19 aprile 2025

Quando il Sabato Santo nelle nostre chiese c'era il mastello per prendere acqua benedetta con fiaschi, bottiglie e bottiglioni

C'era un tempo in cui il Sabato Santo era il giorno dell'acqua benedetta. Con i mastelli piena di acqua benedetta e con la gente che arrivava con fiaschi, bottiglie e bottiglioni vuoti che provvedevano poi a riempire con l’acqua benedetta. Nel 2010 il giornalista Angelo Locatelli purtroppo portato via dal Covid aveva raccolto i ricordi di don Franco Regonaschi (anche lui se n'è andato nel 2021) sull'acqua benedetta e la distribuzione nel Sabato Santo. Ecco il racconto del Sabato Santo negli anni Cinquanta.

Il Sabato Santo di un giorno compreso tra il anni 1945 e il 1952 circa a Gabbioneta e il significato dell’acqua benedetta quel giorno.

Sono le parole di don Franco Regonaschi a ricordare una tradizione secolare ancora viva fino alla riforma voluta da papa Pio XII che disciplinò, tra l’altro, la liturgia della notte di Pasqua e della settimana santa.

Don Regonaschi, classe 1939, a quei tempi abitava a Gabbioneta.

Egli racconta che il venerdì santo, dopo la processione con il “Cristo Morto”, si portava in chiesa un mastello per l’acqua che veniva collocato nei pressi del fonte battesimale.

Gli incaricati del trasporto, in quegli anni erano Settimo Ceruti, Marino Ansoldi, noto come giudice conciliatore, e l’ex campanaro Meraviglio Digiuni.
“Io - racconta il sacerdote - facevo volentieri il fioretto di riempire il mastello portando l’acqua dalla fontana pubblica con due piccoli secchi forniti dalla signora Prassede, la sorella del parroco don Agostino Taragnani”.

Nel frattempo il sacrestano Antonio Manfredi preparava la chiesa per il giorno dopo.

Al mattino del sabato santo, il parroco don Agostino, benediva l’acqua che si trovava nel mastello invitando tutti a fare subito il segno della croce.

Le campane, che erano state legate il giovedì santo, venivano sciolte e fatte squillare a festa annunciando che il Cristo era risorto.

La gente che si trovava nelle proprie abitazioni, a quel segnale, intingeva le dita nell’acquasantiera facendosi il segno di croce e recitando preghiere.

“Coloro che erano nei campi a lavorare, tra i quali mia madre che poi me lo raccontava- specifica don Franco- a quel punto, andavano a lavarsi le mani nell’acqua del fosso più vicino, poi si bagnavano gli occhi e si segnavano.

Studiando in seguito sacra scrittura per diventare prete- aggiunge- imparai che Gesù, nella sua Pasqua, era uscito dalle acque della morte ed aveva vinto la paura delle famose trombe d’acqua di Beliar.

Cristo era il padrone delle acque superiori ed anche di quelle inferiori, cioè dell’abisso sul quale, secondo la cosmogonia antica, si posava la terra”.

La gente andava in chiesa con fiaschi, bottiglie e bottiglioni vuoti che provvedevano poi a riempire con l’acqua benedetta.

Con essa ci si preoccupava di rabboccare le piccole acquasantiere in ceramica, porcellana o biscuit che erano appese accanto al letto sopra i comodini.

Prima di andare a letto, c’era l’abitudine di recitare le preghiere e di farsi, con quella, il segno della croce.

Altre “benedizioni” con l’acqua della bottiglia venivano date alla casa , ai cortili e alle cascine, ai campi. A Gabbioneta il segretario comunale, ragionier Angelo Gregori, ogni giorno ne attingeva una bottiglia dal mastello.

“Il medico condotto, dottor Marcello Copercini originario di Pescarolo- ricorda don Franco - portava a casa delle piccole damigiane e incoraggiava tutti noi a berne”.

Diceva: “Bivìla, pütéi! La fa beèn e la cùsta nieènt!” cioè “Bevetela ragazzi! Fa bene e non costa nulla!”.

L’acqua, dopo la riforma cui si è accennato, viene benedetta la sera del sabato durante la veglia pasquale.

Con la stessa si compiono i battesimi di quel giorno e si asperge il popolo presente.

L’acqua e la Pasqua vanno di pari passo. Per gli ebrei questa è la festa della liberazione dalla schiavitù dell’Egitto. Il termine, dall’ebraico Pesah, in greco “pàscha”, significa “passaggio”.

Nella Bibbia ci sono alcuni significativi riferimenti all’acqua: il giudizio universale, come ricorda l’Apocalisse, sarà caratterizzato dall’acqua; il passaggio del popolo ebraico attraverso il Mar Rosso; la fonte fatta sgorgare dalla roccia da Mosè; il diluvio universale dal quale si salvano in pochi con Noè.

Cristo è definito “Fonte dell’acqua della vita” (“Fons aquae vitae”). Egli si fa battezzare nel fiume Giordano da Giovanni il Battista con l’acqua dello stesso fiume. Alle nozze di Cana trasforma l’acqua in vino; al pozzo, con la Samaritana, fa un bel discorso sull’acqua viva che zampilla per la vita eterna; la Maddalena lava con le sue lacrime i piedi del Messia e li asciuga con i suoi capelli; la lancia del centurione che trafigge il costato fa uscire sangue ed acqua.

Al giovedì santo Gesù compie un’azione solitamente eseguita dai servi: lava i piedi dei suoi apostoli anticipando la purificazione che avrebbe attuato di lì a poco per tutti gli uomini con la sua passione, morte e resurrezione.

Con quel gesto egli: lava il peccato di Giuda che lo tradirà vendendolo per trenta denari; lava la superbia di Pietro che lo rinnegherà; lava la vigliaccheria di tutti gli altri apostoli che lo abbandoneranno di lì a poco.

L’acqua, è l’elemento che purifica attraverso il battesimo. Nella notte di Pasqua essa è il simbolo tra la vita e la morte. Essa lava, purifica, disseta, rinfresca, nutre, è fonte di vita.

Le piante, la natura, l’uomo non possono vivere senz’acqua.

Questo è anche il significato profondo dell’acqua del sabato santo, la notte battesimale per eccellenza, in cui essa raggiunge il suo più alto valore simbolico.

Angelo Locatelli


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