Morta "la divina" Carla Fracci, il suo cuore legato a Cremona. L'ultima esibizione il 30 settembre 2017 al Museo del Violino
Carla Fracci è morta a Milano a 84 anni per un tumore che l’aveva colpita già da tempo e che aveva vissuto con coraggio e strettissimo riserbo. Una parte del suo cuore è sempre stata legata a Cremona, dove aveva trascorso alcuni anni della sua infanzia e dove ha frequentato le scuole nel periodo della guerra. Diceva di sé: "Sono cresciuta tra i contadini, nelle campagne vicino Cremona, libera, tra molti affetti e necessità concrete. E proprio lì, ben piantate nella terra, ci sono le mie radici". Ed a Cremona è tornata per danzare un’ultima volta il 30 settembre 2017, al Museo del Violino per un omaggio a Stradivari con la violinista Anna Tifu e la regia del marito Beppe Menegatti. La madre Santina, operaia, lontana parente di Giuseppe Verdi grazie alla prima moglie del nonno, era originaria di Volongo, il padre Luigi era tranviere. Carla, sfollata nel paese della madre durante la guerra, vi aveva frequentato la prima elementare. Nelle sale del palazzo Fodri di Cremona, Carla si era allenata nelle sale che avevano ospitato la prima scuola di danza. Qui era nato l’amore della danza, prima di essere ammessa alla Scala, scelta dalla direttrice del Ballo, Mazzucchelli. “Feci l'esame di ammissione al primo corso - ha raccontato qualche anno fa durante una sua vista a Cremona - ero nel terzo gruppo. Alla fine la direttrice, passando in rassegna tutte le bambine per rivedere quelle su cui era in dubbio, mi disse in milanese: «Le ga un bel faccin»”. Carla Fracci era nata il 20 agosto del 1936 a Milano. Amici di famiglia avevano convinto i genitori a iscriverla alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala dopo averla vista muoversi nel salone del dopolavoro del papà tranviere. Carla aveva 10 anni, magra, esile, "all'inizio non capivo il senso degli esercizi ripetuti, del sacrificio, dell'impegno mentale e fisico. Io, poi, sognavo di fare la parrucchiera. Fu pesantissimo", raccontava in una intervista sui suoi inizi. Alla scuola della Scala era chiamata affettuosamente “la Tramvierina” o anche “Fraccina” perché minuta di costituzione. Anni di esercizi alla sbarra, sacrifici, dura disciplina.
Nel 1956 fu nominata ballerina solista, nel ’58 prima ballerina. Nel ’68 ricevette il “Dance Magazine Award”, il massimo riconoscimento per un danzatore. Quindi gli eventi cruciali della sua vita, l'incontro con il marito, Beppe Menegatti, aiuto regista di Visconti, la nascita dei figli e dei nipoti. I ruoli interpretati nella sua lunga carriera: il vero e proprio “cavallo di battaglia' costituito da Giselle, in cui amore, dolore, gioia e passione trovano perfetta sintesi, e poi Swanilda in Coppélia e Gelsomina ne La strada. Il rapporto professionale con Rudolf Nureyev, amichevolmente Rudy, dal carattere forte e difficile, ma al contempo un grande artista con cui Carla rivelava «ho trascorso momenti straordinari». Ha lavorato con coreografi come John Cranio, Maurice Béjart e Antony Tudor, Eugenio Montale le ha dedicato la lirica “La danzatrice stanca”, ha trionfato con l'American Ballet Theatre e ha calcato i palcoscenici di Los Angeles, Moscana, L'Avana, Tokyo, Londra. Nel 1979 Carla Fracci fu di nuovo a Cremona per girare le riprese dello sceneggiato "Verdi", diretto da Renato Castellani, dove vestiva i panni di Giuseppina Strepponi La “divina” Carla Fracci ha ricevuto a Cremona il Torrone d’oro nel 2010.
Nella foto l'esibizione al Museo del Violino nel 2017
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