3 ottobre 2024

Restaurare la chiesa della "Madonna delle Spine" di San Giuliano vuol dire far rinascere un pezzo di storia delle terre di fiume

Roberto Fiorentini, giornalista, scrittore, musicologo ed esperto d’arte cremonese, con il suo recente libro “La piana dei ciliegi” ha messo “a dimora” un piccolo, grande capolavoro: si potrebbe osare e dire che ha gettato le basi per un “miracolo”. Quello che, come lui stesso scrive su Cremonasera in questo articolo (leggi qui) potrebbe portare, con non pochi sforzi, al restauro e quindi alla rinascita di un pezzo di storia delle terre di fiume: l’antica chiesa della Beata Vergine Annunziata, meglio conosciuta come “Madonna delle Spine” di San Giuliano.

Fiorentini, prima ancora che scrittore, giornalista, musicologo, esperto d’arte e altri titoli che non si sta ad elencare è, prima di tutto, un curioso ed un amante delle nostre terre. Una curiosità intelligente, saggia e bella la sua: quella curiosità che lo ha portato, e lo continua a portare, non ad andare alla scoperta di chissà quali grandi meraviglie sparse per il mondo. Lui è uno che va alla scoperta e alla conoscenza dei gioielli intorno a casa, quelli delle nostre terre, di qua e di là dal fiume. Li va a scoprire, lasciandosene stupire e meravigliare, rendendo partecipi di tutto questo gli altri, le persone, chiunque abbia voglia, come lui, di scoprire. Li accompagna e li invoglia ad andare su un territorio, quello lombardo e quello emiliano, ricco di eccellenze, mai sufficientemente valorizzate. Lui lo sta facendo, soprattutto con i suoi libri, ci sta riuscendo e sta anche gettando le basi per qualche “miracolo”, come quello che potrebbe avvenire a due passi da Cremona, a San Giuliano Piacentino, lungo un lembo di pianura, bagnato dal fiume e attraversato da quel meraviglioso percorso cicloturistico che collega, unisce e “celebra” le due rive del Po, passando tra il Parmense, il Piacentino ed il Cremonese, fra tesori d’arte e di storia, emergenze ambientali e giacimenti enogastronomici. Ma anche fra luoghi da recuperare, come appunto l’oratorio della Madonna delle Spine di cui fu cappellano anche quel don Giovanni Avanzi, a lungo parroco di Vidalenzo, che fu il sacerdote più caro al maestro Giuseppe Verdi (che verosimilmente, durante le sue trasferte in calesse da Sant’Agata a Cremona avrà più volte ammirato il sacro edificio e forse, chissà, vi si sarà anche fermato). Un luogo di cui è doveroso ripercorrere la storia, ampiamente riportata nell’Enciclopedia Diocesana Fidentina di Dario Soresina. La chiesa, oggi purtroppo fatiscente, sorge sul lato di destra della statale dei Due Ponti, tra Cignano e San Giuliano e vi si arriva percorrendo una carraia non appena superato il ponticello sul cavo Fontana. Una origine, al sua, che getta le radici ad un evento miracoloso. Da molto tempo si venerava, nella località, una immagine della Madonna dipinta sopra una lastra di marmo rinvenuta tra le spine di una fitta siepe di rovi.

Da qui il nome di “Madonna delle Spine”. Secondo la tradizione un boscaiolo, mentre era intento ad abbattere alcuni alberi con alcuni compagni, con la scure si procurò una profonda ferita alla caviglia, troncandosi quasi di netto un piede. A tutti gli effetti un chiaro incidente sul lavoro ma, in seguito ad una accorata invocazione dello sfortunato ferito alla Beata Vergine, l’arto guarì in pochi istanti, miracolosamente. Il prodigioso evento ebbe una larghissima risonanza richiamando folle di fedeli in devoto pellegrinaggio. Non è nota l’identità dell’uomo e non si conosce oltre del fatto; è tuttavia tradizione che fu lui tra i più convinti assertori circa l’opportunità di erigere una chiesa nel luogo in cui si era verificato il prodigio. La chiesa sarebbe rimasta così a testimoniare nei secoli la gratitudine popolare verso la Vergine e avrebbe tenuto viva la memoria del prodigioso evento.

Fu una marchesa Pallavicino a sobbarcarsi tutte le spese per la realizzazione della chiesa. Un gesto munifico dettato certamente dal fatto di esaudire il voto dei fedeli sudditi animati da una fede viva ed operante (a quanto pare più viva e  concreta rispetto a quanto non accade oggi) ma anche per meritarsi la gratitudine e l’ammirazione di tante umili famiglie del territorio. La data precisa di costruzione della chiesa non è nota ma è certo che esisteva nel 1471 quando venne incorporata nella erigenda collegiata di Monticelli d’Ongina insieme ad altre chiese campestri che, come  si legge   nella relazione dell’autorità ecclesiastica cremonese del tempo dopo un sopralluogo eseguito, erano tutte “malconce, dirute, senza cura d’anime e senza abitatori”. E’ pertanto lecito supporre che la chiesa della madonna delle Spine sia stata ricostruita su un altro edificio preesistente perché la costruzione rivela, in ciò che rimane della facciata e della torre, di intonazione chiaramente neoclassica, caratteri tipici di fine Cinquecento.

Nel 1598 l’arciprete don Antonio Maria Mondigni, con atto rogato dal notaio Giulio Prezagni, vi fondò un beneficio semplice sotto il titolo di “Annunciazione di Maria Vergine” dotandolo di un podere di 28 biolche con casa per il cappellano (oggi purtroppo quasi del tutto crollata) contigua alla chiesa e casa colonica. Purtroppo da tempo l’edificio versa in condizioni di degrado e presenta crolli importanti. Tuttavia è giusto ricordare che dietro all’altare maggiore, incorniciata in una ancona argentea, si trovava il quattrocentesco affresco dell’Annunciazione con la Madonna effigiata davanti ad un inginocchiatoio intenta a pregare nel momento in cui l’angelo le compare di fronte per darle l’annuncio, indossando una lunga veste a pieghe e tenendo una mano al petto in atto di chiara sottomissione a Dio e con il volto dolcissimo a dimostrazione dell’importanza del compito che la attende. Una scena che era decisamente poetica. Il dipinto non aveva solo una chiara venerazione popolare ma era anche di interesse artistico per finezza di disegno e tonalità di colore. In due delle quattro cappelle laterali, ornaste a stucco, erano eretti gli altari dedicati alla Beata Vergine del Carmine e a Sant’Antonio di Padova. Quest’ultimo dipinto, un olio su tela era di ignoto pittore del secolo XVII. La pia marchesa Pallavicino dotò la chiesa di un cospicuo podere destinato al sostentamento di un sacerdote ed antichi atti dell’archivio parrocchiale hanno tenuto viva la testimonianza delle solenni funzioni celebrate nel sacro edificio, specie in occasione della festa dell’Annunciazione del 25 marzo. Indemaniato dal Governo il patrimonio dotalizio in forza delle leggi eversive degli anni 1866 e 1867, la chiesa iniziò una lenta ed inesorabile decadenza ma continuò ad essere officiata dal parroco di San Giuliano (o da un suo vicario cooperatore) nei giorni festivi.

Particolare predilezione per questa chiesa la dimostrò don Giuseppe Magnani che svolse il suo ministero in parrocchia dal 1933 al 1938. Oltre a curarvi il decoro delle funzioni liturgiche, don Magnani collaborò attivamente con l’indimenticato parroco don Franco Chiusa a propagare, specie tra i giovani, la devozione alla Madonna. Grazie al suo interessamento vi fu istituita anche la festa della Madonna del Carmine del 16 luglio. Si interessò ampiamente delle sorti di questo tempio mariano anche il suo successore don Amilcare Daracchi, vicario cooperatore a San Giuliano dal 1941 al 1948. Negli anni che seguirono la seconda guerra mondiale, sempre col sostegno di don Franco Chiusa, don Daracchi si adoperò per riportare la chiesa allo stato primitivo di decoro prodigandosi per un suo radicale restauro. Come evidenziato, tra i cappellani della chiesa della Madonna delle Spine, vi fu anche don Giovanni Avanzi, intimo amico di Giuseppe Verdi e delle sorelle Giuseppina e Barberina Strepponi.

La chiesa versa da tempo, purtroppo, in condizioni di avanzato degrado ma è importante e bello che la comunità, grazie anche alla spinta di Roberto Fiorentini, e grazie al sostegno del Comune di Castelvetro Piacentino, si voglia ora adoperare per il recupero del sacro edificio, baluardo di storia e di fede. Che, aggiunge chi scrive queste righe, potrebbe andare a valorizzare ed arricchire quell’itinerario mariano fra le terre emiliane e lombarde del Po, che comprende, in quel triangolo di terra posto tra Bassa Piacentina, Bassa Cremonese e Bassa Parmense, “racchiuso” tra i ponti di Castelvetro e di Isola Pescaroli, la chiesa di Santa Maria Assunta di Villanova sull’Arda, la cappella della madonna del Rosario di Cignano, la cappella della Madonna detta del Grano di Soarza, la chiesa della Madonna delle Spine di San Giuliano (al centro di questo servizio), il santuario della Beata Vergine Addolorata di San Pietro in Corte, l’oratorio della Beata Vergine di Caravaggio di Castelvetro; il santuario di Nostra Signora di Lourdes di Mezzano Chitantolo; la cattedrale di Santa Maria Assunta in Cremona con la Santa casa di Loreto in Sant’Abbondio (sempre in città)I; il santuario della Madonna del Po di Brancere (e in territorio di Stagno Lombardo, al quale appartiene Brancere, anche la chiesa del Ballottino, quella della Pioppa, l’edicola mariana di Gerre del Pesce, la cappelletta del Forcello e quella di Straconcolo); il santuario della Madonna  della Fiducia di Isola Pescaroli; la chiesa della Madonna della Visitazione di Pieveottoville (detta anche Madonnina del Po); la chiesa della Beata Vergine delle Grazie di Zibello; la chiesa della Madonnina del Po di Polesine Parmense. Tutti luoghi che, insieme a cappelle, maestà e santelle, evidenziano e rimarcano una fede, quella mariana, da secoli viva e fiorente lungo il fiume e spesso testimoni di grazie e vicende umane dei nostri padri.

Eremita del Po

Paolo Panni


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