Quel sogno infranto di una ciclabile sui luoghi verdiani delle due sponde del fiume. E la desolazione in cui sono lasciati la villa, il mulino, i palazzi, l'ospedale e le chiese che parlano di Verdi
Tra fine 2019 ed inizio 2020 stava per prendere forma, con base a Cremona, un nuovo progetto legato allo sviluppo turistico dei nostri territori che, spaziando da una riva all’altra del Grande fiume, avrebbe dovuto collegare la città, attraverso le ciclovie che si snodano lungo gli argini maestri del Po lombarde ed emiliane, la città alle terre di Verdi. Era una idea legata alla promozione delle biciclette a pedalata assistita con la possibilità di promuovere percorsi organizzati dedicati, in particolare, alle famiglie, che avrebbe potuto portare benefici economici alle attività dei territori attraversati. Era tutto pronto e l’idea era curata da chi scrive queste righe e da un gruppo di amici bresciani che già portano avanti iniziative di questo genere.
Ma il progetto non arrivò mai sui banchi dell’amministrazione comunale cittadina perché ci pensò la pandemia a “spazzare via” tutto, a chiudere i “sogni di gloria” ed a far morire quello che poteva portare anche a nuovi sbocchi lavorativi. Era una occasione per unire maggiormente le due rive del Grande fiume e per riaffermare anche il legame tra il maestro Verdi e Cremona. Città, quest’ultima, che il Cigno frequentava sovente raggiungendola in carrozza dalla sua villa di Sant’Agata (villa che sarebbe stata tra i capisaldi del percorso cicloturistico). Per lui Cremona era soprattutto il luogo degli affari; frequentava il mercato, apprezzava il “pane portento”, il torrone, la mostarda, i marubini preparati dalla cognata Barberina Strepponi. Tutte notizie, queste, che si possono scoprire e studiare cliccando su https://cremonamisteriosa.blogspot.com/2013/12/la-cremona-di-giuseppe-verdi.html oppure sui tanti articoli apparsi su Cremonasera (leggi qui) (o qui) (e ancora qui).
Il maestro Verdi frequentava anche San Daniele Po come si legge nel libro “Giuseppe Verdi un goloso raffinato”, raccolta di saggi uscita nel 2001, a cura di Andrea Grignaffini, Giampaolo Minardi, Corrado Mingardi, Mariangela Rinaldi Cianti, Raimonda Rocchetta Valesi. Un volume in cui lo chef bussetano Ivo Gavazzi, esperto cultore verdiano, insignito nel 1967 del titolo prestigioso di Cuoco d’oro con le celebri Chicche del nonno da lui inventate (e da tempo pluri imitate) ricorda che quando il maestro si trovava nella sua residenza di Sant’Agata si recava spesso, in calesse, lungo l’argine del Po. A San Daniele Po andava a trovare l’allora parroco don Aroldo e, da raffinato buongustaio ed esperto di cucina qual’era, apprezzava la cucina della Pèpa, la perpetua di don Aroldo. Ogni volta che Verdi era ospite in canonica, la Pèpa gli preparava uno dei suoi piatti preferiti, i Taiarèn, vale a dire dei tagliolini né piccoli né grandi, tagliati in modo irregolare. Un legame significativo, quello tra il maestro Verdi, Cremona e il suo territorio che poteva essere rinsaldato, ripercorso, valorizzato grazie a questo progetto, mai concretizzato, legato alla cosiddetta pedalata assistita. Ci ha pensato, come si diceva, la pandemia a farlo andare in fumo e, paradossalmente, è andata bene (si fa per dire) così.
Perché? Perché che cosa si sarebbe mostrato ai visitatori se non la desolazione? La storica villa di Sant’Agata, chiusa dal 30 ottobre 2022, versa in un evidente stato di incuria. Per la storica tenuta il Ministero della Cultura ha recentemente avviato le procedure di esproprio per pubblica utilità ma, di fatto, ad oggi la vegetazione è tornata ad “esplodere” e lo storico parco tanto amato dal maestro con il giardino, così come le pertinenze esterne, presentano erba alta, rovi, incuria. Un problema che si era presentato lo scorso anno, poi risolto con un intervento di manutenzione, e che ora torna di nuovo a mostrarsi agli occhi di tutti. E’ primavera ed è piovuto abbondantemente diranno in molti. Ma un luogo tanto prestigioso non può e non deve presentarsi in queste condizioni e già il fatto che sia chiuso da quasi due anni sa di inaudito. In più segni di umidità, cartelli rovinati e, lungo la siepe esterna che delimita il perimetro della tenuta, chiari segni di ingressi non autorizzati da parte di ignoti che, evidentemente, hanno cercato in qualche modo di introdursi nonostante la presenza di allarmi e impianti di videosorveglianza. Ma non è finita perchè il parcheggio che, un tempo, serviva ai turisti è a sua volta in stato di totale incuria. Chiusi persino i servizi igienici pubblici che, almeno, potevano essere di utilità ai passanti.
Non è diversa, ad una manciata di chilometri da lì, a Villanova sull’Arda, la situazione dello storico ospedale voluto, fondato e finanziato dallo stesso maestro Giuseppe Verdi per dare assistenza ai malati indigenti che abitavano nelle campagne circostanti. L’unità spinale che ha ospitato per anni è stata trasferita altrove e le strutture adiacenti sono state destinate a diventare sede del Centro Paralimpico del Nord Italia (con buona pace delle volontà testamentarie del maestro totalmente ignorate). I lavori sono in corso ma la parte storica dell’ospedale è di fatto lasciata al proprio destino e il parco adiacente è ridotto ad una “giungla” con era e rovi che “proliferano”. Senza contare che da alcuni anni si è sgretolata, sulla facciata del vecchio ospedale, la scritta “Ospedale Giuseppe Verdi”, sostituita con un semplice striscione in plastica che, onestamente, non si può vedere e, come minimo, l’antica dicitura andrebbe restaurata e ripristinata.
Le cose peggiorano poi ad una manciata di chilometri dalla villa del maestro, dove spicca ciò che rimane dello storico mulino appartenuto al Cigno di Busseto che, come noto, era anche un importante imprenditore agricolo. Il mulino, abbandonato e fatiscente da anni, è finito all’asta e, come si legge anche nell’avviso dell’asta stessa, l’edificio, un tempo appunto adibito a mulino (ex Mulino Verdi), attualmente “è in pessime condizioni di manutenzione aggravate dallo stato di abbandono, con gran parte degli orizzontamenti crollati ed anche le murature parzialmente in rovina, così come il porticato ormai completamente crollato”. In passato si era parlato, più volte, della possibilità di un suo recupero, ma non se ne è mai fatto nulla, ed ora è oggetto di un’esecuzione immobiliare del Tribunale di Piacenza.
Spostandosi in terra Parmense, ecco che nel pieno centro di Busseto spicca Palazzo Orlandi, immobile costruito in forme neoclassiche dall’architetto-pittore bussetano Giuseppe Cavalli, cui si deve anche la decorazione del salone. Verdi lo acquistò agli esordi della propria fortuna economica, nel 1845, e qui convisse dal 1849 al 1851 con Giuseppina Strepponi, generando (come noto) lo scandalo dei benpensanti e un momentaneo offuscarsi dei rapporti con Antonio Barezzi. Qui il Cigno compose le opere Luisa Milier, Stiffelio e Rigoletto. Nel gennaio 1867 vi morì suo padre, Carlo Verdi. Oltre dieci anni fa, alla fine del 2012, gli eredi della famiglia proprietaria decisero di vendere l’edificio, che, ormai bisognoso di significativi restauri, fu acquistato dalla Siae attraverso il suo fondo immobiliare Norma di Sorgente Group, con l’intenzione di ristrutturarlo e realizzarvi un centro dedicato alla musica, con scuola e residenze. Ad oggi tutto tace , il palazzo è chiuso e di eventuali lavori, per ora, non si vede nemmeno l’ombra. Di recente è stato solo apposto un foglietto che parla di intervento di derattizzazione.
Appena fuori dal centro storico ecco il Museo Nazionale Giuseppe Verdi realizzato all’interno della monumentale Villa Pallavicino, chiuso a causa della pandemia, mai più riaperto e al centro, da quanto si è potuto appurare, di un contenzioso fra il Comune di Busseto e la società che gestisce il museo.
A Roncole Verdi, luogo natale del maestro, è chiusa dal 2020 per inagibilità la storica chiesa di san Michele Arcangelo, quella in cui il maestro venne battezzato ed in cui si trova l’organo sul quale iniziò il suo percorso musicale. L’organo Bossi del 1797 fu restaurato da Verdi a sue spese un anno prima della morte. Ci sono già stati lavori grazie all’impegno, soprattutto, di Diocesi di Fidenza, Soprintendenza e Parrocchia ma, ad oggi, la chiesa, per la quale si è “scomodato” anche il maestro Riccardo Muti, è comunque chiusa per inagibilità e una sua riapertura non sembra poi così vicina.
Lavori in corso invece nel vicino santuario mariano di Madonna Prati, chiuso anche questo per inagibilità dal 2018. L’edificio religioso, luogo che ha avuto tra i suoi più insigni pellegrini Giovannino Guareschi e Giuseppe Verdi (che vi si recava da giovane, tutte le domeniche, per accompagnare il canto dei Vespri), noto anche per la celebre vicenda del “fulmine” di Verdi, è chiuso a causa di un danno che ha riguardato le coperture. Attualmente sono in corso i lavori di sistemazione delle coperture (ma dovrà essere sistemata anche la pavimentazione) grazie all’impegno di Soprintendenza, Diocesi di Fidenza, Parrocchia e Comune di Busseto ma per una sua riapertura, al momento, non sembrano previste date.
Vedere i luoghi legati alla memoria, alla vita e alle opere del più celebre musicista e compositore italiano in queste condizioni non è bello ed è sintomatico di una situazione, tutta italiana, che vede la cultura (ed il turismo) non ancora abbastanza considerati quando, invece, potrebbero essere determinanti per il rilancio dei nostri territori. Che, per fare passi decisivi, devono imparare a collaborare di più, nei fatti e non nelle parole.
Le foto di Paolo Panni mostrano lo stato in cui è lasciata Villa Verdi e il parcheggio, poi palazzo Orlandi, il mulino Verdi, l'ospedale Verdi e il santuario Madonna dei Prati
Eremita del Po
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commenti
Benassi Enrico
25 aprile 2024 06:57
È un quadro davvero desolante a cui dovrebbe seguire un maggior interessamento da parte di tutti i cittadini nel ricordo del grande maestro Verdi
Paride Ricorda
25 aprile 2024 07:40
Il Maestro Verdi è la Storia del territorio,sia di Parma,Piacenza, Cremona, conservare,svilupparne il contesto è conservare noi stessi ed il futuro di tutti vista la valenza internazionale planetaria che ha il Maestro.
Manuel
25 aprile 2024 08:35
I fondi PNRR, non potevano essere dirottati, in parte, per queste cose?
Maria Luisa
26 aprile 2024 07:23
Tra tanta desolazione una nota positiva.
Fine maggio inizio giugno a Soarza verrà aperto un museo dedicato al Maestro