Villa Verdi, gli avvocati degli eredi fanno ricorso dopo la proposta di 8 milioni di euro: “Indennizzo inaccettabile, abbiamo deciso di impugnare l’atto di fronte al Tribunale amministrativo di Parma”
La storia di Villa Verdi sembrerebbe quasi una delle storie del famoso spot dei “rotoloni” che non finiscono mai. Prima la vicenda dell’asta giudiziaria decretata dal tribunale a seguito del disaccordo fra gli eredi, poi la dichiarazione del voler esercitare il diritto di prelazione da parte del Ministero per i beni culturali, quindi l’offerta di indennizzo che continua a diminuire, arrivando agli 8 milioni di Euro e il conseguente rifiuto degli eredi di aderire alla richiesta del ministro Sangiuliano. Passano altre settimane ed ecco che gli eredi Carrara Verdi, dopo l’avviso della dichiarazione di pubblica utilità per Villa Verdi, propedeutica alla procedura di esproprio, a differenza del recente passato, fanno fronte comune: «Ad oggi qualsiasi dissidio fra gli eredi è assolutamente composto». Dice l’avvocato Gianantonio Belli, cui chiediamo di partire dall’inizio: «Dalla morte del dottor Alberto Carrara Verdi si è di fatto aperta la successione, la comunione ereditaria fra gli eredi è stata dichiarata sciolta e si è trattato di liquidare il compendio ereditario. Così, il tribunale ha dato incarico a un delegato affinché venda i beni e suddivida il ricavato pro quota fra gli eredi. Un’osservazione viene spontanea: fino a che la famiglia Carrara Verdi ha abitato la villa l’edificio e le pertinenze sono stati manutenuti perfettamente, tanto che lo Stato italiano non ha mai avuto obiezioni e anzi, ha stipulato due convenzioni: una nel 2001 e una nel 2015, per intervenire nel restauro conservativo di Villa Sant’Agata. Ormai diciannove anni fa, infatti, vennero stanziati un milione e sessantamila euro per questi restauri che avrebbero dovuto essere fatti e gestiti dallo Stato. Cosa che non è mai avvenuta. Così, che oggi si dica che una delle ragioni per le quali si intende procedere all’esproprio sia proprio lo stato di conservazione della villa, suona quantomeno pretestuoso: lo stato del fabbricato era noto già nel 2001, come nel 2015 e se non è cambiato è perché gli interventi previsti in convenzione non sono stati fatti e ora, gli eredi non hanno più nemmeno la possibilità di accedere alla villa e alle pertinenze». Non nascondono le perplessità, gli avvocati Gianantonio Belli, in rappresentanza di Angiolo Carrara Verdi, Sonia Gandolfi che difende Maria Mercedes Carrara Verdi e Fabio Mezzadri, vedovo di Emanuela Carrara Verdi e rappresentante della sorella Ludovica: «Tutti gli eredi, che oggi sono sulla stessa linea d’azione, nel momento in cui sono venuti a sapere che il ministero dei beni culturali era interessato all’acquisizione del bene – prosegue l’avvocato Belli - si sono fatti parte attiva; noi legali abbiamo contattato il ministero e siamo stati da loro a Roma quattro volte. Alla prima occasione avevamo offerto la villa al prezzo indicato nella perizia, che costituisce altresì il prezzo base d’asta stabilito dal tribunale, ovvero 30 milioni di euro secondo la perizia dello steso tribunale; quando però abbiamo appreso che lo Stato aveva stanziato una somma decisamente inferiore a tali fini, abbiamo dichiarato la disponibilità degli eredi a cederla allo Stato al prezzo equivalente alla somma stanziata, ovvero gli arcinoti 20 milioni accantonati dal ministro Sangiuliano. Il ministero ha preso atto, dichiarando che la strada si sarebbe potuta percorrere, salvo il buon esito dell’iter amministrativo». Di qui i contatti con il ministero si sono rarefatti e i legali degli eredi Carrara Verdi non hanno avuto più notizie, sino all’offerta di indennizzo per 8 milioni. Dice ancora l’avvocato Belli: «In sostanza: gli eredi hanno tutto l’interesse e tutta l’intenzione di cedere Villa Verdi e il compendio ereditario allo Stato, ma ovviamente non possono farlo a un prezzo che non è corretto, nemmeno considerando l’esproprio, che è un procedimento eccezionale, ma che deve avere dei presupposti ben precisi e va fatto riconoscendo un indennizzo al prezzo di mercato, che non riteniamo siano gli 8 milioni indicati. Quello che è certo è che questi procedimenti presentano delle illegittimità notevoli, sia di carattere formale che sostanziale. Abbiamo richiesto un accesso agli atti per vedere su cosa si fondano le perizie che hanno portato a questa proposta di indennizzo, che consideriamo inaccettabile. Proprio per questo – conclude Belli – abbiamo deciso di impugnare l’atto di fronte al Tribunale amministrativo regionale di Parma». Altri ritardi, altre attese, altro degrado cui forzatamente Villa Sant’Agata andrà soggetta, non foss’altro per le abbondanti piogge di questa primavera, cui è seguita un’ondata di caldo improvvisa e ci si avvia al terso inverno di chiusura forzata, senza che esista un rapporto visivo e fattuale sulle condizioni dell’edificio.
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