Cremona 20-30 dalle stelle alle stalle. Inceneritore, l'Highlander di Cremona
Inceneritore, avanti tutta fino al 2036, protocollo Cremona 20-30 nel cesso. Questo il succo della comunicazione del sindaco Andrea Virgilio pubblicata su tutti gli organi d’informazione locale il 27 settembre scorso.
Una bocciatura senza appello dello spocchioso e vanitoso Memorandum of Understanding (MoU) con le relative schede dello steering committee di analisi e sviluppo del territorio comunale in linea con i principi dell'Economia Circolare, di cui al Protocollo d'Intesa stipulato tra il Comune di Cremona, AEM, LGH, A2A e Padania Acque. Memorandum approvato - approved resolution, noblesse oblige - all’unanimità dalla giunta comunale al completo il 20 gennaio 2021.
Da Bibbia dell’economia circolare e bussola per il futuro a fuffa. Sic transit gloria mundi e a Cremona questo transito è più veloce della luce: quattro anni. Già, bastano quattro anni per finire nella raccolta indifferenziata. Dalle stelle alle stalle in un battito d’ali. Con la sorpresa di vedere l’attendente fedele indossare i panni di San Pietro e rinnegare il proprio passato senza aspettare che il gallo canti tre volte.
In poche righe Virgilio piccona la pietra angolare della politica ambientale del suo predecessore, Gian Luca Galimberti, con il quale aveva condiviso dieci anni di amministrazione comunale nel ruolo di assessore.
Lo stesso Galimberti, che l’8 aprile dello scorso anno in consiglio comunale, nel rispondere a una interrogazione della consigliera Maria Vittoria Ceraso, recitava il peana di Cremona 20/30 «E’ davvero – spiegava - un progetto importante, dentro una visione di città, che sull’ambiente e sullo sviluppo complessivo sta giocando una partita importante, con una visione strategica e di crescita e lo fa insieme, amministrazione, player della città, aziende partecipate sane e capaci di investire, tutto il tessuto produttivo, la cittadinanza attiva di Cremona» (vittorianozanolli.it, 9 aprile 2024).
Ma questa è Cremona. Lo spostamento di un mattone negli equilibri politici, un’incomprensione nei rapporti con gli stakeholder e uno screzio nella spartizione delle poltrone e viene giù tutto in un battibaleno. Puff e crolla il castello di carta e di promesse. Di giochi di prestigio. Di partite a poker vinte quasi sempre dal medesimo giocatore professionista, apolide e privo di un pacchetto di tessere di partito da buttare sul tavolo di gioco, abile a bluffare e dare le carte.
Nei giorni scorsi Luca Ghidini, segretario di Forza Italia, e Andrea Poggi, presidente cittadino di Fratelli d’Italia, hanno demolito senza pietà e con precisione chirurgica l’annuncio di Virgilio dell’addio ai sogni di gloria contenuti nel memorandum, acquistati alla Fiera dell’est di Angelo Branduardi dove si compra un topolino per due soldi.
«A questo punto, ci chiediamo quale credibilità possa avere un’Amministrazione che, a distanza di soli quattro anni, getta nel cestino un progetto sulla transizione energetica sbandierato come epocale» (Ghidini, Cremonasera, 30 settembre).
Ineccepibile, ma da sole le dichiarazioni anche se documentate e motivate con precisione non modificano lo status quo. Nemmeno lo scalfiscono. Ghidini e Poggi meritano un applauso, che però appartiene all’effimero. E il loro giustificato sdegno è acqua fresca, troppo poco per scuotere l’immobilismo cittadino.
Per l’identico motivo sono infruttuosi i fischi riservati agli ambientalisti – e pseudo-tali - per il silenzio sulla rottamazione del memorandum 20-30 e la relativa somministrazione dell’elisir di lunga vita all’inceneritore, così da renderlo immortale e regalare a città e provincia l’Highlander di questi impianti.
Le parole non accompagnate da azioni conseguenti e costanti non bastano per un’inversione di rotta. Le dichiarazioni possono essere ficcanti e pertinenti come quelle di Ghidini e Poggi, ma risultano sterili per il risveglio della politica locale. Per modificare lo status quo. Molto più incisive le azioni del Comitato contro il biometano e, per ora, ammirevole per la determinazione quella degli oppositori al nuovo ospedale. Ha raccolto migliaia di firme e non ha deposto le armi consapevoli che «chi lotta può perdere, ma chi non lotta ha già perso» di guevariana memoria.
I comunicati di critica anche feroce, sono apprezzabili, ma insufficienti per arrivare a una gestione della cosa pubblica diversa dal mercanteggiare tra amministratori comunali e privati, oggi assai di moda. Non servono per un approccio ai problemi della città lontano dal trading – omaggio a quelli dello steering committee - in un bazar o in un suk.
Sono inefficaci per imporre una trattativa differente dal tira e molla di un mercato rionale, per un accordo con i privati sulle compensazioni per interventi da realizzare o servizi da erogare.
E se in alcune circostanze il negoziato può apparire conveniente per il comune e utile per i cittadini, la discrezionalità, che norme e regolamenti concedono ai pubblici amministratori, non può trasformarsi in un’accondiscendenza supina ad ogni richiesta dell’interlocutore. Senza dimenticare il principio imprescindibile che non esistono proposte private che il pubblico non possa rifiutare nel rispetto della normativa vigente. E quelle indecenti, ma non fuori dalla legge, non dovrebbero neppure essere prese in considerazione.
Pochi giorni fa il ministro Antonio Tajani a Porta a Porta ha precisato che il diritto internazionale «è importante fino a un certo punto». Mutatis mutandis, se questo criterio fosse valido anche per l’orticello locale, allora sarebbe opportuno stabilire il limite del certo punto. Decisione che non può essere fissata dalla controparte, come invece spesso accade. In attesa delle precisazioni del ministro, il limite dovrebbe comunque essere stabilito.
Ma è inutile stracciarsi ora le vesti e sorprendersi per la comunicazione del sindaco del 27 settembre. Tutto era già noto. Già detto e scritto. Evangelicamente tutto era già compiuto oltre un anno fa.
Il 16 settembre 2024, fresco dell’elezione a sindaco, annunciava il no al biometano a San Rocco. Contestualmente precisava che l’inceneritore non sarebbe stato dismesso nel 2029. D'emblée scomparivano due operazioni contemplate dalle tavole della legge del Memorandum of Understanding, evidentemente incise su materiale molto friabile da sgretolarsi al primo temporale. In un attimo il lavoro dello steering committee veniva ridotto a esercitazione accademica di guru della domenica. Oppure, anche se buono, veniva sacrificato sull’altare della precarietà e degli interessi della politica locale. Metodo che sarebbe eccessivo e improprio definire realpolitik. Più coerente, definirlo pastrocchio frutto di una politica di basso cabotaggio.
«Credo – sottolineava Virgilio - che nelle intenzioni di A2A non vi sia intenzione di procedere nel breve termine, sono in campo degli investimenti e credo che dovranno essere ammortizzati» (Cremona Oggi, 16 settembre 2024).
Un’abiura galileiana, mitigata dall’ipotesi (credo) e non sostenuta dalla certezza, che però traspariva evidente. Della serie, basta un poco di zucchero e la pillola - amara - va giù. Consiglio che in politica viene regolarmente usato dai Mary Poppins indistintamente femminili e maschili meno solari rispetto a quella cinematografica.
Il 16 settembre 2024, con una dichiarazione Virgilio cassava quattro anni spesi dalla sua amministrazione a lanciare un prodotto improvvisamente rivelatosi tarocco. Confermava la prassi di A2A di preoccuparsi legittimamente dei propri interessi e un po’ meno delle esigenze comunali.
Con l’accenno agli ammortamenti di A2A palesava idee confuse: un sindaco si preoccupa dei mutui del comune non degli ammortamenti delle partecipate di cui il comune detiene una briciola di azioni senza alcun potere decisionale.
La realtà non aveva corrisposto alla narrazione. La disperata illusione di credere a un progetto senza speranza era franata.
Tredici mesi dopo, la comunicazione del 27 settembre 2025, esplicita in maniera più organica e dettagliata l’affossamento della prospettata grandeur ambientale cremonese.
Virgilio addossa la colpa alla Regione per avere prolungato la vita all’inceneritore fino al 2036 e si assolve. Assicura una costante interlocuzione dell’amministrazione comunale con A2A «per promuovere nuove progettualità sul territorio e ulteriori investimenti finalizzati a incrementare le prestazioni ambientali».
Evita di recitare i tre pater ave e gloria di penitenza, certo che passata la buriana ritorna il tran tran quotidiano. Forse ha ragione l’immarcescibile Gordon Gekko: «È tutta una questione di soldi, il resto è conversazione» (Wall Street). Ipotesi tutt’altro che peregrina se la politica latita. E gli steering committee non sono la soluzione. Neppure le interviste caustiche. La soluzione è la partecipazione dei cittadini. Ma sono tempi grami e Santa Lucia non porta doni. Tuttalpiù carbone.
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