Preghiamo con fiducia il Padre che ama tutti senza esclusioni
Nella pagina del Vangelo che si legge oggi, ascoltiamo Gesù che racconta ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, ci dice Luca introducendo il testo. Il racconto di Gesù è presentato in una forma esagerata: per parlare della preghiera da rivolgere a Dio, viene utilizzata l’immagine di una vedova che rivendica il riconoscimento dei suoi diritti presso un giudice che “non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno”. La donna, senza uomini che ne difendano i diritti, rivendica presso il giudice che le venga riconosciuta, contro il suo avversario, la giustizia che sa essere dalla sua parte.
La grandezza della donna è nella sua insistenza, nella sua caparbietà. Sa di avere ragione, sa di essere nel giusto, per questo non ha paura o vergogna di insistere, chiedendo al giudice che le riconosca giustizia. La donna sa anche di essere debole. Chi ha potere e denaro chiede, si impone per il suo prestigio e ottiene. Alla vedova mancano sia il prestigio sociale sia il potere politico e probabilmente le manca anche il denaro; consapevole della sua indigenza sotto molti punti di vista, sa di poter ottenere quello di cui ha diritto solo con un’insistenza quasi molesta. Senza stancarsi la donna riesce così ad ottenere giustizia.
A differenza del giudice della parabola, Gesù ci dice che Dio è un padre amorevole, che si preoccupa dei suoi figli, senza farli aspettare, un padre che “prontamente” fa loro giustizia.
Mi sembra di poter leggere in questo racconto tre insegnamenti.
Il primo riguarda la domanda che deve accompagnarci quando preghiamo. Non possiamo chiederci se Dio sia buono. La nostra domanda è bene che sia sulla fede di chi prega: “quanta fiducia c’è in me quando parlo con Dio?”; “Quanta è in me la certezza di sapermi amato da Dio quando mi pongo davanti a Lui in preghiera e più in generale nel mio percorso di vita?”.
Se non possiamo dubitare, come ci dice Gesù, che Dio voglia farci giustizia, possiamo chiederci, e forse è bene che ce lo chiediamo, se abbiamo o meno la giustizia dalla nostra parte quando preghiamo, quando al Padre ci rivolgiamo. E questo è il secondo insegnamento. Può infatti capitare di chiedere male, perché chiediamo ciò che farebbe male a qualcun altro, anche se lo riconosciamo un bene per noi stessi, in questo momento. Mai possiamo dimenticare che la paternità di Dio è universale e non solo per qualcuno. Il popolo di Israele secondo la storia biblica ci ha messo tantissimo tempo a capire cosa volesse dire che la benedizione di Dio da Abramo si riversa su tutte le genti. Gesù non ha mai messo in dubbio che così fosse. La paternità di Dio è per tutti, senza esclusioni, ha insistito Gesù, ricordandoci che Dio fa piovere sui giusti e sugli ingiusti e fa sorgere il sole sui buoni e sui malvagi (cfr. Mt 5,45). Di questo noi ci dimentichiamo, e quando chiediamo a Dio non riusciamo ad avere uno sguardo capace di abbracciare tutti. Per questo motivo la nostra preghiera ha bisogno talvolta di essere purificata, di essere limata in merito a quello che chiediamo, e ciò avviene nel tempo dell’insistenza.
Quando preghiamo non possiamo mai chiedere se non ciò che è giusto, per me e per gli altri.
Mai la giustizia di Dio premia qualcuno a scapito di qualcun altro. Questo mi fa molto pensare. Se mi trovo in difficoltà non sto meglio perché qualcuno sta peggio, il bene vero nasce solo dallo stare bene insieme. Non è forse questa la profezia che Maria annuncia nel Magnificat? Dio rovescia i potenti, disperde i superbi, rimanda a mani vuote i ricchi, non per farli diventare indigenti e calpestati, ma per riequilibrare la vita secondo i criteri della sua giustizia, affinché tutti abbiano uguale accesso a quanto Dio ha creato per il bene di tutti e non solo per qualcuno.
Per questo quotidianamente pregando il cantico di Maria la Chiesa si imprime davanti agli occhi la giustizia di Dio e si affida a Colui che prontamente ci ascolta, se con piena fiducia, vera fede e senso di autentica giustizia ci rivolgiamo a Lui.
Un ultimo insegnamento mi piace cogliere: tante volte di fronte alle sofferenze dell’uomo ci chiediamo dove sia Dio. Sarebbe importante, pregando, non solo chiedere a Dio dove sia Lui, ma anche dove sono io, nel senso di chiederci se non ci sia qualcosa che io stesso posso fare per andare incontro alle sofferenze per le quali sto pregando. La domanda da farci ogni giorno, fino al ritorno del Signore, non è se Dio ci sia e ci ascolti quando gli presentiamo le nostre richieste, ma se noi, fidandoci di Lui quando gliele presentiamo, siamo sicuri che Egli non ci dimentica, così come siamo disposti a lasciarci convertire, per imparare a fare la nostra parte, là dove e come è necessario e possibile, per crescere nell’esercizio della giustizia che il Vangelo ci insegna.
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