9 novembre 2025

Non si può far mercato con l’amore di Dio

Nella liturgia gli anniversari della dedicazione della propria chiesa parrocchiale, della cattedrale della propria diocesi e della prima chiesa in assoluto, san Giovanni in Laterano fatta costruire dall’imperatore Costantino, si celebrano come le memorie dei santi.

La pagina del Vangelo secondo Giovanni che si legge in questa festa è un invito a ricordarci cosa significhi “andare in chiesa” ed “essere chiesa”. Spesso e volentieri a questa distinzione ricorrono quanti hanno qualcosa contro i cristiani, i preti o i frequentatori della Messa domenicale: “guarda come si comporta e poi va in chiesa tutti i giorni”; “senti come predica e poi guarda quello che fa”. A queste frasi spesso si aggiunge un “meglio non andare, piuttosto che comportarsi così!”. 

Gesù con le sue parole sferzanti e forti, con i suoi gesti duri compiuti per purificare il Tempio da certe abitudini, non invita nessuno a disertare o abbandonare il luogo di culto degli Ebrei e immagino non inviti nessuno nemmeno ad abbandonare la Messa.

Gesù richiama piuttosto a dare corrispondenza con la vita ai riti che si officiavano in quel luogo, insegnamento utile anche per noi. 

È significativo ricordare quanto san Paolo dice nella Lettera ai Romani, dichiarando ai cristiani che essi non offrono sacrifici di animali o alimenti, ma la loro offerta è la propria vita, un culto spirituale gradito a Dio (cfr. Rm 12,1). Così come accanto a queste parole, è bello ricordare l’importanza di osservare ogni domenica il comandamento di Gesù che ha chiesto ai suoi discepoli di ripetere i gesti dell’Ultima Cena, affinché, aggiunge ancora san Paolo, tra quanto si celebra e quanto si vive ogni giorno esista una continuità, perché un momento non sconfessi l’altro (cfr. 1Cor 11,17-34). 

Se capita di vedere una qualche differenza tra quello che un credente celebra e quello che vive, non vuol dire che sia insignificante la celebrazione, significa piuttosto che colui che la vive è un uomo ancora in cammino, segnato dal peccato e bisognoso della misericordia di Dio.

Se Gesù ci dice che un samaritano o un pubblicano può essere più religioso di un pio israelita, non per questo ha mai detto a chi lo ascoltava di diventare samaritano o pubblicano. Gesù ci dice che il culto non basta se è vissuto come un mercato tra l’uomo e Dio per acquistarsi il suo amore, perché non è offrendo un animale più grande che si ottiene uno sconto maggiore sui propri peccati; non è semplicemente moltiplicando i numeri delle comunioni, dei rosari, delle ore di adorazione che “ci si salva”. Allo stesso tempo non è solo agendo bene che l’uomo “si mette a posto con Dio”. È sempre di grande aiuto leggere le pagine di Vangelo una vicina all’altra, piuttosto che a pezzi, così da riscoprire come nella trama e nell’ordito dei racconti degli evangelisti emerga costantemente una manifestazione dell’unico comandamento che Gesù ci ha insegnato, comandamento che tiene insieme l’amore per Dio e per il prossimo.

Lo si può vedere anche in questa pagina di Vangelo. Abbandonare la pretesa che basti il culto per essere buoni, si affianca al richiamo che il “luogo” in cui si incontra Dio è il Signore Gesù, risorto dai morti. Dio si fa sempre incontrare in due templi, che non possono essere divisi, pur nella loro differenza: il tempio di pietre in cui si celebra il Risorto, il tempio che è il prossimo, soprattutto se è povero, malato, solo, abbandonato, in cui vive il Risorto. Papa Leone ce lo ha ricordato firmando l’esortazione apostolica Dilexi te, a cui stava lavorando papa Francesco e consegnandocela come uno dei primi atti del suo insegnamento, aiutandoci così a confermare la nostra fede in Gesù, il Cristo Figlio di Dio.

La memoria dell’anniversario della Basilica di san Giovanni in Laterano, cattedrale di Roma, ci porta a ricordare anche l’importanza che ha per noi il servizio del papa. Forse ci può commuovere vederlo, stringergli la mano, potergli parlare. Ancor più, però, ci deve smuovere l’ascolto delle sue parole con le quali ci richiama a credere in Gesù, a lavorare per la pace, ad amare il prossimo. Ci aiuta personalmente, “per la mia fede”, e ci aiuta come comunità, “per la nostra fede”, in parrocchia e nelle diocesi. Non si crede mai da soli, si crede sempre all’interno di una famiglia, la Chiesa fatta di donne e di uomini che nella chiesa di mattoni si riunisce per incontrare il Risorto nel Pane e nel Vino, con il compito di disperdersi per riconoscere il Risorto sulle strade degli uomini e portare al mondo il sapore di Dio e così continuare a compiere quello che nel rito ha iniziato. 

Francesco Cortellini


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