lombardia per essere nominato maestro di musica in quella Cattedrale e che una mattina dirigendo egli quella musica ne nacque tal disordine che non fu capace di ristabilirlo onde con poco suo onore gli convenne ritirarsi a Cremona." 

Questo fatto non passò però inosservato a Mantova dove, comunque, Monteverdi godeva ancora della stima del nuovo duca Francesco che aveva sostituito il padre Alfonso dopo la sua morte avvenuta il 18 febbraio proprio del 1612.

Il saggio di Bachetta ricorda proprio questo passaggio e sbugiarda le calunnie arrivate dalla città dei Gonzaga fino a Milano

Il duca volle essere sicuro di quanto gli era stato riferito e chiese informazion al suo Ambasciatore a Milano che così gli rispose: Tanto è lontano dal vero che il Monteverdi siasi partito con poca reputazione da questa città, che anzi, è stato honoratissimo dà cavalieri e dai virtuosi benveduto et accarezzato al possibile, e le sue opere si cantano qui con grande lode nei più notabili ridotti. Ne è vero che gli sia occorso esercitar mai il carico di Maestro di cappella di questo duomo, il qual ufficio non ha il Monteverdi voluto pretendere per non far torto a chi l’ha non essendo il luogo vacante.

Il rapporto con Mantova, con queste nuova polemica, arrivò alla fine. Il 19 agosto del 1613, Monteverdi divenne maestro di Cappella di San Marco a Venezia lasciandosi alle spalle le cattiverie mantovane. 

Musicologo

 

Roberto Fiorentini


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