28 febbraio 2022

Seconda città più inquinata d’Europa, niente studio epidemiologico. "La burocrazia e non la pandemia lo fermò". Ricci: ecco come andò

Qualcosa è andato storto negli ultimi due anni? Colpa della pandemia. Facile e veloce. Ma talvolta, abusando della scusante, si rischiano passi falsi. Come quello compiuto dal sindaco Gianluca Galimberti pochi giorni fa, quando, con il solito post su Facebook, ha annunciato che il tanto atteso studio epidemiologico ha ripreso il suo cammino. Lo studio, precisa il sindaco, serve a “capire quanto e come incide l’inquinamento sullo stato di salute dei cremonesi”.

Verissimo. Non a caso nella seconda città più inquinata d’Europa, si attende da anni questo fondamentale strumento e ci si domanda semmai come possa Cremona, nelle disastrose condizioni ambientali in cui si trova, non essere da tempo dotata di uno studio epidemiologico. Il 24 febbraio, l’annuncio del sindaco sembrava dare speranza: “L’ATS della Val Padana ha ripreso in mano lo studio epidemiologico che, partito nel 2018, ha subito un rallentamento a causa della pandemia. Un comitato di esperti scelti da Ats, provenienti dall’università e dal mondo della sanità, è al lavoro dallo scorso ottobre”.

Che le cose stiano diversamente lo sa bene chi in questi anni si è tenuto informato o ha seguito il tortuoso iter dello studio epidemiologico. E lo sa bene Paolo Ricci, medico epidemiologo, già direttore dell’Osservatorio Epidemiologico della ATS Val Padana (ex ASL province Mantova e Cremona) e già professore a contratto in discipline di sanità pubblica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Dottor Ricci, colpa della pandemia se questo studio ancora non c’è?

No, le cose non stanno così. Se c’è qualcosa che non ha ostacolato l’indagine epidemiologica, questa è la pandemia. Il 2018 non è l’anno in cui è iniziata l’indagine epidemiologica, ma quello in cui avrebbe dovuto e potuto essere conclusa.

Una bella differenza. Come sono andate realmente le cose?

L’anno d’inizio fu il 2016, quando Direttore Generale della ATS Val Padana era il dott. Aldo Bellini. Fu grazie a lui che in quell’anno si tenne un incontro presso la sede di Cremona con i rappresentanti di capoluogo e comuni limitrofi, in quanto sottoposti all’impatto ambientale di diverse fonti inquinanti che successivamente abbiamo avuto modo di caratterizzare. Il tema fu proprio quello dell’esigenza dell’indagine. Nel dicembre dello stesso anno, su invito dell’allora sindaco di Bonemerse, Oreste Bini, tenni un incontro serale aperto alla cittadinanza dei comuni interessati. Ascoltandomi, si stupirono molto che una ASL/ATS avesse competenze istituzionali e scientifiche in materia. Mi vissero un po’ come un marziano, perché di rischi ambientali per la salute si era sempre occupata soltanto ARPA e ricordavano che l’indagine epidemiologica sulla raffineria TAMOIL era stata appaltata, chiavi in mano, all’università di Milano. L’ASL di Cremona fece da segreteria per recuperare i certificati di morte. Punto. In quella sede illustrai il progetto di massima dello studio che avevamo già iniziato come Osservatorio Epidemiologico ATS centralizzato a Mantova.

A quel punto cosa successe?

Il dott. Bellini riuscì soltanto a firmarmi una collaborazione scientifica per il valore di 3 mila euro con un istituto di ricerca, il Dipartimento di Epidemiologia della regione Lazio con sede a Roma, per la costruzione di un modello di ricaduta di contaminanti emesso dalla Cartiera mantovana e necessario alla mappatura dell’area. Un lavoro certamente più semplice di quello cremonese, che però consentì di concludere nel 2018 l’indagine epidemiologica ad hoc.

E riguardo a Cremona?

Mancò il tempo materiale per redigere e firmare la delibera per Cremona. Ma non me ne preoccupai, perché confidavo sul fatto che il nuovo Direttore Generale subentrante, dott. Salvatore Mannino, condivideva un percorso professionale simile al mio. Ma qui le cose si complicarono. Tutte le mie proposte trovarono sempre ampio consenso, ma mi si diceva che potevano essere ampliate e quindi migliorate. Come noto il meglio è nemico del bene. E così passò il tempo.

Immagino però che non restò con le mani in mano…

Recandomi personalmente all’anagrafe del Comune di Cremona e avvalendomi del prezioso aiuto della responsabile dell’Ufficio, scoprii che fino agli anni ’80, anni essenziali per la nostra indagine, gli archivi versavano in un grave stato di incompletezza. Così non era invece per tutti i piccoli Comuni limitrofi coinvolti nello studio. Spesso infatti non erano registrate le date in cui un immigrato da altro Comune era diventato residente a Cremona oppure aveva cambiato indirizzo all’interno dello stesso comune. Ricordo che domandai come si sarebbe potuto redigere un certificato storico di residenza per motivi legali o assicurativi in una simile situazione. Per noi invece, ciò comprometteva la possibilità di condurre lo studio ottimale che consisteva nella ricostruzione della coorte di tutti coloro che dagli anni Sessanta agli anni Duemila avevano abitato nelle diverse vie dell’area di ricaduta delle emissioni contaminanti, alle quali sarebbe stata attribuita, attraverso il modello di ricaduta, una dose di esposizione ottenuta dalla sommatoria delle diverse concentrazioni degli inquinanti per la durata di abitazione in ogni singola via.

Insomma, la ricostruzione di un mosaico molto delicato.

Sì, ricercando ed elaborando le cause di morte e di malattia si potevano studiare tutte le associazioni causali tra soggetti più esposti e meno esposti all’inquinamento. Scoperto l’arcano, fui costretto a modificare il modello dello studio. E qui altro tempo perso.

Nonostante tutto questo pregevole lavoro siamo ancora senza lo studio, però.

Vede, a quel punto si profilò all’orizzonte l’esigenza di essere trasparenti ed imparziali nella scelta dei collaboratori scientifici esterni. Non me li potevo scegliere io come a Mantova, anche se erano quelli che avevano fatto per il Ministero della Salute la mappatura dell’inquinamento dell’intero Paese. Mi riferisco sempre al Dipartimento di Epidemiologia della regione Lazio. Bisognava fare una sorta di gara d’appalto, come per le siringhe... E quindi ancora tempo perso.

Una storia tipicamente italiana, fatta di complicazioni e burocrazia.

Aspetti, alla fine arrivarono i veri “burosauri” della dirigenza amministrativa ATS, che ebbero l’ardire di distinguere ciò che era confusamente distinto solo nella loro testa, cioè che il mio non fosse uno studio di ricerca, di sanità pubblica per la precisione, ma una “indagine”, perché il titolo diceva così, talché non avrebbe potuto fruire di certe facilitazioni procedurali.

Come se non bastasse, ecco arrivare il Covid…

Quale occasione migliore per modificare la scala delle priorità? E così fu, anche se il virus da questo punto di vista era innocente, perché non tutti gli operatori ATS erano o avrebbero dovuto essere dedicati alla pandemia, tanto più che non eravamo un ospedale con tutte le note sofferenze. Alla fine del 2020, a fronte della mia impotenza, percepii il rischio concreto di diventare il parafulmine su cui si sarebbe inesorabilmente scaricata tutta l’energia della protesta sociale. E quindi, per questa ed altre situazioni molto simili, decisi di anticipare il mio pensionamento previsto per la primavera del 2023.

E l’indagine?

Fu affidata all’esterno, in continuità con l’esperienza TAMOIL. Il mio posto non fu rimpiazzato da altro professionista equipollente ma assorbito ad interim da altro stimato collega non sanitario già responsabile di altra struttura complessa e quindi addetto ad altro mestiere. All’Osservatorio Epidemiologico ATS ora non c’è neppure un medico. Tutta l’attività è diventata quella di un ufficio statistico inserito in una struttura gestionale. Insomma, un’altra cosa. Basti chiedere quali siano i progetti obiettivi di quest’anno. Conosco quasi tutti i colleghi esterni cui è stata affidata l’indagine epidemiologica, certamente scientificamente affidabili e capaci, ma credo che l’apporto professionale e di conoscenza delle competenze territoriali dei pensionamenti che non sono state rimpiazzate, non solo le mie, faccia una grande differenza.

Non trova assurdo che in una città con un’emergenza ambientale come Cremona non si abbia ancora lo studio epidemiologico e ci si affidi a un post su Facebook per dire una cosa che non risponde alla realtà?

Guardi, io ho potuto soltanto scattare una fotografia dall’alto della situazione sanitaria e ambientale di Cremona e dintorni, con tutte le imprecisioni che la distanza dal focus può comportare. Mi auguro che quella di dettaglio scattata da vicino attraverso uno studio analitico chiarisca ogni questione, ma che soprattutto diventi uno strumento in grado di modulare un’azione preventiva che per attivarsi non ha però certo bisogno di continuare… “Aspettando Godot”.

Nella foto in alto, lo stato dell'inquinamento in Europa e il dott. Paolo Ricci

Federico Centenari


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commenti


Pasquino

28 febbraio 2022 14:20

Quale commento possibile ? Incapaci non basta