1 ottobre 2023

Congresso Pd. Il partito si rimira allo specchio e dimentica la politica

 Loffio. Scipito. Moscio. Il Documento programmatico a sostegno della candidatura a segretario provinciale di Vittore Soldo, pubblicato sul sito del Pd (https://www.pdcremona.it/)  il 25 settembre in preparazione del congresso di oggi, 1 ottobre, è un vademecum di interventi necessari per rilanciare il partito.  Nel contempo è il certificato della sua decadenza. È la Spoon River del partito.  È il titolo di un libro di Patrizia De Capua, filosofa cremasca: Ma quali sogni, poi. Pensieri sulla morte (Farina Editore, 2022). La morte della politica. L’agonia del Pd provinciale.

Povero di elementi politici, tagliato su misura per un candidato alla poltrona di chief restructuring officer, manager con i controcazzi di aziende in crisi, l’abito risulterebbe stretto per qualsiasi segretario di partito, indipendentemente dal colore e dagli attributi posseduti.   

Il documento non è da cestinare. Meglio di niente, è poca cosa.  

Apprezzabile lo sforzo per restaurare il vetusto e acciaccato castello e riportarlo agli antichi splendori, ma 8 paragrafi, 2.843 parole, 16.066 battute - spazi esclusi – sono una puntura di spillo. E per compiere l’impresa anche l’impiego dell’intelligenza artificiale risulterebbe inadeguato. 

Non è sufficiente Mettere Radici! - titolo con il punto esclamativo del programma - per cambiare rotta. Per rivitalizzare un organismo in affanno. Spaesato. Insicuro. Orfano di un leader autorevole e credibile.

Il documento non rinvigorisce un Pd, dove una dichiarazione di Luciano Pizzetti, ex parlamentare e attualmente senza incarichi di rilievo, è più significativa di un’intervista ad esponenti ai vertici della nomenklatura piddina. 

Il documento non rilancia un partito troppo influenzato dalle scelte di un veterano e ingombrante riservista in panchina, ma non fuori dai giochi. Un tempo Richelieu, ora Fabio Massimo, Pizzetti temporeggia. Indifferente a segnali di insofferenza nei suoi confronti, detta i tempi. Costringe il partito ad attendere la sua decisione di scendere in campo e candidarsi sindaco. Oppure di restare seduto in tribuna e iscrivere alla competizione elettorale un allievo. Un apprendista stregone, suo pupillo, già in fase avanzata nella formazione.

Non bastano un fiume di parole per rigenerare un partito che sotto la cenere nasconde braci pronte a sviluppare un incendio.

Il documento non è da cestinare.  Meglio di niente, è poca cosa.

Riorganizzare il Pd è opera meritoria, ma senza un progetto politico non si diventa più credibili. L’efficienza non comporta un automatico incremento di applausi e di consenso. 

Nel testo non figura una proposta politica chiara e precisa. Non viene specificata la linea del partito su alcuni argomenti ad alta tensione. Quelli con la scritta chi tocca muore

Nella proposta programmatica non compare una virgola su ospedale nuovo, autostrada Cremona-Mantova, inquinamento dell’aria da polveri sottili. 

Non una riga sullo sviluppo di Cremonese, Cremasco e Casalasco. Sull’esperienza dell’Area Omogenea, orgoglio e avanguardia della Repubblica del Tortello. Sui rapporti tra le tre realtà territoriali. Sulla possibilità di rendere la loro azione sinergica e non isolata o contrapposta. 

Non un inciso su a2a, le cui scelte non sono ininfluenti per il territorio, la questione biometano insegna. Ma anche l’interesse della società per il ciclo idrico non può essere sottovalutato. E poi i rumors su una possibile prossima fusione per incorporazione di Linea gestioni con Aprica di Brescia, non meritano di passare inosservati. 

È difficile mettere radici in queste condizioni. Il lodevole sforzo di crescere l’albero del cambiamento fallisce se non innaffiato con l’acqua della politica.  

Il documento non è da cestinare.  Meglio di niente, è poca cosa.

Ma è ancora meno se si considerano alcuni passaggi, chicche di aria fritta. Di arditi ottovolanti concettuali. Di ridondante politichese. 

«Serve aprire una profonda riflessione su come, questa provincia, possa trovare il modo migliore perché ci sia un’equa e ben distribuita organizzazione delle risorse in modo che le diverse fragilità siano governate e risolte e che le rispettive potenzialità vengano opportunamente e fortemente assecondate e liberate». 

Una semplice, banale domanda sulla più equa e bene distribuita organizzazione delle risorse potrebbe fare saltare il banco.  Quanto spetta a Cremona? A Crema? A Casalmaggiore?

Il documento non è da cestinare.  Meglio di niente, è poca cosa. 

Ma è anche stupefacente. Tafazziano. Ingenuo. È esercizio dialettico. Demagogia da due soldi. Esibizione di free climbing linguistico. È gigante con i piedi d’argilla. 

«La lotta ai cambiamenti climatici impone un profondo ripensamento del nostro modello di sviluppo. Questo cambio di paradigma deve tradursi in nuove politiche pubbliche coerenti e deve renderci aperti alla necessità di cambiare approccio se e quando necessario. Allo stesso tempo, il cambio di mentalità richiesto per approcciare questi temi impone di prestare ancor maggiore attenzione alle specificità dei contesti specifici, senza mai perdere di vista il vincolo di realtà che deve caratterizzare l'implementazione delle politiche. Tutto ciò, senza mai perdere di vista che il contesto europeo e internazionale ormai impongono di agire salvaguardando il valore dell'unità».

Non è una supercazzola. Gli assomiglia. È il conte Mascetti in formato pidiessino cremonese.

Al di là della forma, il passaggio è rilevante per gli interrogativi che indirettamente pone.  

Cosa comporta ripensare allo sviluppo per la provincia di Cremona? Implica limitazioni o chiusure di alcune attività industriali e agricole? 

A quale principio di realtà si riferisce. Al liberismo che baratta la salute con i posti di lavoro?  Che distrugge il territorio con le compensazioni ambientali?

Brividi per un Pd molto collaborativo con le associazioni di categoria e non insensibile al fascino discreto e sfacciato della borghesia.

Il documento non è da cestinare.  Meglio di niente, è poca cosa.

La conclusione è sorprendente. Il titolo dell’ultimo paragrafo sembra ispirato a un diario adolescenziale: Come sarebbe bello immaginare il Partito Democratico cremonese. Bellissimo. Emozionante. Racconto per boy scout. Film sui bravi ragazzi, esclusi quelli di Martin Scorsese. Poesie di Prévert.  Innamorati di Peynet.  Ma anche di Madame Bovary. 

Storytelling per spot pubblicitari patinati ed evocativi.   859 parole per intortare anime candide e ingenui, categorie sconosciute in politica e da non confondere con le teste abbinate ad un ciondolo maschile.

Una conclusione da libro Cuore, con Pd nel ruolo di Garrrone, senza farsi mancare un pizzico de La Capanna dello zio Tom, non spinge alla standing ovation. Produce tristezza.  Malinconia e a porre la domanda: «Tutto qui?».

«Sarebbe bello immaginare che il Partito Democratico cremonese venga riconosciuto come un Partito che sappia mettersi in ascolto» e via con un'altra infornata di desideri al rosolio, buoni per tutti i partiti e altrettante associazioni di volontariato. 

Un Pd, che si apra alle nuove sfide di una società, che persegua il governo degli enti locali, che abbia ben chiaro come la ricerca del potere debba essere funzionale e subordinata alla realizzazione di quel progetto di società. Che non abbia paura di discutere per dare forma alla ricchezza di contenuti e di valori. Che impari a governare le conflittualità.  Che non abbia paura a confrontarsi con l'esterno. Che riconosca e tuteli il valore delle minoranze sia interne che quelle delle dinamiche istituzionali.  Che sia predisposto e organizzato per aprirsi a nuove forze. Che riconosca e valorizzi il merito e l’impegno. Poi molto altro.

Il documento non è da cestinare. Meglio di niente, è poca cosa.

È cinicamente pragmatico. È cecchino spietato. «L’obiettivo primario deve essere l’affermazione della nostra organizzazione politica nella società e nelle comunità locali. Tutto il resto sono obiettivi importanti ma subordinati al primo». Già, cazzi altrui.

Per i sogni c’è tempo. Il documento non è la Spoon river del partito. È la summa della sua concezione politica. Il Pd è vivo e vegeto e lotta.  Né con noi, né per noi. Per sé. Amen.

Antonio Grassi


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commenti


Marco Pelloni

1 ottobre 2023 12:24

92 minuti di applausi (cit.) Antonio con le parole sa come giocare ...
"non è da cestinare" ...

Danilo Codazzi

1 ottobre 2023 21:23

Per tutti i maghi della politica :
Ponti nuovi di Cremona, di Casalmaggiore, di Spino d'Adda, di San Daniele Po. Tangenziale di Casalmaggiore da realizzare comunque autostrada Cremona Mantova- si o no.
Raddoppio come minimo della Paullese
Raddoppio della linea ferroviaria Cremona Codogno INSIEME al raddoppio della linea Cremona- Olmeneta a binario unico e non scoordinare i lavori nelle due linee.
Progetti per la realizzazione di 2 centrali idroelettriche sul Po , che Enel ha nel cassetto da 30 anni ad ammuffire ( e ci rompiamo il cervello per produrre Energia pulita...sobh e ,PNNR andato) Attuare finalmente, dopo i famosi tira e molla, un piano per la navigabilità del fiume PO da Cremona all'Adriatico e usare il Porto di Cremona . Ricordare ad un Salvini che quando era Padano, andava alla foce del PO, e voleva il completamento del canale navigabile Cremona Milano, e che del ponte sullo stretto se ne dovrà occupare l'ANAC prima di dare tante certezze in parlamento. che fine hanno fatto i proclami "facciamo il Canale Navigabile !? riserva di pesca ? qui gli ingegneri sono idioti incapaci di progettare ?
Fare gli studi epidemiologici, perchè se siamo la città più inquinata d'Europa un motivo c'è di sicuro .
Fare in modo che questa Provincia sia connessa in tutto, dalle strade, alle ferrovie, alle reti informatiche altrimenti non andremo da nessuna parte .
Potrei aggiungere capitoli che riguardano ad esempio il turismo nella provincia, della valorizzazione sincronizzata vera e storica, del circuito dei castelli e fortificazioni terrestri e fluviali . Mi piacerebbe vedere in primavera- estate -autunno una bella mongolfiera fissa che, piazzata alle colonie padane portasse su e giù i turisti per ammirare dall'alto il fiume e la città. Potrei continuare, ma chissà più avanti mi sveglio e trovo tutto già fatto !

Pierpa

2 ottobre 2023 11:28

Il problema, secondo me, non è rivitalizzare il PD. Il problema è il PD, creatura veltroniana figlia della asserita morte delle ideologie, in realta resa al trionfo dell'ideologia liberista. Dopo si può discettare sui piccoli ras locali, Pizzetti o altri, ma la questione rimane: se la scelta è fra l'ala destra del pensiero unico dominante, e l'ala "sinistra" del medesimo, beh... segno che la proclamata fine delle ideologie si è tradotta in fine delle idee. A livello nazionale e ancor più a livello locale.

Manuel

2 ottobre 2023 15:51

Tutto estremamente vero!
Il problema, anche nostro, è che più lo focalizziamo, ripetiamo e più convinciamo e ci autoconvinciamo che il pensiero unico sia inevitabile... altro ulteriore favore concesso ai potenti.