16 luglio 2021

Cose terribili: fantasmi ed identità umane e animalesche, notti al cimitero… Racconti di eventi fantasiosi o similveri della cultura popolare

Parlo oggi di quei racconti decisamente inverosimili, oppure dotati solo di alcuni aspetti di credibilità, che ai tempi della mia infanzia circolavano nel mio paese, Isola Dovarese (simili comunque a quelli presenti in molte altre comunità italiane). Ma per capirne la natura, si si deve far riferimento ai racconti leggendari di più antica tradizione sia alle leggende metropolitane o urbane: in tutto il mondo circolano storie insolite e improbabili, trasmesse di norma oralmente, che a un certo punto della loro  diffusione ottengono larga eco nei media (un tempo giornali e libri, oggi televisione, computer, tablet e strumenti simili), con ciò ricevendo una qualche patente di verosimiglianza. Oggi le ritroviamo negli incredibili racconti sulle cause della pandemia, senza che ne vengano mostrate prove in qualche misura attendibili, documentate. 

Questi processi non sono nuovi. Le leggende moderne perpetuano un antico comportamento umano che fa intervenire la fantasia per spiegare aspetti altrimenti incomprensibili della realtà esistenziale. Merita considerare come il narrante non sia affatto mendace ma vittima stessa del fenomeno. Convinto dell'autenticità del racconto, riduce la distanza della fonte, che indica genericamente come “un amico dell'amico, un parente, un conoscente”. Questi eventi di fatto sono imprecisati, e si riferiscono a un tempo di poco antecedente a quello in cui le storie vengono narrate.

                                                                     Le leggende tra più fra più famose della storia

- Il mostro d Loch Ness. Il primo avvistamento risale intorno alla metá del 500 d.C. La famosa foto che lo mostrerebbe è del 1933. Sebbene la presenza di questa creatura nel lago sia ritenuta dagli esperti altamente improbabile, alcune persone sono tutt’ora convinte della sua esistenza. 

- Il Lariosauro (nel lago di Como) e il drago Tarantasio sono figure analoghe. Il drago viveva nel lago Gerundo (probabilmente una grande palude che qualche secolo fa si estendeva dal Milanese al Piacentino e al Cremonese). La favola racconta che questa creatura gigantesca si nutriva soprattutto di carne umana e fracassava le barche. Tutto il territorio viveva con la paura, e si riteneva che il suo stesso fiato provocasse pestilenze e facesse morire le donne di febbri: è chiaro il riferimento alle febbri malariche che molto probabilmente la palude provocava. Anche l’alito pestilenziale del drago ha una spiegazione scientifica: era dato dalla presenza di gas naturali dovuti al terreno formato da depositi alluvionali stratificati, costituiti da sedimento paludoso molle con residui fossili. È proprio nel Lodigiano che nel 1952 l’AGIP (oggi ENI) trova dei grossissimi giacimenti di gas metano. 

- Lo Yeti o Abominevole uomo delle nevi: un'entità gigantesca simile a una scimmia, le cui varianti sono state avvistate in Tibet e in altre aree molto isolate della Terra. 

 

                                                                                         Leggende metropolitane 

Riguardano un fenomeno culturale assai diffuso, Si chiamano "metropolitane" o "urbane" non tanto per contrapposizione a un'eventuale aneddotica di tipo rurale o provinciale, quanto per il fatto che esse si sono diffuse nella civiltà moderna, più legata alla città che alla campagna. Eccone alcune, tra le innumerevoli.

- Il topo delle Filippine. Due coniugi di nascosto portano di nascosto a casa, da un luogo esotico, un animale di piccola taglia, ritenuto un cane, eludendo i controlli sanitari doganali. I giorni seguenti trovano il gatto o il cane di casa sbranato dal nuovo ospite, che ha la bocca sporca di sangue e gli occhi rossi come il fuoco. Il veterinario rivela loro che l'animale è in realtà una rara razza di topo di fogna.

- L’autostoppista fantasma. Una strana persona (di solito una donna), dopo essere salita sulla vettura scompare misteriosamente nel nulla dopo avere avvisato l'autista di un pericolo, proprio nel punto in cui poi si scopre essere morta per un incidente. È stata rielaborata dal famoso giallista Manuel Montalban in un suo racconto).  Una variante prevede il passaggio fino a casa, spesso nei pressi di un cimitero. Il racconto termina con il proprietario del veicolo che apprende dai familiari della persona misteriosa che questa era deceduta anni prima. 

- L’avventura con una bella e misteriosa ragazza. È analoga alla precedere. Un giovane ha un flirt con un’avvenente ma strana ragazza, con cui si incontra in giorni fissi, che però a un certo punto non si presenta agli appuntamenti. Cerca invano di ritrovarla, fino a scoprire che è morta da anni: vede la sua foto su una tomba. 

- La baby sitter cannibale. Due coniugi lasciano il loro bambino nelle mani di una nuova baby sitter (solitamente una straniera). La madre sente l’impulsi irresistibile di  tornare a casa. Si precipita in cucina: lì trova la babysitter che, dopo aver disposto il bambino su un piatto con del rosmarino e altri aromi, lo sta infornando per cuocerlo a puntino. Questa storia ha parecchie varianti, anche italiane, e si collega a fiabe molto note, come quella di Hansel e Gretel, nella quale la divoratrice è una strega, e di Biancaneve, dove la cattiva matrigna vuole divorare il cuore della figliastra. Ma appare in tanti miti e tragedie antiche, specialmente greche. È una trasformazione adeguata ai tempi delle paure e angosce fortemente connaturate nell’inconscio umano.

- Gli alligatori nelle fogne di New York. Negli anni Settanta era molto popolare e diffusa la storia che nelle grandi fogne di New York vivessero giganteschi e strani (di color bianco, per gli influssi del loro nuovo habitat) coccodrilli, che i loro proprietari avevano raccolto quando erano piccolissimi in Florida durante una vacanza, e se ne errano sbarazzati buttandoli nel water. Si tratta di una delle leggende metropolitane più famose e longeve. L’idea di creature feroci che popolano le città circolava infatti già in epoca vittoriana a Londra: al posto degli alligatori, troppo americani, c’erano più britannicamente dei maiali inselvatichiti. 

- Vipere e lupi lanciati dagli elicotteri. Sempre alla fine del secolo scorso, si era diffusa la notizia che nei boschi venivano introdotti di nascosto vipere, lupi. Venivano lanciati con piccoli paracaduti persino da elicotteri, in modo che a terra potessero liberarsi. Questo ad opera di guardie forestali e soprattutto di ambientalisti, allo scopo di rimpinguare il numero di questi animali, nonché di ostacolare l’afflusso di raccoglitori di funghi, turisti, ecc.

                                                                            Racconti incredibili uditi da bambino a Isola Dovarese

A metà del secolo scorso circolavano nel mio paese narrazioni simili a quelle che abbiano visto in precedenza, anche se meno orride. 

- I ladri al cimitero. Circa un secolo fa, una ricca signora era stata sepolta, per sua volontà testamentaria, con i suoi gioielli. La notte stessa del suo funerale, la monumentale cappella funeraria non era ancora stata sbarrata e la sua tomba, incassata sotto il pavimento, era ancora scoperchiata. Un ladro non fece fatica a sistemare una scaletta per scendere nel loculo. Anche se era pieno di tremarella e al buio, non fece fatica a scendere i primi gradini della scala. Ad un tratto, si sentì afferrare una caviglia, mentre una voce gli diceva “Finalmente sei tornato!” Lanciò un grido di terrore e a tutta velocità scappò fuori dal loculo e dalla cappella.  

Ma la scena fu resa ancor più complicata dal fatto che subito dopo un altro individuo rifece la stessa mossa, dileguandosi terrorizzato nella notte. Era un altro ladro che, mancandogli un attrezzo per scoperchiare la cassa mortuaria, aveva mandato il suo complice a prenderlo.

Anche se nei racconti uditi nell’osteria di mio padre si dava per autentica questa storia, in realtà si tratta della replica di una leggenda raccontata in diverse località italiane, specialmente nel Meridione, dove la defunta era solitamente una nobildonna. .

- La bambina che parla con il fantasma di un vicino di casa. Una sera una mamma, passando di fronte alla camera di sua figlia di non ancora dieci anni, la sentì parlare con qualcuno. Entrò e le chiese con chi stesse parlando. La bimba, tranquilla, affermò che come ogni notte stava parlando con un suo amico, un vecchio dalla barba bianca. E lo descrisse minutamente. Corrispondeva in modo esatto alla figura di un vicino di casa, morto poco prima che nascesse la figlioletta. 

Questo racconto è comunque analogo a quelli che   circolavano narrato in varie località italiane.

- La scommessa di passare una notte al cimitero. Un ragazzo per scommessa accetta di passare una notte nel cimitero e, per provare di essere davvero entrato in quel luogo, di infilare un paletto o un punteruolo nel tumulo di un defunto morto in odore di stregoneria. Indossa un lungo mantello o cappotto, perché la notte è fredda. Pianta il paletto nel terreno di una tomba e si prepara a uscire vittorioso dal cimitero. Fa un passo per allontanarsi dalla tomba ma sente che non può farlo. Qualcosa sta trattenendo il suo mantello. Qualcosa, dalle profondità della terra, sta reclamandolo laggiù per punirlo. Il ragazzo urla e si accascia a terra, morto per lo spavento (in molte versioni, i suoi capelli sono diventati bianchi per il terrore) In seguito si scopre che a trattenerlo vicino alla tomba era stato il punteruolo che, per sbaglio, aveva infilato nel mantello. È una storia diffusissima ovunque. Altrettanto famosa era la variante in cui una ragazza, chiusa per sbaglio nel cimitero, al buio sente tirare le lunghe sottane da qualcuno o qualcosa di misterioso.  Muore dallo spavento, ma il mattino dopo si scopre che a trattenerle la veste erano state delle ràśe cioè dei rovi, quei comuni arbusti diffusi negli ambienti marginali, poco curati com’erano un tempo i cimiteri di campagna. 

- Bicchieri, piatti, che “ballano” da soli. Colpa dello spirito dei morti o dei folletti? Nelle conversazioni quotidiane, erano abbastanza diffuse le storie di misteriosi rumori notturni prodotti dall’accostamento di stoviglie o altri oggetti domestici. Io ho sentita o questa storia da una vecchia zia di mia madre, la quale assicurava che i frequenti rumori e tintinnii notturni erano sicuramente provocate da entità magiche.  Questa diceria richiamava quella dei folletti dei boschi. Quando sulle strade sterrate o alberate si alzava una folata di polvere o di foglie morte, i passanti si allontanavano, per timore di imbattersi in un folletto maligno. E abitavano presso le case degli uomini, nei cortili e nei granai. Uscirebbero quasi sempre solo di notte per divertirsi a fare dispetti alle bestie delle stalle, intrecciando loro peli e crini, nonché a scompigliare i capelli delle belle donne, a disordinare gli utensili agricoli e gli oggetti delle case.

- I pipistrelli che si attaccano ai capelli delle donne. Quella del pipistrello che si attacca ai capelli (soprattutto delle donne che li portano lunghi e sciolti), era allora una vera e propria fobia, anche perché allora la sera volavano numerosi pipistrelli. 

È una paura ancestrale, che affonda le radici nella notte dei tempi. È teoricamente possibile che un pipistrello, in situazioni i confusione ambientale che gli fa perdere le coordinate, si incastri nella chioma di qualcuno, ma la cosa non è mai capitata a Isola Dovarese.

- La serpe che succhia il latte dal capezzolo di una madre. Un racconto molto diffuso nella tradizione contadina. Nella versione diffusa a Isola, la donna si accorge del fatto svegliandosi durante una pausa dei pesanti lavori in campagna. Altre volte, il fatto è avvenuto nel letto della puerpera. Quando le vacche non producevano latte oppure un poppante faticava a crescere e senza che si potesse addebitarne la colpa alla madre, subito, specie nel Meridione, si pensava alla serpe “succhialatte”. 

- Pratiche per guarire l’orzaiolo e il Fuoco di Sant’Antonio. In quei tempi, chi aveva un orzaiolo in un occhio, per guarire doveva guardare per qualche secondo dentro una bottiglia di olio. C’era e forse c'è ancora chi giura di essere guarito proprio così da questo disturbo.

Ancora decisamente diffusa è l’antica pratica di affidarsi a una guaritrice per far scomparire il Fuoco di Sant’Antonio (ma anche altre malattie della pelle, le varicelle, ecc.,). La procedura adottata si chiama segnatura e consiste in alcuni segni fatti con la mano e/o con alcune erbe e oggetti specifici sulla parte del corpo interessata dal problema, associati ad alcune formule, in genere (ma non sempre) di carattere cristiano, specifiche per le varie affezioni. Non è difficile attribuire alla segnatura il merito di qualche guarigione, in quanto è statisticamente provato che queste malattie regrediscano spontaneamente. Molti però ancora oggi si dicono: perché non tentare di seguire questa pratica? Al massimo, non peggiorerà le cose… 

 - Misurare una cassa da morto. Nei racconti della mia osteria, si dava per assolutamente vero il fatto capitato a un giovane garzone di falegname manato dal suo padrone a misurare l’altezza di un morto di straordinaria statura. Serviva per costruirgli la cassa da morto (che un tempo veniva spesso predisposta dai falegnami del paese). Il garzone va alla casa del morto e riceve le indicazioni per trovare il defunto. Sale al piano di sopra e su un letto trova il morto vestito di nero. Gli mette la stecca del metro sul corpo per prendere le misure, ma tutto d’un tratto il defunto si alza di scatto, urlando terribilmente. Era in realtà un parente venuto per il funerale, che per la stanchezza del viaggio si era addormentato nel letto della camera vicina. Il ragazzo per lo spavento corse via, fece i gradini quattro alla volta, perse l’equilibrio, cadde e si ruppe una gamba. Ai tempi del racconto, era ancora in vita e camminava zoppo (abitava però in un paesino vicino a Isola). Il racconto è per lo meno verosimile…

- Presenze e cose misteriose nel famoso Caffè La Crepa. Fausto Malinverno, che con il fratello e il nipote conduce il noto caffè-ristorante-enoteca, tra gli innumerevoli racconti su Isola (non a caso, il suo soprannome è “Topa”(Talpa), per la sua capacità di scavare nei ricordi della propria comunità) ci regala narrazioni di fatti misteriosi relativi proprio alla sulla sua casa (La Crepa è un palazzo di molti secoli fa): reperti che riproducono effigi dell’antico Egitto, scritte esoteriche e, poi addirittura, un fantasma che in piena notte tempo fa è andato a svegliarlo, con soffi, rumori e rantoli terrorizzanti, nella sua camera da letto. Che dire? Lui è un affabulatore affascinante, e poi si sa che i negoziati, anche quelli più prestigiosi come lui, sono dei contaballe… Lui garantisce sulla veridicità di ciò che racconta e, in parte, ne porta le prove.  Bo’…

- Il bottiglione di vino insegna che non bisogna avere paura dei morti. Questa volta il fatto che racconta Fausto è sicuramente vero. Un suo antico parente, il nonno “dei Zelioli”, famiglia isolana da moti decenni nota per il suo forte impegno sociale e politico, portava in bici, in piena notte bottiglioni di vino al padre e ai suoi familiari che “davano l’acqua” ai campi. Ma i campi erano vicino al cimitero, e il ragazzo doveva passargli davanti. Per la fifa, pedalava più forte che poteva, ma la paura aumentava a dismisura per gli strani rumori e tintinnii che avvertiva vicino a lui. E una notte fu terrorizzato da un fortissimo botto. Si sentì svenire, ma dopo qualche attimo di terrore, il ragazzo capì che, per l’effervescenza, era saltato via il tappo del bottiglione di vino… Era lui, fino troppo vivo, a provocare i paurosi rumori… 

- L’ometto senza paura. Frequentava l’osteria paterna un uomo che abitava in un paesino vicino, Fontanella: era di mezza età, piccolo, calvo, mite; credo facesse il sarto o il barbiere. Aveva la fama di non aver paura dei morti e per questo veniva spesso incaricato, dietro una piccola retribuzione, a far veglia ai defunti che non avevano parenti o amici in grado di farlo.  L’ho sentito raccontare di quella volta in cui, pieno di freddo, si infilò nel letto di una defunta, dove con grande stupore venne trovato da parenti in lutto arrivati da altre località. Un giorno ho sentito il suo racconto sul perché non aveva paura dei morti o di altre figure solitamente inquietanti. “Da ragazzetto, accompagnavo un carrettiere nei suoi viaggi. Era un omone di grande forza. Una sera di tardo autunno, dovevamo passare con il carro davanti al cimitero di paese vicino a Isola. Io era pieno di paura, perché si diceva che un fantasma dagli occhi di fuoco sbucava dalla nebbia e dalle tenebre minacciando i passanti. E infatti, lo vedemmo davvero! Io morivo dal terrore.  Il mio padrone però fece una cosa inaspettata: saltò giù dal carro, prese la frusta e cominciò a menare grandi botte al fantasma. Il quale – si trattava di un cretino che si divertiva a spaventare le gente indossando un lenzuolo bianco e tenendo in mano una lampada – cercò invano di sottrarsi alla fustigazione, scappando e implorando il mio padrone di lascialo andar via. 

Da quel giorno, non ho più avuto paura di niente, vivo o morto che sia”. Non so se la storia del mio “ometto senza paura” sia vera, falsa o parzialmente vera. So solo che, dopo tanti racconti terrificanti, regala un po’ di tranquillità.

                                                                                    Una breve considerazione finale

In genere, le storie qui riportate hanno un carattere inquietante, ma, come sottolinea la psicoanalisi, permettono di proiettare su persona, su un’altra immagine i nostri aspetti più scomodi, proibiti e inquietanti, quelli legati al nostro inconscio più oscuro. Forse tutti sappiamo che non sono vere, ma ci risultano ugualmente perturbanti perché proiettano fuori di noi impulsi, angosce, paure che vorremmo ignorare o rimuovere. Queste storie inquietano perché vi intravediamo noi stessi al di fuori di noi. 

Nella foto un dipinto di Goya

Gianvi Lazzarini


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