Riabilitare dal Parkinson attraverso l'arte terapia. Il centro di Crema
Il 27 Novembre sarà la Giornata Nazionale per il Parkinson. Crema con la sua ASST si prepara a una giornata interessante per attivare un focus su questa malattia degenerativa che solo a pronunciarla fa venire i brividi. Lo farà con un convegno, un simposio a cinque stelle, dove convergeranno tutti gli studi e le metodologie su come affrontare la malattia. I relatori saranno i dottori Luigi Caputi, Rosina Paletta, Stefano Farina e Anna Furnari, il signor Luigi Cerabolini, Anna Visconti e poi dulcis in fundo un momento di musica a cura del Consorzio Concorde, orchestra Arcangelo Corelli.
Per saperne di più abbiamo interpellato la dottoressa Paletta, organizzatrice del convegno e l’abbiamo impegnata a rispondere ad alcune domande circa lo stesso.
-L’ ASST di Crema ha deciso di organizzare un convegno per partecipare alla Giornata di sensibilizzazione sul Parkinson: per quale motivo dottoressa Paletta? E in particolare nel convegno del 29 pv quali temi saranno affrontati dai relatori?
"Ogni anno in Novembre, la LIMPE, ovvero la Lega Italiana per la lotta contro la Malattia di Parkinson, sindrome extrapiramidali e demenze, sostiene eventi in molti centri neurologici specializzati nella diagnosi e nella cura della Malattia di Parkinson. La giornata Nazionale Parkinson, promossa dalla LIMPE, ha lo scopo di sensibilizzare, rendere consapevoli e partecipi i pazienti e le loro famiglie, attraverso incontri conoscitivi, confronto con gli specialisti su tematiche varie inerenti la patologia e possibilità di rispondere a dubbi e quesiti che attanagliano la vita quotidiana delle persone che convivono con la malattia.
Attualmente sono circa 90 i centri in tutta Italia aderenti a tale iniziativa, tra questi il centro Parkinson e Disordini del Movimento dell’Ospedale Maggiore ASST di Crema.
Ciò è ritenuto particolarmente indispensabile quest’anno in quanto momento di riflessione oltrechè sulla patologia in esame in termini propriamente concettuali, ossia diagnostici e terapeutici, anche su ciò che afferisce ai bisogni diretti del malato, ai suoi aspetti più emotivi e psicologici, umanistici, in un periodo quello più intenso della diffusione dell’infezione Sars Cov 2, in cui più di ogni altro soggetto sano, il paziente con Malattia di Parkinson, ha presentato difficoltà sia motorie che cognitive. Difatti, in corso di piena pandemia il paziente con sindrome extrapiramidale (che comprende la Malattia di Parkinson e patologie affini come i Parkinsonismi), ha sofferto il lock down come fosse un confinamento ai limiti di se stesso. Questo per diverse ragioni: da quelle determinate alla impossibilità riabilitativa motoria o anche “semplici” passeggiate, a quelle legate all’angoscia e al timore di contrarre irrimediabilmente il virus, rimanendone lesi in quanto pazienti cronici, fragili.
Dai primi del 2020 ad oggi , molte sono le cose mutate nelle nostre vite. Si spera che, come per ogni altro avvenimento storico, ne rimanga un insegnamento. Vivere, vivere bene.
Da qui nasce il progetto dell’arte terapia.
Il 29 di Novembre (teoricamente la giornata nazionale Parkinson si realizza il 27 Novembre 2021, l’ASST di Crema presenterà l’evento il 29 per questioni organizzative, ndr) si esporranno gli elementi cardine della cura riabilitativa, partendo dalla riabilitazione “classica” motoria per poi definire i metodi non convenzionali e alternativi ad essa. A tal proposito, verrà presentato il progetto “Arte terapia nella Malattia di Parkinson” che verrà avviato in Febbraio 2022, con la collaborazione dell'arteterapista Viviana Visconti. Nello specifico saranno previsti, come da protocollo, dieci incontri, uno a settimana, della durata di 90 minuti ciascuno. Ogni incontro prevederà una parte iniziale di stimolazione, una centrale di attivazione ed una finale di verbalizzazione dell’esperienza. Il numero di partecipanti sarà deciso a seconda delle regole di sicurezza e dello spazio a disposizione, per un massimo 8 persone circa. Una vasta gamma di materiali artistici (oli, pastelli, argilla, tessuti ornamentali, acquarello e pittura) e progetti artistici verrà presa in considerazione e adattata in base ai tratti della personalità del paziente, alla preferenza, livello artistico, impegno e limitazioni fisiche.
-Ho visto nell’ordine del giorno dei lavori che si parla di metodi riabilitativi non convenzionali: cosa sono dottoressa? Quali funzioni hanno? Ed è già possibile quantificare i risultati?
"Vi è un bellissimo testo in lingua inglese dal titolo “Brain and Art”, Editor Dr Bruno Colombo, che raccoglie i principali fondamenti della terapia artistica nelle diverse patologie neurologiche (arteterapia non solo per la Malattia di Parkinson , ma anche per altre malattie degenerative e non del sistema nervoso) e disordini psico-sociali.
Dunque, come metodi non convenzionali si intendono esattamente tutte quelle forme artistiche di trattamento: musica, cinema, teatro, danza, pittura, scultura; l’arte terapia come strumento specifico utilizzato per sostenere la salute negli sviluppi affettivi, nella riabilitazione, nelle capacità motorie e nelle funzioni cognitive. Il concetto potremmo sintetizzarlo con una frase di Kierkegard: “creando potrei guarire, creando potrei ritrovare la mia salute.”
Le patologie degenerative croniche, come la Malattia di Parkinson, in cui la guarigione non è contemplata, possono trovare grande beneficio da questo metodo in quanto la persona e la sua qualità di vita vengono poste al centro dell’intervento. La cura non è finalizzata alla risoluzione del problema, ma efficacemente agisce su una unità inscindibile: mente-corpo e, in tal senso, favorisce un miglioramento sui sintomi motori e non motori della malattia. Tutto questo sembra pura filosofia, eppure non è così. Ci sono dati clinici internazionali a favore dell’utilizzo dell’arte terapia come neuroriabilitazione nella Malattia di Parkinson, come strumento per la riabilitazione motoria e, al tempo stesso, come supporto emozionale e sociale. Tra le ricerche in tale ambito ricorderei quella presentata già nel 1994 da Lakke; in questo studio si valuta il livello di creatività dell’artista affetto dalla malattia. Il risultato della ricerca conferma che l’artista che ha sviluppato la malattia, nonostante le limitazioni motorie, non ha dimostrato un depauperamento della riserva creativa. Ciò che rende veramente interessante tale studio è che l’osservazione del paziente, dimostra che egli presenta difficoltà nell’espressione di se stesso attraverso il linguaggio e la scrittura ma nessuna difficoltà nell’utilizzo della creatività come comunicazione".
-L’arte e la funzione terapeutica, di resilienza o cosa dottoressa?
L’accesso diretto alle proprie emozioni attraverso la pittura o altre forme di arte, consente un lavoro di relazione capace di ridurre la distrazione, aiutando il paziente soprattutto in quelle che vengono definite attività visuo-spaziali.
La creazione artistica si basa su sofisticati meccanismi neurologici tra cui il riconoscimento della forma, percezione del movimento, integrazione senso-motoria, astrazione e coordinazione occhio-mano ed è in questo che, maggiormente, l'arteterapia agisce, consentendo ai soggetti con disabilità di promuovere la consapevolezza di sé, il rilassamento, la fiducia e l'autostima e, ulteriormente, di migliorare la manualità, il movimento fine e di precisione delle mani.
Parliamo di resilienza, certo, intensa come resistenza, come capacità di un individuo di affrontare e superare le difficoltà. In fondo, l’arte incrementa tale capacità, ma parlando d’arte non ci sono limiti. Dunque, non siamo solo davanti a un quadro o ad una scultura, l’arte terapia è una vera e propria forma di riabilitazione comprovata da metodo scientifico.
-Che messaggio quindi vorremmo lasciare ai nostri lettori in merito a questa malattia che solo a pronunciarla fa paura?
"Siamo all’ultima domanda, e in effetti, non abbiamo parlato della Malattia di Parkinson in senso lato. La malattia di Parkinson è una malattia neurodegenerativa che comporta, principalmente, la progressiva perdita di neuroni in grado di produrre, rilasciare o ricaptare il neurotrasmettitore dopamina, determinando una serie di sintomi (motori e non motori) tra cui perdita del controllo motorio, disturbi cognitivi, alterata elaborazione del linguaggio, disregolazione delle emozioni e delle funzioni sensoriali. La malattia di Parkinson porta il nome del primo medico inglese che l’ha osservata e descritta in dettaglio: James Parkinson, nel lontano 1817. Nel suo celebre saggio la definisce “Paralisi agitante” e descrive con dovizia di particolari i pazienti affetti da tremore, diminuzione della forza muscolare, e con un particolare modo di camminare, a piccoli passi e con tendenza a inclinare il busto in avanti. L’intuizione di somministrare levodopa nella malattia di Parkinson, per sopperire alla mancanza di dopamina, si deve allo scienziato svedese Arvid Carlsson negli anni Sessanta, che per primo somministrò levodopa ai roditori con sintomi di Parkinson, ottenendo risultati sorprendenti. Il ricercatore svedese gettò così le basi di quella che presto divenne la più importante cura della malattia di Parkinson, scoperta che gli valse il premio Nobel nel 2000.
Dopo questo breve preambolo ci terrei a dire quel che spesso mi ritrovo a pronunciare quando mi trovo in ambulatorio, documenti clinici in mano, di fronte un paziente che mi guarda con occhi sbarrati, smarrito, in attesa di una diagnosi, di una sentenza.
“Si, ha la Malattia di Parkinson. Ciò significherà molto per lei, non sarà facile il più delle volte, dovrà conviverci per tutta la sua intera e restante vita, ma ci sono due cose importanti che deve sapere. La prima è che ce la farà di sicuro. La seconda e che ce la farà alla grande.”
Non è solo una misera esortazione, è la realtà.
In questo, il nostro ruolo, il ruolo del neurologo è decisivo. La strada della malattia deve essere un percorso condiviso, medico-paziente e i due margini, paralleli, della banchina stanno li a delimitarne la componente principale: la fiducia.
E se è vero che senza scienza noi faremmo ancora affidamento su streghe e stregoni, è altrettanto vero che, in assenza di una cultura umanistica nella pratica clinica, tutto si ridurrebbe a una tecnica sterile.
Questa è l’arte terapia”.
Un grazie alla dottoressa Paletta per questa testimonianza che può veramente aiutarci a scoprire un nuovo modo e affrontare questo percorso buio con qualche speranza!
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